È stata una lunga conversazione quella intrattenuta, secondo una nota dell’Eliseo, da Emanuel Macron e dal suo omologo turco Recep Tayyp Erdogan; diversi i temi trattati dai due, dalla Siria al Medio Oriente, dai colloqui per l’ingresso di Ankara nell’Ue fino alla situazione inerente il flusso di migranti dal paese anatolico: ma non sono state soltanto queste le tematiche di cui i due rispettivi Capi di Stato hanno discusso nel corso del colloquio telefonico. Il presidente francese infatti, ha espressamente indicato anche l’affaire inerente il blocco della nave dell’ENI Saipem 12000 a largo di Cipro: “La sovranità dell’isola va rispettata – ha dichiarato Macron ad Erdogan, secondo quanto riportato anche da AgenziaNova – Siamo preoccupati per la recente vicenda accaduta nella ZEE cipriota”. Il governo francese prende quindi posizione a favore dell’azienda italiana, anche se l’appello lanciato al presidente turco riguarda non il caso specifico della Saipem, bensì il più generale interesse della difesa della sovranità di Nicosia.
I timori francesi per la Total
Ma da parte dell’inquilino dell’Eliseo in realtà, prima ancora della volontà di prendere posizione a favore di Cipro o dell’Italia, è ovviamente emersa la necessità di difendere i propri interessi nazionali da potenziali minacce derivanti dal comportamento del governo turco nel Mediterraneo orientale; anche se l’Eni dal 2013, grazie a sei concessioni da parte dell’esecutivo di Nicosia, recita la parte da protagonista nella ricerca di gas e risorse energetiche in questo specchio d’acqua del ‘Mare Nostrum’, nella Zona Economica Esclusiva cipriota ad operare sono anche altre compagnie di altre nazioni. In primo luogo, è la francese Total ad avere importanti interessi tra Cipro, Turchia ed Egitto; la paura di Macron è che l’Enu potrebbe essere soltanto la prima vittima della scure di Ankara nella ‘guerra’ delle risorse nel Mediterraneo orientale e che, di conseguenza, Erdogan potrebbe ripetere la mossa attuata contro la nostra multinazionale dell’energia anche nei confronti dell’azienda francese, tra le quattro più importanti a livello mondiale nel settore degli idrocarburi.
La strategia della Turchia del resto appare abbastanza chiara: lo specchio d’acqua compreso tra il paese anatolico e l’isola cipriota è da considerare come vero e proprio ‘giardino di casa’, dove a prevalere devono essere soltanto gli interessi di Ankara e dove, di conseguenza, chiunque decida di procedere in quella zona senza quanto meno consultare il governo turco deve essere considerato come una minaccia ostile. Sia la Total che l’Exxon Mobil, l’altra grande multinazionale presente nelle acque internazionali tra Cipro e Turchia, stanno al momento continuando ad operare; pur tuttavia, Macron nel suo specificare l’importanza del rispetto della sovranità delle autorità di Nicosia, ha fatto chiaramente intendere di non accettare in futuro provocazioni od azioni da parte turca volte ad ostacolare gli interessi francesi nell’area.
“Italia colpita perché anello debole”
Resta un fatto politico, oltre che tecnico ed economico, della mossa di Erdogan: la francese Total e l’americana Exxon continuano a lavorare indisturbate, senza che alcuna imbarcazione battente bandiera turca le abbia in qualche modo fermate; al contrario, a piangerci perdendo ogni giorno migliaia di Euro è l’italiana ENI, la cui nave Saipem è adesso nuovamente salpata verso le acque territoriali cipriote. Secondo lo stesso governo di Nicosia, tutto ciò non è stato frutto di un mero caso: “L’Italia in questo contesto è l’anello più debole, purtroppo a prevalere è sempre la forza delle armi”; a pronunciare queste parole è stato il ministro degli Esteri cipriota, Ioannis Kasoulides, nel corso di una conferenza stampa tenuta nella capitale dell’isola nei giorni scorsi. La frase sembra voler indicare esplicitamente il fatto che l’Eni sia rimasta, di fatto, ‘vittima’ della debolezza italiana di fronte agli altri attori internazionali presenti a Cipro: volendo mandare un messaggio importante circa le sue aspirazione, Erdogan ha preferito colpire l’Italia piuttosto che irritare Francia e Stati Uniti.
La diplomazia è comunque a lavoro: l’Eni, per bocca del suo amministratore delegato Claudio Descalzi, afferma di non voler abbandonare le acque antistanti l’isola cipriota e che la sua azienda è abituata a gestire situazioni del genere; un modo come un altro per dare tempo alla politica di fare il suo corso, ma di certo al termine di questa bagarre internazionale il costo, diretto ed indiretto, dell’azione turca per il nostro paese potrebbe essere molto più salato delle stesse acque dove la Saipem è stata bloccata.