L’Italia in Niger c’è, ma non può operare: un articolo di Panorama pubblicato nei giorni scorsi, svela come i nostri soldati siano al momento ospitati all’interno di una base americana nel Paese africano, ma sono impossibilitati a lavorare ed a pianificare l’operato degli altri soldati italiani che dovrebbero arrivare nelle prossime settimane. La missione di Roma in Niger si tinge dunque sempre più di giallo e pensare che, tra dicembre e gennaio, tra il nostro Paese e quello sub sahariano sembravano essersi aperti importanti canali politici e diplomatici: non solo la paventata missione volta a contrastare jihadismo e trafficanti di esseri umani, ma anche l’apertura dell’ambasciata italiana a Niamey, capitale nigerina, la prima per Roma nell’area del Sahel; tutti elementi che spingevano verso un rapporto importante, ma adesso la situazione appare in uno stallo che rischia di vanificare tutti gli sforzi e di far fare, al nostro paese, una magra figura internazionale.

Panorama: “Gli italiani ai domiciliari”

 “Da mesi siamo accampati in una base americana, sprovvisti di armi e senza aver ottenuto reciprocità dall’esercito nigerino, che si è persino rifiutato di concederci il terreno per costruire l’annunciato campo base”; a dichiararlo è una fonte militare italiana stanziata nel Niger nel corso di un’intervista rilasciata a Linda Di Benedetto, autrice di un articolo su Panorama secondo cui i nostri soldati sarebbero impossibilitati anche ad uscire. Il 17 gennaio scorso il parlamento ha approvato definitivamente la missione, almeno 450 soldati dovrebbero approdare da qui ai prossimi mesi nel Niger, ma proprio sulle tempistiche di questa operazione sono sorti i primi dubbi: “Andremo nel Paese africano appena sarà utile – ha spesso dichiarato il premier Gentiloni a chi chiedeva una data sull’invio degli italiani – Non ci sono al momento tempi certi”. Dichiarazione che inevitabilmente hanno procurato non pochi malumori e perplessità, con Roma pronta ad andare ma al tempo stesso senza sapere regole e tempistiche nel dettaglio.

Quanto rivelato da Panorama mostra ancor di più lo stallo di questa missione; i primi italiani sono effettivamente arrivati in Niger, ma essi non possono operare, non possono uscire e devono rimanere all’interno della base americana che li ospita, dunque non possono preparare il terreno agli altri circa 400 commilitoni che, non si sa quando, dovrebbero arrivare. Lo stallo è dovuto soprattutto all’opposizione del governo locale: già a dicembre alcuni portavoce dell’esecutivo di Niamey parlavano di missione non concordata con le autorità, oggi una buona fetta della politica locale cavalca le ondate di protesta contro la presenza di truppe straniere, affermando che gli italiani non sono graditi e che nessun altro esercito metterà piede in Niger. Ecco il motivo per il quale l’Italia si ritrova con 50 propri soldati costretti quasi ai “domiciliari”, per l’appunto, nel cuore del paese sub sahariano.

Lo zampino della Francia

In Niger dal 2014 opera la Francia nell’ambito dell’operazione Barkhane, concepita per contrastare l’estremismo islamico nel Sahel e con la quale Parigi ha inviato soldati proprio in Niger, così come nel Mali, nel Ciad, in Mauritania ed in Burkina Faso; ma non solo: il governo francese esercita una forte influenza sul Niger, visto il proprio ruolo di ex potenza coloniale dell’area e di attuale principale partner commerciale grazie soprattutto alla presenza, nel paese africano, dell’uranio; si calcola, ad esempio, che il 75% del fabbisogno francese di questo materiale sia soddisfatto dai giacimenti nigerini, gestiti a prezzi di concessione stracciati dalla multinazionale transalpina “Areva”. Il ruolo della Francia in Niger è quindi importante ed essenziale ed in tanti iniziano a sospettare che, dietro l’improvvisa frenata sulla missione italiana, ci sia proprio lo zampino dell’Eliseo.

Un’ipotesi che prende largo grazie anche al ruolo che sta avendo in tutto ciò l’attuale ministro dell’interno nigerino, Mohamed Bazoum; astro nascente della politica locale, è soprattutto lui ad esporre parole contrarie alla presenza italiana, affermando a più riprese come i soldati dell’esercito di Roma potrebbero al massimo essere impiegati come addestratori per le truppe locali, ma che in nessun modo sarà permessa una missione a tutto tondo. Bazoum ha ottimi rapporti con Macron e con l’apparato dirigente francese, il suo improvviso astio verso l’operazione italiana potrebbe essere dettata proprio dalla linea scelta all’Eliseo; del resto, è evidente che anche nell’ipotesi in cui la Francia non abbia direttamente inciso sull’attuale stallo della nostra missione, poco o nulla sta facendo per sbloccarla e renderla operativa.

Parigi ha da sempre considerato l’Italia un rivale nel Mediterraneo ed in Africa; essere in Niger vuol dire essere al centro di diversi interessi che vanno dalla sicurezza all’immigrazione, fino ai legami commerciali con una buona fetta di continente che va proprio dal Mediterraneo fino al Sahel: non sarebbe dunque del tutto infondata l’idea di una Francia che, dopo aver invitato al tavolo l’Italia, adesso fa di tutto per farla rimanere ai margini.