C’è qualcosa che si muove nel Mediterraneo orientale. I voli dei servizi segreti e dei diplomatici sorvolano le coste del Mare Nostrum, e da qualche tempo c’è un vero e proprio via vai di funzionari, leader e ministri che si cimentano in un particolare tour delle capitale europee e mediorientali per cercare di mettere fine alla crisi in Libia.

Ma la crisi libica è solo una delle numerose facce di un gioco più grande che sta coinvolgendo tutto il Mediterraneo. In particolare di quello orientale. La Libia è uno specchio che riflette altri meccanismi e che coinvolgono inevitabilmente il Levante, dove da tempo Recep Tayyip Erdogan prova a imporsi con le maniere dure nei confronti dei Paesi vicini. Ed è per questo che il blocco che fronteggia Erdogan nel Mediterraneo orientale è lo stesso che adesso sostiene Khalifa Haftar in Libia, proprio da quando Fayez al Sarraj – anche per demeriti dell’Europa e dell’Occidente – si è disteso tra le braccia del Sultano.

Ieri il generale della Cirenaica è sbarcato ad Atene. Un viaggio di fondamentale importanza dal momento che ormai il leader dell’Esercito nazionale libico si comporta da vero e proprio rappresentante libico, incontrano capi di Stato e di governo. La visita ad Atene (dove il generale ha incontrato il premier Kiriakos Mitsotakis e il ministro degli Esteri Nikos Dendias) è servita a ribadire la contrarietà di Haftar all’accordo tra Tripoli e Ankara per la spartizione delle Zone economiche esclusive. Ed arriva soprattutto in un momento in cui Erdogan ha confermato che insieme ai soldati turchi sono partite anche le trivelle della Mezzaluna nel mare di fronte alle coste libiche. La Grecia sa perfettamente che con la Turchia non si può scherzare: e non è un caso che da tempo abbia attivato tutti i canali diplomatici per allacciare i rapporti con la Cirenaica. Nelle scorse settimane, Dendias era sbarcato a Bengasi per ribadire il legame tra Atene e l’Esercito nazionale libico: ma serviva soprattutto ad avvertire il governo di accordo nazionale dell’ovest che quel patto con Erdogan sulle Zee non poteva essere messo a tacere.

La Grecia non può proporre a Haftar l’appoggio militare: almeno in questo momento. Ma può essere un ponte particolarmente importante per il maresciallo, sia all’interno dell’Europa che nei circoli Nato e americani. La Grecia ha da qualche mese riaffermato l’alleanza con gli Stati Uniti e la volontà di rafforzare i legami militari con Washington per contrastare l’ascesa della Turchia. E le provocazioni turche verso la Nato potrebbero far propendere Washington per uno spostamento delle sue attenzioni all’altra costa dell’Egeo.

Ma la Grecia non è l’unico Paese ad avere problemi con i turchi. E guarda caso non è l’unico Paese che adesso guarda con favore verso il generale Haftar. A Cipro, ad esempio, sono molto preoccupati dai movimenti turchi nelle acque che Nicosia consideri di sua stretta sovranità e che Erdogan ritiene invece parte della Repubblica turca di Cipro Nord. La marina di Ankara spesso entra prepotentemente nelle acque sovrane cipriote. E la ricchezza dei fondali del Levante fa sì che lo scontro possa farsi durissimo. Soprattutto in una fase in cui i giacimenti esistono e sono pronti allo sfruttamento mentre procedono i preparativi per il gasdotto EastMed, che collegherà il gas di Israele a Cipro e Grecia per poi giungere in territorio europeo. Un progetto che vede ovviamente esclusa la Turchia e che non a caso è considerato ormai sempre più un rivale strategico sia da Israele che dalle repubbliche di Grecia e Cipro. Tre Stati che per contrastare le mire del Sultano hanno puntato anche sulla Cirenaica, dove è confermata anche la presenza di specialisti del Mossad per sostenere le manovre del maresciallo di Bengasi.

Sempre seguendo la linea del gas, non è da sottovalutare anche l’alleanza esistente tra Egitto e Haftar così come la contemporanea partnership sempre del Cairo con i governi di Cipro e Grecia e dello stesso Israele. Abdel Fattah al Sisi non ha mai fatto mistero di aver mantenuto aperti i canali con Benjamin Netanyahu tanto che l’Egitto ha avviato l’acquisizione di gas dal giacimento israeliano Leviathan. E l’Egitto ritene essenziale la vittoria di Haftar al pari del blocco delle mire di Erdogan sull’area del Levante. Motivo in più per l’ex generale egiziano di blindare quella mezzaluna anti-Erdogan che va da Derna (nucleo dell’Esercito nazionale libico) fino ad Atene. Una barriera anti turca che si fa forza anche grazie alla sinergia degli Stati Uniti e della convergenza di interessi di tutti questi Paesi con la Russia.