Qualche giorno fa, Barack Obama ha annunciato alla Bbc di non voler inviare truppe di terra in Siria “per rovesciare il regime di Bashar Al Assad”. America e Gran Bretagna tentarono di percorrere questa via nel 2013, ma fu un fiasco totale. Russia e Cina si opposero, così come il Vaticano che organizzò un’imponente veglia di preghiera per la pace.Nel suo discorso alla Bbc, Obama ha anche detto: “La Siria impone un problema di natura transnazionale e richiede una soluzione di natura transnazionale”. Parole sacrosante. Teniamo però a mente come si è creato il caos siriano.Tutto inizia con le rivolte dell’aprile 2011. Sulle pareti di una scuola di Deera, nel sud della Siria, compaiono alcune scritte contro Assad: “Il popolo vuole la caduta del Regime”. La rivolta passa da una pagina Facebook – “The Syrian revolution 2011” – gestita principalmente da siriani che vivono in Occidente.Le rivolte contro Mubarak in Egitto non sono ancora terminate e, così, gli attivisti chiedono di aspettare la caduta del regime egiziano perché, “fintanto che i media internazionali sono impegnati al Cairo, Assad può schiacciare la rivolta in Siria senza tanto rumore”.La pagina Facebook “The Syrian revolution 2011” cresce parecchio e in pochissimi giorni grazie agli aiuti dell’Academy of Change, “l’istituto scientifico londinese che ha dato il suo contributo alla rivolta egiziana”(Alfredo Macchi, Rivoluzioni S.p.A. Chi c’è dietro la Primavera Araba, p. 237).Nel frattempo, Arabia Saudita, Turchia, Qatar ed Emirati Arabi Uniti cominciano a fornire armi ai ribelli. Gli Usa tentennano – “Parlando di assistenza, ci riferiamo a molte forme differenti di aiuto. Non tutti i Paesi forniranno le stesse” (Hillary Clinton, Scelte difficili, p. 584) – ma poi si lasciano convincere.I motivi sono essenzialmente due e ce li spiega la stessa Clinton nella sua autobiografia: “In primo luogo, anche un gruppo relativamente piccolo avrebbe dato un’enorme spinta psicologica all’opposizione, e convinto i sostenitori di Assad a prendere in esame una soluzione politica. (…) In secondo luogo, e in modo più immediato, le nostre azioni – o la loro assenza – avevano ricadute sui nostri rapporti con i partner della regione” (Hillary Clinton, Scelte difficili, p. 594). Nascono così i “ribelli moderati” siriani. Obama all’inizio non è sicuro di questo progetto, ma poi cede alle pressioni della Clinton e del direttore della Cia David Petraeus.Nel 2013 arriva il casus belli per fornire ufficialmente le armi ai ribelli. Si dice che in Siria vengono usate armi chimiche, notizia peraltro vera. Ma chi le sta usando? Non è chiaro. Gli Usa sono certi si tratti di Assad, così intervengo i russi che – prendendo al balzo una intrepida dichiarazione del segretario di Stato John Kerry – propongono al governo siriano di “consegnare tutte le sue armi chimiche alla comunità internazionale” entro una settimana. È il primo scacco dei russi. Il governo siriano accetta e la guerra viene evitata.Nell’aprile del 2014 arriva il secondo giro di equipaggiamenti ed armi ai ribelli. Il messaggio è chiaro: Assad deve cadere. Poi altro addestramento ed altre armi nel 2015. Questa la lista dei principali errori dell’Occidente.Una Siria debole, praticamente ridotta a un brandello di Stato, ha reso possibile la diffusione del terrorismo. Lo stesso è successo in Iraq e in Libia: dove sono intervenute le forze occidentali per eliminare un dittatore, là si è diffuso il terrore.Ma c’è poi un altro e grave errore dell’Occidente, in particolare degli americani: l’aver armato i ribelli per contrastare i russi. Il 30 settembre 2015 Vladimir Putin annuncia l’intervento militare in Siria. L’obiettivo è quello di colpire non solamente le forze dell’Isis, ma anche altri gruppi terroristici, Al Nusra in testa.Pochi giorni prima, l’ex direttore della Cia, David Petraeus, proponeva di armare i miliziani di Al Nusra – ovvero Al Qaida in Iraq – per combattere contro l’Isis”. Un’ipotesi folle se si pensa a cosa era successo con Osama Bin Laden in Afghanistan ai tempi dell’Unione sovietica.Ma ciò che colpisce sono i grandi quantitativi di armi paracadutati sulle teste dei ribelli dopo l’intervento russo: 50 tonnellate solamente in una notte di ottobre. Armi su armi che servono solo a un obiettivo: destabilizzare la Siria e creare il caos.
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