La giornata di mercoledì è tra le più tumultuose degli ultimi mesi della Libia, lì dove già in realtà la stessa quotidianità non è propriamente nota per essere tra le più tranquille del continente africano. Dopo voci di rinforzi mandati da Tripoli per proteggere i campi petroliferi di Sharara, dopo notizie su milizie pronte a muoversi contro le avanzate del generale Haftar, in serata arriva la conferma che spiazza l’intera Tripolitania: in quei campi ci sono sì dei soldati, ma sono quelli agli ordini dell’uomo forte della Cirenaica. Scacco matto ai rivali e situazione nuovamente rovesciata.
L’evoluzione del conflitto nel sud
Quando il 15 gennaio scorso Haftar da Bengasi annuncia l’inizio dell’operazione nel sud della Libia, in tanti all’estero (ma anche nel paese africano) pensano che in realtà si tratti di un’azione concordata con Tripoli o, quanto meno, dove il governo di Fayez Al Sarraj non pone massima resistenza. Del resto, dopo sette anni di conflitto, nessuno dalla Tripolitania risulta in grado di controllare il Fezzan: milizie ciadiane, mercenari sudanesi, clan che gestiscono tratte di migranti e gruppi terroristici, nella regione c’è di tutto e per la popolazione tutto questo si traduce in una totale mancanza di servizi e di condizioni di vita accettabili. Ecco dunque perché si fa strada l’ipotesi di un coordinamento sottobanco tra Tripoli ed Haftar, con quest’ultimo in grado di garantire sicurezza e controllo del territorio. La presa di Sebha, capoluogo del Fezzan, da parte del generale libico sembra confermare queste ipotesi: i suoi uomini entrano nella città senza sparare un colpo, milizie e gruppi fedeli a Tripoli si ritirano.
Ma dall’inizio di questa settimana le cose sembrano cambiare. Domenica scorsa Haftar è costretto ad usare l’aviazione, si parla di un’operazione condotta contro milizie ciadiane che sfruttano i porosi confini libici per effettuare incursioni nel Fezzan. Ma i Tebu, gruppo etnico di origine etiopica, denunciano invece azioni mirate contro la propria popolazione. E qui sorgono le prime vere scaramucce: i rappresentanti Tebu in Cirenaica parlano di tentativo di sopraffazione da parte dell’esercito guidato da Haftar, da Tripoli si invocano interventi volti a contrastare le avanzate del generale. Inizia cioè una prima avvisaglia di scontro aperto che fa precipitare la situazione.
L’importanza della presa del campo di Sharara
Forse da Tripoli ci si sta accorgendo che, di fatto, si sta permettendo ad Haftar di impossessarsi delle tante risorse presenti nel Fezzan senza contrapporre resistenza. Il governo riconosciuto dall’Onu inizia a rispondere dunque sia sul piano politico che militare: sul primo versante, Al Sarraj nomina come capo militare politico per il Fezzan il generale Ali Kuna, un tuareg ex ufficiale dell’esercito nell’era di Gheddafi. Su quello militare invece, risponde inviando le milizie di Zintan, altra città Stato della Tripolitania, verso Sharara. Si tratta di un gruppo comandato da Osama Jweili, a cui viene dato l’ordine di proteggere il campo petrolifero. Ma ecco che il colpo di scena è dietro l’angolo: intorno al tardo pomeriggio di mercoledì, da Bengasi il portavoce dell’esercito di Haftar annuncia la conquista proprio di Sharara. I suoi soldati entrano prima dell’arrivo dei rinforzi da Tripoli. Una mossa che gli permette adesso di avere un grande vantaggio nel Fezzan. La notizia viene confermata: il campo che da settimane è occupato da alcuni manifestanti del gruppo de “La Rabbia del Fezzan”, i quali protestano per richiedere maggiore attenzione da parte del governo, adesso è sotto il controllo dell’esercito di Haftar.
Per l’uomo forte della Cirenaica è una vittoria, prima di tutto, strategica. Evita infatti la penetrazione di milizie tripoline in una regione, quale il Fezzan, che vorrebbe far sua. Si aggiudica poi il controllo di un campo essenziale per l’intera Libia: da Sharara esce circa un terzo della produzione totale di petrolio del paese africano. I soldi in realtà difficilmente andranno verso Bengasi, visto che i proventi sono gestiti dalla Noc, ma sotto il profilo politico l’importanza di avere Sharara nelle proprie mani è indubbiamente enorme. Il campo è gestito da una joint venture che vede la partecipazione non solo della Noc, ma anche di tante compagnie straniere: la spagnola Repsol, la francese Total, l’austriaca Omv e la norvegese Statoil. Tutti adesso devono fare i conti con Haftar per l’operatività del campo. Ed il generale, in vista della conferenza nazionale, può presentarsi con in tasca un’altra importante conquista di peso.