La Tunisia si avvia ad una fase di stallo politico che rischia di avere serie ripercussioni sulla stabilità della nazione e di aggravarne le difficoltà economiche. Ennahda, movimento islamico moderato e primo partito del Paese dopo le consultazioni legislative del 6 ottobre, ha proposto uno dei propri esponenti come primo ministro ai possibili partner di un futuro governo di coalizione. Questi ultimi, però, si sono opposti e ciò rischia di portare ad una situazione di incertezza, dannosa per la stabilità sociale. Ennahda si è aggiudicata 52 seggi sui 217 dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo grazie al circa 19 per cento dei voti popolari conseguiti mentre i potenziali alleati, ovvero Attayar (centro-sinistra), che ha 22 scranni, la coalizione Karama (islamisti radicali), che ne ha 21, il Movimento di Achaab (di tendenze panarabe), che ne ha 16 e Tahya Tounes (centrista), che può contare su 14 seggi si sono piazzati alle sue spalle. Tra questi schieramenti solamente Karama, probabilmente anche in virtù delle somiglianze ideologiche con Ennahda, ha mostrato aperture nei confronti degli islamisti moderati.
Rischio paralisi
I partiti politici temono un’alleanza con Ennahda a causa dell’inefficienza dimostrata da questo movimento, nel corso della sua partecipazione agli esecutivi formatisi negli ultimi otto anni, nel risolvere i problemi socio-economici del Paese. Ci sono poi, sullo sfondo, le ricorrenti tensioni tra laici ed islamisti che attraversano da tempo la Tunisia e che si ripercuotono sulla dialettica politica. Attayar, ad esempio, avrebbe richiesto il ministero dell’Interno, della Giustizia e della Pubblica Amministrazione, qualora entri in una coalizione con Ennahda, nel timore di una deriva estremista del movimento. Quest’ultimo ha circa due mesi di tempo, dalla data delle consultazioni, per provare a formare il nuovo esecutivo e qualora non vi riesca il Presidente della Repubblica potrà incaricare una persona di sua scelta, che avrà a sua volta altri due mesi come scadenza massima, per cercare di raggiungere il medesimo obiettivo. Qualora entrambi i tentativi falliscano c’è lo spettro delle elezioni anticipate, un esito che probabilmente non contribuirebbe a porre fine alle incertezze politiche tunisine.
Le prospettive
Il ballottaggio delle elezioni presidenziali, svoltosi poco dopo gli scrutini delle legislative, aveva premiato Kais Saied, ex professore di diritto costituzionale e schierato su posizioni conservatrici. Saied, candidato indipendente, aveva potuto godere anche dell’appoggio degli islamisti moderati ed il suo successo ha rinforzato la presa degli elementi conservatori sullo Stato tunisino. La classe politica, però, è chiamata ad un compito particolarmente gravoso cioè quello di migliorare le condizioni di vita della popolazione del Paese che è afflitta dalla corruzione dilagante, dalla disoccupazione e che non nota grandi miglioramenti economici rispetto al periodo del regime di Ben Ali.
La nazione che ha dato via alle rivolte della Primavera Araba e che ha intrapreso uno dei rari percorsi di democratizzazione efficace nella regione sconta, malgrado questi sviluppi, le conseguenze di scelte politiche che evidentemente non si sono rivelate efficaci nell’incontrare i bisogni del popolo. Il rischio è che, qualora questa situazione persista, le ombre del radicalismo islamico estremo possano manifestarsi in maniera sempre più concreta e palese e possano, in definitiva, portare ad uno scontro con gli elementi laici della società. Il dialogo necessario, tra le diverse fazioni politiche, dovrà necessariamente trovare uno sbocco efficace e soluzioni concrete ai problemi tunisini.