Era chiaro sin dal 2016, quando i cittadini britannici si recarono alle urne per il referendum, che la questione Brexit sarebbe durata anni. Che tale diatriba venisse però procrastinata per oltre cinque anni forse era fuori da ogni più pessimistica aspettativa, considerando come de facto l’adesione di Londra fosse già marginale rispetto a quella degli altri Stati membri e soprattutto con i rapporti consolidati che vigevano con Bruxelles. E adesso, con la Brexit divenuta realtà, a quasi cinque anni di distanza dal voto, il Regno Unito e l’Unione europea ancora devono chiudere una delicata problematica, la quale sta già creando problematiche all’interno del mondo britannico soprattutto nella gestione dell’ordine pubblico: la questione relativa al commercio doganale con l’Irlanda del Nord.

Nord Irlanda, l’unica frontiera terrestre del Regno

Sembra quasi impossibile, ma al solo nominare “Nord Irlanda” la prima parola che sovviene alla mente è “problemi”. Non soltanto a causa della questione irlandese che per anni ha dominato le cronache interne del Regno unito, ma anche per i difficili rapporti con l’Unione europea che quel territorio ha da sempre implicato (e adesso più che mai).

Unica frontiera terrestre del Regno, la discussione e la stesura di un trattato commerciale che riguardi il transito delle merci dirette e provenienti dalla Gran Bretagna ha tenuto in stallo gli accordi commerciali tra Londra e Bruxelles da oltre un anno. E adesso, con la situazione protrattasi per le lunghe, la sensazione è che gli stessi rapporti tra le due parti si siano eccessivamente incrinati, generando un scenario che potrebbe concludersi anche con la creazione di un hard border tra le due “Iralande”. Un’ipotesi che condurrebbe l’isola la peggiore versione dell’Hard Brexit.

L’Europa non si fida di Londra

Come riportato dall’agenzia di stampa Reuters, a gettare altra benzina sul fuoco ci hanno pensato le dichiarazione dell’ambasciatore d’Europa a Londra: “L’Unione europea non si fida più del Regno unito”. Un duro attacco, se si considera come sino a pochi anni fa, insieme, si discutevano obiettivi comuni da raggiungere a lunghe distanze temporali nel futuro. E una nebulosa predizione, anche, per  quelli che potranno essere gli esiti degli incontri che avverranno nel corso della settimana per stabilire (si spera una volta per tutte) la delicata questione della frontiera irlandese.

Chiaramente, le difficoltà legate alla gestione dell’ordine pubblico in Nord Irlanda nel più duro scenario legato all’Hard Brexit sono di competenza quasi esclusiva di Londra. Visto sotto questa luce, dunque, Bruxelles ha tutti gli interessi affinché le pressioni sia pubbliche che mediatiche su Downing street obblighino di fatto Boris Johnson a firmare degli accordi meno favorevoli del previsto per il Regno unito, nella sola speranza di salvare l’ordine pubblico. Tuttavia, trovare un’intesa che accontenti l’Europa e al tempo stesso sia la comunità cattolica sia quella protestante nelle province dell’Ulster rimaste sotto la corona britannica è molto complicato, soprattutto in assenza di una vera e propria collaborazione da parte di Bruxelles (magari, con la mediazione di Dublino, da sempre sensibile alla “questione nordirlandese”). Ed è per questo che lo stesso Johnson sia giunto a chiedere “maggiore pragmatismo” da parte della delegazione europea.

Porre il confine doganale sulla terraferma, infatti, significherebbe indispettire la popolazione cattolica della regione, che proprio grazie alla libera circolazione sull’isola appoggiò gli Accordi del venerdì santo. Renderlo effettivo con il passaggio delle merci tramite il Canale di Irlanda, invece, significherebbe mettere un “blocco” tra Belfast e Londra, irritando la controparte protestante (con gli unionisti che, peraltro, proprio a causa di questa possibilità hanno scelto di ritirarsi ufficialmente dal Good friday agreement).

In questo scenario, dunque, la mediazione appare sin da subito in salita, con una possibilità tutt’altro che remota che la vera conclusione degli accordi commerciali per l’isola d’Irlanda possa slittare ancora una volta. In una situazione che, purtroppo, potrebbe scaldare ulteriormente gli animi nel territorio attualmente più problematico di tutto il Regno unito.





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