Nella serata di martedì il personale del consolato generale cinese nel quartiere Montrose di Houston, Texas, veniva immortalato nel cortile all’interno dell’edificio mentre dava alle fiamme documenti gettati in alcuni bidoni di metallo. Un atto che difficilmente poteva passare inosservato, a causa del fitto fumo che ha richiamato l’attenzione dei residenti dei due condomini davanti all’edificio e dei Vigili del Fuoco, accorsi immediatamente sul posto ma impossibilitati ad intervenire visto che il Consolato ha rifiutato loro l’ingresso.
Un residente della Second Ward che passava di lì ha raccontato a InsideOver: “Stavo rientrando verso casa in auto e a un certo punto ho visto una colonna di fumo venire su dal palazzo e i pompieri che stazionavano lì fuori senza intervenire; non sapevo neanche che fosse il consolato cinese”.
Il comandante dello Houston Fire Department, Samuel Peña, ha riferito: “Io so soltanto che è illegale e pericoloso appiccare un fuoco in piena città, ma è territorio di uno Stato sovrano e noi non possiamo accedere, quindi possiamo fare ben poco”.
E’ evidente come il personale diplomatico stesse frettolosamente bruciando documenti ritenuti sensibili in seguito all’improvvisa decisione dell’Amministrazione Trump di far chiudere il consolato cinese di Houston, con “deadline” alle locali ore 16 di venerdì 24 luglio. Una “prassi” della diplomazia in procinto di lasciare una sede, che mira a salvaguardare informazioni riservate, secondo quanto dichiarato alla Abc dal console cinese presso la città texana, Cai Wei.
Washington ha reso noto che la decisione è dovuta alla necessità di salvaguardare la proprietà intellettuale degli Stati Uniti, delle sue aziende e i dati dei propri cittadini. Nel contempo, Il Dipartimento di Stato americano aveva accusato gli hacker cinesi Li Xiaoyu e Dong Jiazhi di aver rubato, per conto dell’intelligence di Pechino, segreti commerciali ai danni di aziende dell’alta tecnologia e del settore farmaceutico, e più recentemente di avere preso di mira le vulnerabilità delle reti di aziende di biotecnologia e di altri gruppi impegnati nelle ricerche sui vaccini e sulle cure per il Covid-19.
Il senatore repubblicano Marco Rubio ha invece pubblicato un post su Twitter dove indica il consolato cinese di Houston come “epicentro di un’ampia rete di spionaggio del partito comunista cinese”.
Dura la reazione di Pechino che ha definito l’ordine di chiusura del consolato, tra l’altro con così poco preavviso, una “provocazione lanciata unilateralmente” dagli Usa ed ha minacciato ritorsioni, mettendo tra l’altro in guardia gli studenti cinesi negli Stati Uniti dal rischio di “interrogatori arbitrari” e di “detenzioni” da parte delle autorità americane.
I motivi della chiusura del consolato di Houston
Le ragioni che hanno portato Washington a chiudere proprio il consolato cinese di Houston non sono soltanto legate all’eventuale attività di spionaggio, ma puntano a colpire gli ingenti investimenti cinesi nei business del petrolio, del gas, delle auto e del settore aereo ed aerospaziale, come illustrato dalla China General Chamber of Commerce, molto attiva a Houston e dintorni.
La maggior parte degli investimenti cinesi a Houston riguardano il settore petrolifero e del gas, con ben 7,4$ miliardi investiti in Texas nei primi 15 anni del 2000, come illustrato in un report del 2016 pubblicato dal Rhodium Group. Basti pensare all’acquisizione da parte della China National Offshore Oil Corp, nel 2013, della Nexen per una somma di 15,1$ miliardi e l’espansione dei suoi uffici nella zona di Bunker Hill poco più di un anno dopo.
Nel report della Rhodium group veniva inoltre indicato come, stranamente, il “foreign direct investment” cinese non risulta particolarmente elevato per quanto riguarda il settore tecnologico ed aerospaziale. Del resto Houston è una città che è stata “costruita sul petrolio” e mastodontico epicentro di questo business a livello globale.
La comunità cinese di Houston è cresciuta vertiginosamente negli anni, di pari passo con l’incremento del business tra Pechino e l’area texana, al punto che oggi i cinesi residenti in ben otto stati degli Usa e a Porto Rico devono far riferimento al consolato della metropoli texana.
Un segnale evidente dell’incremento della popolazione cinese a Houston è fornito anche dalla numerosa presenza di scuole cinesi, come ad esempio la Xua Xia, con un campus principale attivo sette giorni su sette nella “Chinatown” di Corporate Drive e con altri sei campus attivi nei weekend in altre zone della città. Un ulteriore elemento da tenere in considerazione è la presenza di un “Chinese program” attivo in una delle più note scuole internazionali della città e con ben quattro coordinatori nel dipartimento di lingua cinese; un aspetto di non poco conto considerato che a fine anni ’90 gli studenti cinesi della Scuola erano pochissimi.
Il console cinese Cai Wei non ha torto quando si chiede come farà il Consolato ad assistere la numerosa cittadinanza cinese presente a Houston ed oltre, i viaggiatori, ma soprattutto in che modo la chiusura impatterà le numerose attività economiche dell’area. Una cosa è certa, l’Amministrazione Trump ha colpito più duro di quel che può sembrare con tale provvedimento e plausibilmente è solo l’inizio.