La nuova politica di Emmanuel Macron in ambito internazionale è chiarissima: fare della Francia una potenza in grado di mediare di fronte ai conflitti in corso. Una scelta che dimostra forse poca voglia di puntare su un cavallo vincente e sostenerlo, ma che, in generale, consente alla Francia di porsi sempre al centro dei temi caldi del momento. L’incontro fra Sarraj e Haftar a Parigi è stato il simbolo di questa via intrapresa dall’Eliseo. In quell’incontro, fortemente voluto da Macron e dai partner del Golfo Persico, la Francia è riuscita ad apparire di fronte al mondo come il Paese desideroso di una pacificazione libica e a mostrarsi come potenza europea in grado di contrastare le scelte unilaterali verso Haftar e Sarraj. Un incontro non risolutorio, è vero, forse più d’immagine che di sostanza, ma che ha, di fatto, consegnato alla Francia un ruolo di “leadership” nel contesto libico tutt’altro che scontato dopo i disastri della guerra voluta da Sarkozy. Se quindi l’incontro di Parigi ha avuto un effetto, è stato quello di aver assegnato a Macron le chiavi per mostrare un volto nuovo della Francia, e cioè quello di Stato che garantisce la fine dei conflitti.
Se questa scelta avrà conseguenze reali nel futuro della Libia, sarà soltanto lo scorrere del tempo a rivelarlo. Ma le premesse ci sono, e sembra che Parigi abbia intenzione di continuare in questa sua volontà di presentarsi sotto una nuova veste. Tanto è vero che Macron ha deciso di porsi come leader garante di una mediazione anche in un Paese che sembra essere completamente avulso dalla tradizionale geopolitica francese: il Venezuela. Una scelta coraggiosa da parte dell’Eliseo, nel momento in cui tutti i Paesi occidentali si allineano alle idee delle opposizioni di Caracas e fanno blocco contro le scelte del governo di Nicolas Maduro. Secondo quanto riportato dall’emittente radiofonica francese Europe 1, lo scorso 5 luglio, il presidente francese, Macron, ha inviato una lettera al presidente del Venezuela, Maduro, che conteneva un messaggio molto chiaro: “Siamo a disposizione per facilitare i negoziati attraverso il dialogo”. A conferma di questo ruolo intrapreso dalla Francia, arrivano le parole dell’ambasciatore francese a Caracas, Romain Nadal, il quale ha dichiarato che il governo venezuelano percepisce Parigi come un partner affidabile e un amico. Proprio per questo motivo, l’ambasciata di Francia è sempre rimasta aperta, e a detta dei funzionari interni all’Eliseo, non c’è giorno in cui Macron non consulta le note inviate dall’ambasciatore in Venezuela al ministro Le Drian: note in cui sono inserite le proposte di governo e opposizioni per raggiungere un accordo.
Anche il tema delle sanzioni al Venezuela ha visto il governo di Parigi schierarsi in maniera contraria. L’UE, sollecitata in particolare dalla Spagna, aveva proposto a tutti gli Stati Membri di promuovere un piano condiviso di sanzioni, ma la Francia non ha mai approvato questa strada che ritiene carente d una base chiara sulla definizione del principio stesso per cui si possano imporre certe sanzioni. Ma al netto di questi profili giuridici e politici, c’è anche il fatto che Macron ha con il presidente del Venezuela un canale diretto di comunicazione rappresentato da un personaggio che ha lavorato con entrambi nelle rispettive campagne elettorali: Ismaël Emelien. Emelien è uno degli uomini più vicini al presidente Macron, forse il più vicino fra i suoi consiglieri, ed ha seguito passo dopo passo la comunicazione di Macron durante la campagna elettorale. Il suo primo incontro con Macron è stato nel 2009, quando il presidente era ancora fuori dalla politica, e lavorava ancora per Rothschild. Da lì un sodalizio che si è andato via via rafforzando con start up e progetto politici. Quattro anni dopo l’incontro, Emelien collabora con la campagna elettorale di Nicolas Maduro. A quei tempi il giovane capo della comunicazione di Macron collaborava ancora per la Fondazione Jean-Jaurès.
Potrebbe pertanto essere lui, Emelien, la vera chiave di questa mano tesa di Parigi a Caracas. Una mano che significa intanto bocciare il piano di sanzioni dell’Unione Europea e che significa nello stesso tempo allargare gli orizzonti di Parigi al di là del Mediterraneo e dell’Africa, dando veramente l’idea di potenza con velleità di grandeur. Non è un lavoro semplice, perché sicuramente ci sono Stati ben più inseriti nel contesto politico sudamericano. Tuttavia, il vero difetto ab origine di questi Paesi è che sono tutti contrari al governo di Maduro. Lo stesso Vaticano, vuoi per la scelta di non riconoscere la Costituente, vuoi per l’ostilità di Maduro con monsignor Parolin, è comunque considerato un elemento parziale. La Francia, in questo senso, è riuscita nuovamente a inserirsi, come con la Libia, in quello spazio di mediazione che è rimasto ormai vacante. Ora si vedrà se la mediazione di Macron avrà una sua effettività, ma resta il fatto che ancora una volta la Francia dimostra furbizia, insinuandosi in quegli spazi vuoti di mediazione che in un conflitto complesso come quello del Venezuela, significa non farsi nemici: un risultato importante per instaurare le alleanze future.