Perfino un “europeista” convinto come Emmanuel Macron è arrivato a criticare i parametri di Maastricht. In mezzo allo stupore generale, il presidente francese ha tirato una spallata violenta all’Unione Europea e alle sue regole, ormai anche da lui considerate inutili e controproducenti anche. Piccolo particolare: Macron non si è lamentato di fronte a un giornalista di qualche piccola testata locale, ma lo ha fatto nel corso di un’intervista al The Economist, la stessa in cui ha pure attaccato la Nato. Che anche il capo dell’Eliseo abbia deciso di seguire l’onta sovranista? Neanche per idea. La spiegazione è più semplice di quanto non si possa immaginare. Macron è un politico ambizioso e non si riconosce in questa Europa, dove la Francia è da anni relegata in seconda fila dietro la locomotiva Germania. Il suo sogno è creare un’Unione Europea in cui Parigi sia il centro della scena, e per farlo è necessario abbattere il vecchio edificio per edificarne uno nuovo. Da qui gli attacchi ai vari capisaldi di Bruxelles.
L’attacco ai parametri di Maaastricht
Il bersaglio contro cui Macron ha sparato a salve? I cosiddetti parametri di Maastricht, cioè l’obbligo per tutti i singoli Paesi europei di rispettare alcune norme, tra cui tenere i rispettivi deficit pubblici al di sotto dell’asticella del 3%. Chi supera questa e altre asticelle va incontro a procedure d’infrazione. Ebbene, il presidente francese non ha usato mezze misure: “Io penso che continuare a ragionare su Maastricht, cioè sul vincolo del 3% di deficit/pil per i bilanci degli Stati membri e dell’1% per il bilancio comunitario sia ormai un dibattito superato, una sopravvivenza del secolo scorso”. La Francia ha più volte sconfinato le linee rosse, ma Bruxelles non ha mosso un dito né speso parole di fuoco per punire o redarguire Parigi.
L’ambizione di Macron
I tecnoburocrati dell’Ue pensavano infatti che il governo francese potesse essere l’allievo prediletto dell’Unione. Le uscite di Macron hanno fatto però capire che il capo dell’Eliseo non vuole essere la marionetta di nessuno. Se la Francia dovrà occupare il posto lasciato libero dalla Germania, lo farà con grande piacere ma alle condizioni del presidentissimo transalpino. A questo punto non è da escludere che Macon possa imbastire un tentativo per smantellare l’architettura dell’Ue fortemente criticata e per chiudere in soffitta, una volta per tutte, lo scheletro dell’austerità. Ma non è certo finita qui, perché Macron ha in serbo un futuro in cui sarà lui e solo lui a ricoprire il ruolo di portavoce dell’Unione Europea, un’Unione che dovrà anche cambiare registro politico. Certo, Parigi per ora ha le carte in regola: il deficit/Pil francese è pari al 2,2%, il tasso di crescita si aggira intorno all’1,3% e il sistema transalpino ha creato 800 mila posti di lavoro negli ultimi due anni. In altre parole, la Francia potrebbe stare benissimo anche in questa Ue. Macron si è però stancato di agire nell’ombra o in secondo piano, e sta facendo di tutto per prendersi lo scettro. Non a caso lo stesso presidente francese sta provando a mettere i bastoni tra le ruote a Ursula von der Leyen e alla sua Commissione.