La bocciatura di Sylvie Goulard è stato uno schiaffo cocente per Emmanuel Macron. Vedendo bocciata la sua fedelissima, proposta come commissario all’Industria, alla Difesa e allo Spazio nella squadra di Ursula von der Leyen, nel braccio di ferro col Partito popolare europeo, il presidente ha subito una dura battuta d’arresto nei suoi progetti per l’Europa.
Lo “schiaffo di Strasburgo” ha privato Macron, il suo partito (En Marche!) e il suo gruppo europeo (i liberali di Renew Europe) di un fondamentale presidio nella Commissione. Macron ha subito l’affronto di vedere verdi e sovranisti, popolari e estrema sinistra votare compatti, assieme ai conservatori, contro la candidatura della Goulard, respinta da un fuoco di fila senza precedenti nella sua audizione all’Europarlamento. Come uscire dall’impasse? Macron non poteva presentare uno “yes-man”, un esponente organico del suo mondo, del suo contesto politico e, soprattutto, del suo partito. Messo all’angolo, il presidente non ha certamente mirato in basso. Nominando un pezzo da novanta dell’establishment economico francese per occupare quello che sarà un commissariato strategico nel quinquennio a venire: Thierry Breton, 64 anni,supermanager del settore tecnologico, ministro dell’Economia del presidente Jacques Chirac tra il 2005 e il 2007.
Breton è uomo notoriamente di destra, vicino all’ala gollista della politica francese; il suo profilo può essere sicuramente più gradito al Ppe rispetto a quello della Goulard, e il suo curriculum è a dir poco pesante. Da manager può vantare in attivo i risultati positivi in diverse aziende del settore tecnologico, accomunati da un percorso simile: aziende in difficoltà o vicine al fallimento risanate e ricostruite come attori strategici nei loro settori di interesse. Si segnalano, in questo contesto, il produttore di computer George Bull (1993-1997), il colosso dell’elettronica Thomson (1997-2002) e, soprattutto, la compagnia nazionale francese di telefonia mobile Orange, condotta in maniera ordinata in un processo di privatizzazione che non ha indotto stravolgimenti nè sul piano operativo nè su quello occupazionale. Da ministro, Breton è riuscito a coniugare calo del deficit, aumento del tasso di crescita e lotta alla disoccupazione,al suo addio al ministero di poco superiore all’8%, ai minimi dal 1983.
Al suo attivo, Breton ha anche degli studi tecnici sul tema dell’infowar e delle implicazioni securitarie dell’innovazione tecnologica, culminati in tre pubblicazioni agli albori della discussione sul tema, negli Anni Ottanta. Di questi lavori, il più interessante è il romanzo Softwar, un thriller a base tecnologica uscito nel 1984 in cui Breton anticipò i rischi di un’infezione di virus nei settori strategici di un Paese per ragioni di spionaggio o di sabotaggio.
Dal 2008, Breton guida Atos, colosso mondiale della cybersecurity e dei big data, prima compagnia It europea. Nella sua posizione di supermanager si trova dunque in un contesto privilegiato per conoscere le sfide a cui il suo portafoglio dovrà andare incontro per migliorare il posizionamento industriale dell’Europa. Che ora ha in cantiere il “fondo Ursula” per investimenti in innovazione. Nominandolo, Macron mira a riappacificarsi con le élite economico-finanziarie francesi, sempre più scettiche nei suoi confronti, e a tendere la mano al Ppe che gli ha inflitto un duro smacco. La sua audizione non sarà comunque una passeggiata, come ricorda Formiche: “Come nel caso della Goulard, sono i reali o potenziali conflitti di interessi a preoccupare chi in queste ore sponsorizza il suo nome all’Eliseo. Il suo ruolo a capo del cda di Atos rientra fra questi”. Non va sottovalutata poi la speranza dei popolari di scorporare il “supercommissariato” destinato alla Francia: ma Breton sarà sicuramente un osso molto più duro della debole e impreparata Goulard.