È questa una storia che riguarda l’Africa e per l’esattezza un Paese dell’Africa, lo Zimbabwe, la nazione con la più alta inflazione al mondo. Ma prima di addentrarci in quella che è la politica monetaria dello stato africano occorre fare delle premesse che ci permetteranno poi di comprendere meglio la situazione, dai tratti paradossali ma soprattutto tragici, in cui versa il Paese africano. Iniziamo dalla parola chiave di questa storia: inflazione.

Con il termine inflazione si intende quel fenomeno economico caratterizzato da un prolungato processo di aumento del livello generale dei prezzi che comporta una diminuzione del valore della moneta, situazione che si aggrava ulteriormente nel momento in cui le Autorità monetarie di un Paese, per fronteggiare l’emergenza, immettono sul mercato sempre maggiori quantitativi di denaro.Quando l’inflazione è nell’ordine del 4-5% annuo si parla di inflazione “strisciante”, che diventa “galoppante” invece quando sale al 15-20% annuo, ma quando poi, magari in concomitanza di eventi eccezionali come le guerre, il tasso di inflazione mensile supera il 50%: ecco che allora parliamo di “iperinflazione”.In questa situazione l’enorme quantità di moneta presente in una determinata nazione provoca un aumento smisurato dei prezzi, il disavanzo pubblico aumenta e viene finanziato con banconote di taglio sempre più elevato ma di valore reale sempre minore.Numerosi i casi di iperinflazione nella storia: dalle guerre del Peloponneso, alla Francia post rivoluzione, passando per la Germania di Weimar e la Repubblica Sociale di Benito Mussolini sino ai nostri giorni, dall’America Latina allo Zimbabwe in Africa.Nato ufficialmente nel 1980 sulle ceneri della Rhodesia e più specificamente della parte meridionale (la Rhodesia settentrionale è l’attuale Zambia), lo Zimbabwe registra come primo e unico capo di governo, dall’indipendenza ad oggi, Robert Mugabe: leader dello Zanu, partito etnico di matrice tribale shona. Il Paese all’epoca dell’indipendenza godeva dell’appoggio dell’URSS e adottò come valuta il dollaro zimbabwiano in sostituzione di quello rhodesiano, e il valore di conversione venne fissato a 1,59 dollaro locale per 1 USD.Tra il 1983 e la fine degli anni ottanta il partito di Mugabe e la sua etnia si scagliarono contro i rivali dello Zapu di etnia Ndebele con il risultato finale di consolidare il potere personale di Mugabe che nel 1987 si autoproclamò Presidente con potere esecutivo. Leadership rimasta inviolata sino ad oggi senza interruzioni.In questo contesto di affermazione della figura assoluta di Mugabe si inserirono una serie di interventi demagogici finalizzati ad accrescere ulteriormente il potere personale del dittatore e del suo entourage e una delle manovre più pregne di conseguenze fu la confisca delle terre degli ex coloni bianchi che diede inizio all’ inarrestabile declino economico del paese.La confisca doveva servire per distribuire le terre tra la popolazione autoctona, in realtà il fallimento andò oltre ogni aspettativa. La mancanza di competenza e di mezzi atti alla coltivazione portò alla distruzione delle piantagioni del tabacco, da cui derivava un terzo degli introiti delle esportazioni della nazione. E questo fattore , unito a una serie di scelte politico militari e di conseguenza economiche errate, diede il colpo di grazia al Paese.La partecipazione alla seconda guerra congolese fu ripagata dal governo di Kabila, ma il denaro e i minerali preziosi introitati dallo Zimbabwe andarono ad accrescere le ricchezze personali di Mugabe, del suo cerchio magico e degli alti esponenti delle forze armate. Così, se nel 1990 la nazione era caratterizzata da un tasso inflazionistico tutto sommato controllabile (17%), negli anni successivi precipitò in una spirale iperinflazionistica che è ben visibile nelle seguenti cifre: 1998 = 48% di inflazione, 1999 = 56,5%, 2000 = 55,22%, 2001=112,1% e sempre in crescendo.Alla Banca Centrale del Paese non rimase pertanto che stampare enormi quantitativi monetari.Nel 2006 furono stampati 20.500 miliardi di dollari per pagare il debito verso il Fondo Monetario Internazionale, oltre a ulteriori 60.000 miliardi per pagare dipendenti pubblici, soldati e poliziotti. Il livello di inflazione in quell’anno raggiunse il 1.281,11%.L’anno successivo ecco un nuovo ”colpo di genio” dell’amministrazione di Mugabe: dichiarare l’inflazione illegale. Vennero arrestate numerose persone accusate di aver aumentato i prezzi dei beni di prima necessità. L’ inflazione però non si arrestò e arrivò a superare il 66.213% su base annua.Nel 2008 Mugabe venne riconfermato Presidente dopo un periodo di violente lotte interne, e l’inflazione raggiunse il 98,01% giornaliero, che si traduce in un raddoppio dei prezzi ogni 24,7 ore.Il 12 gennaio 2009 venne introdotta la banconota da 50 miliardi di dollari, ma alla fine dello stesso mese il Ministero delle Finanze autorizzò l’uso di valute alternative straniere quali il dollaro statunitense, l’euro, il rand sudafricano, la sterlina britannica e lo yuan cinese (non a caso, se si considera che la Cina è ormai il principale Paese estero da cui dipende lo Zimbabwe: assistenza tecnica e aiuti alimentari in cambio di concessioni minerarie).Ma una svolta si ebbe lunedì 15 giugno 2015 quando il dollaro zimbabwiano cessò ufficialmente di avere corso legale e venne sostituito dal dollaro USA e dal rand sudafricano. Con cambio assurdo tra la vecchia moneta e l’Us dollar:175 miliardi di dollari dello Zimbabwe contro 5 dollari nordamericani. E il percorso di risanamento della politica monetaria del paese è proseguito il 28 novembre di quest’anno quando, facendo seguito all’annuncio di maggio che ne preannunciava l’introduzione, lo Zimbabwe ha varato le cosiddette “bond-notes” (note obbligazionarie) sorta di mini titoli di stato di piccolissimo taglio (2-5-10-20 dollari). Ma nonostante questa novità, in pochi nutrono fiducia nelle loro capacità taumaturgiche di risanare l’economia di un Paese che ha oltre 3 milioni di persone all’estero su una popolazione di circa 13 milioni di abitanti, che negli ultimi 3 anni ha visto la chiusura di circa 5.000 aziende e dove Mugabe, il più anziano Capo di Stato in carica del mondo, e fautore del disastro economico degli ultimi 25 anni, ha già preannunciato di ricandidarsi alle elezioni del 2018.





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