Nella giornata del 14 giugno la Grecia ha concluso quello che dovrebbe essere l’ultimo memorandum d’intesa con le istituzioni riunite nella cosiddetta “Troika” dopo l’approvazione del Parlamento di Atene. Il provvedimento approvato in aula inasprisce alcune tasse sugli immobili, accelera le privatizzazioni nel settore dell’energia (tra cui la società pubblica attiva nel settore del gas naturale, Depa) e riduce le spese pubbliche per pensioni e welfare e apre allo sblocco di un pacchetto d’aiuti da 11 miliardi di euro da parte dell’Eurogruppo nella riunione del 21 giugno.

Il 20 agosto prossimo il governo di Alexis Tsipras dovrebbe, almeno formalmente, essere libero dagli obblighi del terzo programma di aggiustamento strutturale concluso da Atene dopo la travolgente crisi del debito iniziata del 2010. Come riportato dal Guardian, “l’Eurogruppo chiederà di trasformare le ispezioni ad Atene da semestrali a trimestrali; le visite della Commissione continueranno sino a che la Grecia non avrà ripagato il 75% del suo debito da 230 miliardi di euro verso i suoi creditori comunitari”. Tali condizioni hanno di recente attirato le critiche del Fondo Monetario Internazionale, che chiede una ristrutturazione parziale del debito di Atene.

Di fatto, il 20 agosto si chiuderà ufficialmente la stagione più dura per la Grecia nel quarantennio seguito alla caduta della dittatura militare. Ma cosa resta del Paese ellenico dopo questi anni di austerità?

L’Unione europea canta vittoria ma la Grecia è al collasso

Come ha segnalato Massimo Livini di Repubblica in un articolo ripreso da Dagospia” i “contabili” di Bruxelles – che hanno puntellato il Partenone con 240 miliardi di prestiti – sono contenti: la Grecia e la moneta unica sono salvi (assieme alle banche tedesche e francesi), il Pil ellenico è tornato a salire (+1,4% nel 2017) e dopo 15 tagli alle pensioni e pesanti sforbiciate allo stato sociale il bilancio di Atene ha chiuso l’ultimo anno con un superattivo pari al 3,7% del Pil”. Dmitris Liakos, consigliere economico di Tsipras, ha celebrato la crescita della produzione industriale fondata soprattutto sull’export, ignorando tuttavia come questo si contrapponesse con le sempre più difficili condizioni di vita della popolazione ellenica.

Come dichiarato a Milano Finanza da Fivos Karakitsos, dirigente di Spar Hellas, a guidare il ritorno della crescita del Pil e dello stock di investimenti sono stati il tracollo del prezzo degli “asset”, ovverosia dei beni immobili, la riduzione del costo del lavoro, cioè dei salari dei cittadini: come scritto in passato su Gli Occhi della Guerrala macelleria sociale iniziata dopo la deflagrazione della crisi del debito sovrano è stata la causa principale di queste dinamiche.

E a certificarlo sono ulteriori cifre emblematicamente citate da Dagospia: dal 2010 ad oggi “il potere d’acquisto è crollato del 24%, il 21,2% della popolazione, certifica Eurostat, vive in estrema povertà, il doppio del 2008. Lo scorso anno 130 mila persone, il 333% in più del 2013 hanno rinunciato alle eredità lasciate dai parenti perché non avevano i soldi per pagare le tasse”. Su questa valle di lacrime Tsipras ha edificato l’avanzo pubblico record del 2017 che gli è servito per accreditarsi come “responsabile” di fronte ai più duri fautori della linea del rigore europeo, Germania in testa.

Tsipras in affanno verso le elezioni

Nel 2015, dopo aver ceduto per pavidità e mancanza di progettualità alle imposizioni comunitarie dopo aver sottoposto il pacchetto di aiuti della Troika a un referendum popolare ed aver accertato la contrarietà dei cittadini greci, Tsipras riuscì a conservare la carica di Primo ministro nelle elezioni anticipate tenutesi nel mese di settembre, perdendo solo 4 seggi in Parlamento e ottenendo il 35,5% dei consensi.

In vista del voto previsto per l’ottobre 2019, la situazione per Tsipras e la sua formazione, Syriza, non appare affatto rosea: anni di capitolazioni hanno portato l’ex tribuno di Piazza Syntagma e punto di riferimento della Sinistra europea ad essere accreditato di poco più del 20% dei consensi nei sondaggi d’opinione, staccato di almeno 10 punti dai centristi liberali di Nuova Democrazia, guidati dall’ex Ministro della Riforme Kyriakos Mitsotakis, mentre alle spalle si spande l’ombra nera di Alba Dorata, data in continua crescita sino a oltre il 10% dei suffragi.

Nuova Democrazia, partito di spiccata orientamento liberista, non pare avere tuttavia le carte in regola per affrontare al meglio la tragica situazione che la Grecia sta vivendo. Le gravi proteste di fine maggio contro la Troika, le politiche d’austerità, la deflazione sociale e le privatizzazioni segnalano un disagio fortemente percepibile a cui la politica dovrà essere in grado di dare risposte precise sul lungo termine. Il rischio che la crisi sociale porti a pericolose polarizzazioni, in Grecia, è tutt’altro che remoto.