L’ultima botta l’ha data Christian Lindner, Ministro delle Finanze entrante nel governo tedesco di Olaf Scholz, approvando l’idea che la Germania potrà nel proseguio della crisi del Covid-19 continuare a derogare al paradigma austeritario e aprire a una maggiore flessibilità nei Trattati europei. Posizione ragionevole, guardando ai dati dell’industria tedesca esportatrice desiderosa di non vedere franare i suoi mercati di sbocco, ma che rappresenta l’ennesima smentita del dogma del rigore, i cui promotori appaiono in ritirata su tutta la linea.
La posizione della Germania spiazza i falchi
In vista dell’avvio delle procedure per la revisione del Patto di Stabilità che si apriranno nell’Unione Europea a febbraio 2022 l’Italia e i Paesi mediterranei anti-austeritari hanno un’occasione d’oro: sfruttare a proprio favore il vento favorevole che soffia nel Vecchio Continente, assecondato da Angela Merkel e dal suo successore, per spiazzare i rigoristi e portare avanti un compromesso al rialzo che sfrutti le contingenze favorevoli. Rompendo una volta per tutte la gabbia del rigore rappresentata, in questa fase, dallo spettro del ritorno in piena operatività, come automatismi, delle regole sul 3% (deficit/Pil) e sul 60% (debito/Pil) oggi sospese per la pandemia.
I custodi dell’austerità appaiono allo sbando. Jens Weidmann, il banchiere ultra-rigorista che ha guidato con forza la Bundesbank sino ad essere una strenua avversaria del quantitative easing, si è dimesso a ottobre. Ora la presa di posizione del governo Scholz lascia pensare che a sostituirlo potrà essere una figura meno trincerata a difesa dell’ortodossia rigorista.
Olanda, Rutte in alto mare
In Olanda, invece, Mark Rutte è impegnato da ben undici mesi nelle trattative per formare un nuovo governo. Il suo esecutivo è di fatto dimissionario dal 15 gennaio 2021, quando cadde travolto dagli scandali che hanno coinvolto diversi suoi ministri, ma nonostante la vittoria del suo Partito Liberale alle elezioni di marzo non si è ancora creato un vero accordo di coalizione capace di replicare, riequilibrando i pesi all’interno sulla base dell’esito elettorale, il quartetto con i centristi di D66 e i cristiano-democratici Cda (partito del falco Wopke Hoekstra) e Cu che ha formato l’asse del precedente esecutivo.
Di recente il Netherlands Times, citando fonti politiche a L’Aja, ha sottolineato che con ogni probabilità il nuovo governo non vedrà la luce prima di Natale e che dunque la situazione di crisi di governo è destinata a sfiorare o raggiungere l’anno di durata. Il Rutte che si presenterà a difendere la trincea dell’austerità in Europa sarà, dopo l’uscita di scena della Merkel, da un lato il premier più longevo d’Europa ma dall’altro uno dei leader non sicuri della forza politica alle sue spalle.
Il super-falco silurato in Austria
Caos totale, invece, in Austria dopo l’addio di Sebastian Kurz dalla guida del Partito Popolare Austriaco (Ovp) e dalla politica attiva. Dopo soli quarantacinque giorni di governo Alexander Schallenberg ha scelto di ritornare al ruolo ricoperto nel secondo governo Kurz, quello di Ministro degli Esteri, dal gennaio 2020 all’ottobre 2021 dopo che l’Ovp ha eletto come suo nuovo leader l’ex Ministro dell’Interno Karl Nehammer. Questi il 6 dicembre scorso si è avvicendato con Schallenberg al governo formando il terzo esecutivo in carica in tre mesi per traghettare Vienna fuori dalla crisi e ponendo in essere, al contrario del suo predecessore, un ampio rimpasto nel quadro della coalizione Ovp-Verdi. Il più importante cambio, in quest’ottica, è avvenuto alle Finanze.
Nehammer ha fatto un graduale repulisti dei fedelissimi di Kurz e della sua strategia “asburgica” di aggancio dell’Austria alle coalizioni politiche centrate sulla difesa del rigore in Europa come strumento di proiezione di Vienna. Orientato a una strategia politica più centrata sull’interno, sulla necessità di affrontare la tempesta pandemica e di mitigare, come ha dichiarato, “le sofferenze dei cittadini” Nehammer ha silurato il “Metternich dell’austerità” di Kurz, Gernot Blumel, protagonista della battaglia dei falchi in Europa.
“L’Europa non scivolerà in un’Unione del debito”, aveva avvertito a giugno Blumel, convinto che “creare debiti sia pericoloso, anche con bassi tassi di interesse”. “Paesi come la Francia o l’Italia vorrebbero abolire i criteri di Maastricht. È allarmante da un punto di vista economico e morale”, ha aggiunto, riproponendo l’antico refrain germanico della sovrapposizione tra colpa (Schlud nella lingua di Goethe) e debiti (Schluden). All’Eurogruppo di settembre proprio Blumel aveva mosso le pedine affinché i rigoristi si compattassero nel chiedere il ritorno all’austerità dopo la crisi. Il falco austriaco aveva presentato un documento che in poche righe riassumeva la profondità della trincea del rigore su cui sono schierati i falchi. “I trattati Ue richiamano i Paesi membri alla necessità di ridurre i deficit eccessivi e questo deve rimanere un obiettivo comune” anche dopo la crisi del Covid, aveva scritto Blumel assieme ai colleghi di Svezia, Olanda, Finlandia, Danimarca, Lettonia e Repubblica Ceca nelle carte che Politico ha potuto visionare. La sua uscita di scena chiude una fase di protagonismo con cui Vienna mirava a frenare i piani politici degli avversari del rigore.
Incertezza in Svezia
Concludendo la panoramica tra i “falchi” in crisi politica, proprio una delle firmatarie di questo appello, Magdalena Andersson, è diventata il 30 novembre scorso Ministro di Stato (capo del governo) in Svezia. La “Nuova lega anseatica” è stata l’alleanza a cui la Andresson ha puntato nei sette anni di presenza nel governo di Stefan Lofven, da rigorista tra i rigoristi del Nord. Tuttavia, per la prima donna al governo in Svezia il cammino non sarà agevole: incaricata una prima volta da re Carlo Gustavo XVI il 24 novembre scorso poche ore dal conferimento della prima fiducia parlamentare si è dimessa a causa dell’approvazione della legge di bilancio proposta dalle forze di opposizione e alternativa a quella avanzata dal suo governo e ora guiderà un esecutivo di minoranza costretto a navigare a vista.
I rigoristi sono senza una vera guida e in difficoltà nel coalizzarsi; i Paesi del blocco mediterraneo, invece, spiccano per stabilità politica. Il socialista Sanchez in Spagna e il conservatore Mitsotakis in Grecia sono saldamente in sella; Mario Draghi è sostenuto da un’ampia maggioranza in Italia; in Francia Emmanuel Macron è più in crisi ma può contare sul potere pressoché totale conferitogli dalla carica presidenziale per trattare in Europa. La finestra di opportunità aperta dal rovesciamento di scenario in vista della revisione dei Trattati è importante. Per i falchi è l’ora più buia, per gli avversari del rigore è ora o mai più: l’occasione per cambiare le regole che si sta per aprire va colta al volo.