Si può criticare apertamente il capitalismo, professarsi socialisti e “antisistema”, da una parte, e poi sfruttare la propria posizione e visibilità per vendere dei gadget dal proprio sito a prezzi tutt’altro che “popolari”? No, nemmeno se ti chiami Alexandria Ocasio-Cortez e la stampa progressista di tutto il mondo ti ritiene la giovane superstar del partito democratico americano. Ecco cosa è accaduto: come riporta l’agenzia Ansa, la giovane star dem è stata attaccata sui social, in particolare dai conservatori, per aver messo in vendita sul website della propria campagna una felpa con lo slogan “Tax the rich” (Tassa i ricchi) al “modico” – si fa per dire – prezzo di 65 dollari, ridotto a 58 dopo le polemiche. Uno slogan che richiama la proposta di aumentare le tasse ai più ricchi per finanziare il Green New Deal e i programmi sociali. “Con 58 dollari per una felpa non stai tassando i ricchi, stai chiedendo un prezzo esorbitante agli stupidi”, ha commentato un utente di Twitter.
Lo scivolone di Alexandria Ocasio-Cortez
Perché va bene il socialismo, il Green New Deal, l’anticapitalismo (a parole), ma poi c’è bisogno di battere cassa: e così Alexandria Ocasio-Cortez è caduta nella più banale delle contraddizioni per chi ama professarsi “di sinistra”. “Niente spiega meglio l’idea di giustizia economica che spendere 65 dollari per una felpa”, denuncia Ben Shapiro, autore e conduttore conservatore di successo, suggerendo che gli studenti – uno dei punti di forza elettorale della deputata – farebbero meglio a usare quei soldi per pagare i loro prestiti bancari per il college. “Niente spiega meglio lo slogan ‘Io combatto per i più deboli di chiedere 65 dollari per una felpa”, scrive ancora un altro. Perché nella più spaventosa crisi economia dal 1929 spendere 65 dollari per una felpa – piuttosto che 58, cambia poco – per molti americani – quelli a cui idealmente dovrebbe essere vicina Aoc – può anche essere un problema. Soprattutto se la felpa riporta un messaggio politico chiaro come il “tassiamo i ricchi”: perché se si vuole veramente rappresentare i ceti popolari, bisogna anche non sgarrare nella comunicazione.
Ma davvero Aoc rappresenta i ceti meno abbienti oppure, come il Partito democratico Usa, è l’espressione di quel “partito della Ztl”, delle città e dei quartieri più ricchi? Di recente, il New Republic – mensile schierato a sinistra – ha fatto mea culpa e ha pubblicato un’analisi piuttosto interessante. Innanzitutto, alle recenti elezioni presidenziali nove dei dieci stati più ricchi hanno votato Joe Biden, 14 dei 15 più poveri per il presidente Usa Donald Trump. Come nota anche l’HuffPost, Trump ha realizzato qualcosa di straordinario: il primo boom egualitario degli ultimi decenni. Nel 2019 è riuscito ad abbassare la disoccupazione al 3,7% (praticamente pieno impiego, tranne la quota frizionale di chi sta cambiando lavoro), e soprattutto un aumento del 4,7% dei salari del quarto più basso della popolazione. Capito Aoc?
La replica della deputata
La replica di Alexandria Ocasio-Cortez alle critiche apparse sui social network è a dir poco curiosa. Ocasio-Cortez ha spiegato che il prezzo “è giusto” perché la felpa e le t-shirt della sua campagna sono realizzate in Usa da lavoratori sindacalizzati e non dalla manodopera a basso prezzo in Cina, a differenza di quelle di Donald Trump. Sarà, eppure se c’è un Presidente americano che si è mosso a tutela dei lavoratori americani, dando inizio a una guerra commerciale proprio con Pechino, quello è Donald Trump. A differenza dei suoi predecessori (Barack Obama compreso), che si sono battuti per spalancare tutte le frontiere, liberalizzare gli scambi, toglier le barriere, inneggiare alla mondializzazione senza se e senza ma, The Donald si è mosso a difesa dei lavoratori Usa. Se Aoc fosse stata coerente, lo avrebbe appoggiato nella sua sfida alla Cina. Ma la coerenza non sembra essere di casa e di “antisistema” sembra esserci veramente poco.