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Il presidente francese Emmanuel Macron ha una doppia vita. Da una parte le élite mondiali, quelle finanziarie, politiche e culturali, lo esaltano come modello di leader per una nuova società di stampo progressista. Dall’altro lato, pur rimanendo questo idillio con le alte sfere mondiali, il consenso popolare scende ogni giorno di più e i sondaggi lo danno come uno dei presidenti meno amati della storia francese.

Il viaggio a New York del presidente è stato un esempio perfetto di questa sorta di bipolarismo che vive il presidente francese. Come l’orchestra del Titanic, che suonava mentre il transatlantico affondava, così il capo dell’Eliseo si è recato all’Assemblea generale e negli incontri con i vari gruppi di interesse prendendosi scroscianti applausi e titoli di “campione”. Un’immagine ben diversa da quella di lui in Francia, dove viene continuamente subissato da critiche e proteste per essere distante non solo dai problemi dei cittadini, ma anche dello stesso governo.

C’è una fotografia che è perfetta per capire questa doppia vita di Macron. A New York, il presidente francese è stato nominato “campione della Terra” al One Planet Summit, il meeting ecologista lanciato a Parigi nel 2017 e che in questi giorni ha fatto tappa nella città statunitense in concomitanza con la riunione dell’Onu. Applausi scroscianti, strette di mano e Macron che ha ribadito il suo slogan “Make our planet great again“, in risposta al “Make America great again” di Donald Trump

Ma Macron è veramente il campione dell’ecologia come descritto da questo titolo dato dal Forum internazionale? A casa, cioè in Francia, non sono affatto d’accordo. Tanto è vero che il ministro della Transizione ecologica, Nicolas Hulot, si è dimesso proprio perché deluso dagli scarsissimi progressi avvenuti in questo primo anno di presidenza. Ma a dare il colpo di grazia è stato Yannick Jadot, ecologista e politico dei Verdi, che ha ricordato come mentre Macron da una parte viene eletto campione della Terra e dall’altro lato ha dato pieno via libera alla ricerca petrolifera in Guyana francese e non ha fatto nulla per vietare il glisofato.

Ma questa differenza tra retorica e realtà non ha solo a che fare con l’ecologia. Il presidente francese è da mesi il campione dell’incoerenza e della divergenza fra quanto pensano le élite e quanto pensano i suoi cittadini. Il fronte dell’accoglienza e dell’integrazione è stato un altro esempio lampante. 

Mentre per mesi ha voluto dare un’immagine di se stesso come leader che voleva insegnare agli altri Paesi l’accoglienza (un esempio lampante la querelle Aquarius con l’Italia), nel suo Paese montava, e continua a essere imperante, una forte crisi nel rapporto tra cittadini e francesi e immigrati.

Le banlieues covano rabbia e sono spesso esplose in episodi di rabbia collettiva. E quella realtà francese decantata dal mondo mainstream che vedeva in Macron il faro della civiltà, ha dovuto fare i conti con una realtà ben diversa, fatta di una cittadinanza in rivolta per il suo modo di fare anche irriverente, che non riesce a capire in che direzione va il pensiero della Francia.

Cosa non troppo diversa da quanto sta avvenendo sui temi del lavoro. Macron si è abbattuto come una mannaia sul sistema lavorativo francese e su quello previdenziale. Mentre il mondo continuava a osannare questo astro nascente della politica internazionale (quasi più che francese), Parigi ha visto le sue strade più volte invase da gente in protesta per i tagli ai diritti. Soltanto a marzo ,nell’anniversario del ’68 francese, 400mila persone sono scese in piazza in tutto il Paese contro le politiche macroniane. E 50mila persone hanno sfilato per Parigi con proteste anche violente.

La realtà è che ci troviamo di fronte più a un leader internazionale che a un leader francese. Macron si trova estremamente a suo agio nel consesso mondiale. E non è un caso che al Palazzo di Vetro faccia sempre la figura del leader più amato. Macron piace a chi commenta le sue gesta, a chi lo fa portabandiera dei valori di una certa cultura elitaria e votata al progressismo.

Ma se si trova a suo agio in questi ambienti, non lo è affatto per la strade delle città francesi, dove il risentimento nei suoi confronti diventa sempre più alto. Il titolare dell’Eliseo ha scelto di essere più amato dal mondo che dal suo Paese: ma questo sembra possa avere un effetto, cioè il crollo del consenso. E le elezioni europee sono alle porte.

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