L’11 Giugno scorso a Černivci (la Cernovizza conosciuta dagli italiani) nell’Ucraina occidentale, agenti del Sbu il Servizio di Sicurezza di Kiev, hanno fatto irruzione all’interno del Centro Culturale romeno “Eudoxia Gurmuzaki”; hanno sequestrato libri, giornali, computer e denunciato 7 persone. Un mese prima, in occasione della celebrazione per i 100 anni dell’unità della moderna Romania, gli iscritti del Centro avevano esposto una mappa geografica relativa al 1918-1940 in cui la regione di Černivci (compresa nella Bessarabia) era parte dello Stato romeno. Quanto è bastato per indurre la Corte penale a denunciare i responsabili del Centro culturale (cittadini ucraini della minoranza romena) per “incitamento a commettere azioni volte a modificare i confini del territorio dell’Ucraina in violazione della Costituzione”.
Il caso ha creato un grave incidente diplomatico tanto che il ministro degli Esteri di Bucarest ha convocato l’ambasciatore di Kiev per protestare ufficialmente sul trattamento riservato ai cittadini della minoranza romena.
L’episodio è solo l’ultimo di una serie di intimidazioni che il governo di Kiev sta compiendo contro le minoranze nazionali residenti in Ucraina.
Nel febbraio scorso il premier ungherese Orbán ha bloccato l’incontro dei ministri Nato con il rappresentante ucraino, per protestare ufficialmente contro la nuova legge sull’istruzione promulgata da Kiev che di fatto impedisce l’insegnamento della lingua originaria ai bambini delle minoranze linguistiche. Budapest ha presentato un memorandum contro quella che ritiene una legge discriminatoria non in linea con i dettami dell’Ue.
Gli ucraini hanno risposto affermando che la legge serve a ridurre l’influenza di Mosca nella regione essendo il russo la seconda lingua parlata in Ucraina; ma di fatto colpisce tutte le minoranze linguistiche compresi i 150.000 ungheresi che vivono nell’Oblast occidentale della Transcarpazia dove rappresentano la minoranza più numerosa.
Lo scontro tra Ungheria e Ucraina è stato così forte che sono dovuti intervenire il Segretario Generale della Nato Soltenberg e Washington, per invitare le parti a trovare una soluzione di fronte alla decisione degli ungheresi di ostacolare qualsiasi integrazione dell’Ucraina con la Nato e con l’Ue se la legge non sarà cancellata.
Anche la Moldavia è sul piede di guerra contro Kiev; il Presidente Igor Dodon ha dichiarato che il comportamento ucraino “rischia di emarginare l’ampia comunità di moldavi”; e ha ammonito che “in Moldavia i diritti della comunità ucraina sono rispettati” e che l’insegnamento dell’ucraino nelle scuole è consentito.
Il problema non sono solo le leggi del governo ma anche le crescente intimidazioni delle organizzazioni di estrema destra ucraine (tollerate dal governo) contro i rappresentanti delle minoranze.
Nel novembre scorso a Kiev, un gruppo di attivisti appartenenti a Svoboda, il partito ucraino dichiaratamente neo-nazista e anti-semita, hanno interrotto con la forza il Forum delle Minoranze nazionali che ogni anno si svolge nella capitale ucraina alla presenza di diversi parlamentari europei provenienti da Moldavia, Ungheria, Polonia e Romania, accusandoli di essere separatisti al soldo di nazioni straniere. Un atto senza precedenti che dimostra la crescente tensione in Ucraina.
Il pericolo di una “ucrainizzazione” forzata
Sempre più osservatori temono che una sorta di “ucrainizzazione” del Paese sia in atto, cavalcata dai movimenti più estremisti ma legittimata dalla copertura che questi hanno da parte del governo filo-occidentale di Kiev.
Dopo la rivoluzione di Piazza Maidan del 2011 finanziata da Washington e dai circoli dell’élite mondiale (George Soros ha rivendicato pubblicamente il suo ruolo nella deposizione del governo filo-russo di Yanukovich) l’ingresso dell’Ucraina nell’orbita occidentale si è accompagnata ad un crescente sospetto circa la reale democraticità del governo di Kiev.
La guerra civile in Donbass con cui la popolazione russa di quella regione rivendica la propria indipendenza, è letta in Occidente secondo lo schema classico e russofobico dell’aggressione di Mosca verso un vicino un tempo suo alleato.
In realtà lo scenario è più complesso: sembra esserci in atto un vero e proprio processo di “ucrainizzazione” da parte di Kiev contro tutte le minoranze nazionali presenti nel Paese e che in Donbass è sfociato in guerra civile perché in quella regione i russi sono maggioranza.
Ucrainizzazione che spiega le forti preoccupazioni di Ungheria, Polonia, Romania e Moldavia contro le politiche discriminatorie del governo Poroshenko.
Certo è che il dossier Ucraina è uno dei più caldi per l’Europa; l’ipotesi di ingresso di Kiev nell’Ue e nella Nato non può non fare i conti con un Paese economicamente dipendente dagli aiuti occidentali (Europa in primis), con una fortissima corruzione interna degli apparati dello Stato (il recente caso Babchenko, come abbiamo spiegato qui, lo dimostra), e con un governo fortemente infiltrato e condizionato da elementi ed organizzazioni para-mlitiari neonaziste utilizzate senza scrupoli contro gli indipendentisti russi in Donbass e tollerate politicamente nel resto del Paese.
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