Gli sconvolgimenti sociopolitici portati a livello globale dalla pandemia di Covid-19 hanno messo i governi mondiali nella posizione di dover trovare una collaborazione con le opposizioni, al fine di mettere in campo misure maggiormente efficaci contro la pandemia. Stando a quanto riferito dall’agenzia di stampa Reuters, la stessa cosa starebbe avvenendo proprio in questi giorni anche in Venezuela, dove tra il governo di Nicolas Maduro e l’opposizione di Juan Guaidò si starebbe cercando un punto d’intesa. Dopo anni di contrasti e dopo le richieste internazionali avanzate dalle associazioni per i diritti umani, dunque, le acque si sembrano essere finalmente mosse, con l’obiettivo di contenere l’infezione e limitare i danni provocati dal suo passaggio.
Il nemico del mio nemico è mio amico
Mentre sul piano politico non si può assolutamente sostenere che le due posizioni si siano riavvicinate, diverso è il discorso relativo alle problematiche che possono scaturire dalla pandemia che ha colpito il Paese. Entrambi gli schieramenti, infatti, vivono nella paura che le sue conseguenze possano avere ripercussioni negative sul proprio consenso. Ed è in questo scenario che si è deciso di concedersi una tregua momentanea in linea con il famoso detto “il nemico del mio nemico è mio amico”.
In questa prima serie d’incontri – dove le informazioni fuoriuscite sono state limitate a causa del velo di segretezza che ha circondato i summit – l’obiettivo è quello di giungere ad un piano comune per il contrasto al Covid-19. Ed in quest’ottica, dunque, la necessità di sospendere le ostilità è stata il primo punto, al fine di potersi concentrare sulla pandemia senza perdere tempo in diatribe pubbliche che – tra le altre cose – non avrebbero preso nemmeno l’interesse della popolazione venezuelana.
L’obiettivo rimane però il potere
Sia chiaro: nessuna distensione tra quelle alle quali potremmo assistere nei prossimi giorni e nelle prossime settimane è indirizzata ad un piano di riappacificazione di lungo periodo: la considerazione che i due leader hanno della controparte è rimasta sostanzialmente la medesima. Così esattamente come l’obiettivo finale, ossia sconfiggere la controparte per potersi guadagnare lo scettro di comando del Paese per molti anni a venire.
Con la situazione che inoltre è ulteriormente peggiorata a seguito della taglia sulla testa di Maduro voluta dagli Usa – insieme all’accusa di narcotraffico – e con la nuova serie di embarghi contro le compagnie petrolifere locali, un’apertura in questo senso appare infatti ancora più improbabile. Così come la sensazione che a Caracas si stia combattendo uno dei tanti scontri a distanza tra Mosca e Washington, entrambi intenzionati al controllo politico ed economico dell’America latina.
Il Venezuela è di nuovo in ginocchio
Non ancora ripresosi dalle crisi che hanno colpito il Paese negli scorsi anni e che continuano a ripercuotersi soprattutto sull’impresa e sui ceti più poveri, il Venezuela deve fare i conti a questo punto con una crisi sanitaria ancora più complicata da controllare. Già vessata da uno dei sistemi sanitari peggiori del Nuovo mondo e dalle difficili condizioni sociali, Caracas rischia questa volta di non riuscire a sostenere il peso della crisi sanitaria ed economica prodotta dal passaggio del coronavirus. E con i contagi che continuano ad aumentare, anche la situazione non sta facendo altro che peggiorare, sempre di più.
Adesso, con i cittadini del Venezuela che chiedono risposte, la politica del Paese si è dovuta muovere per non incorrere in una nuova serie di proteste dal quale facilmente non sarebbe uscito vincitore nessuno dei due contendenti. Ed è forse questa la chiave di lettura della nascente collaborazione tra le due forze di potere, interessate a difendersi più dall’attacco di una terza variabile in gioco che dal proprio diretto avversario.