L’Italia è al centro del Mediterraneo, ma il Mediterraneo è al centro dell’Italia? Spesso la politica estera di Roma non è apparsa particolarmente concentrata nei confronti del “Mare Nostrum”, dovendo seguire – spesso per ragioni di natura sistemica – dossier apparsi meno prioritari rispetto a quelli più di interesse per l’Italia. Eppure il Mediterraneo, e con esso tutte le crisi e le opportunità che lambiscono questo bacino marittimo, risulta essenziale per il Belpaese quantomeno per due ragioni: perché è proprio la presenza in questo contesto a rendere l’Italia un elemento centrale rispetto al “gioco” delle potenze, e perché è da questo mare che l’Italia trae la maggior parte delle risorse in termini di fabbisogno di commerciale ed energetico, ed è dunque essenziale per la stessa sicurezza.
Il caos in Libia
Il governo uscente ha compreso da subito l’importanza di questo tema quando il viaggio di Mario Draghi in Libia – primo da premier – aveva fatto capire al presidente del Consiglio la complessità della situazione a Tripoli e dintorni. Un tuffo in una realtà estremamente caotica che aveva rappresentato l’ingresso di Draghi nella politica estera italiana e la presa di coscienza di un problema: a poche miglia dalle coste italiane esisteva (ed esiste) una sorta di bomba a orologeria in cui Roma ha perso da tempo una propria influenza. La questione libica, infatti, è forse l’esempio più eclatante del problema mediterraneo per l’Italia: perché sono proprio gli errori degli ultimi esecutivi ad aver creato le premesse per questo progressivo allontanamento del Paese nordafricano dalle logiche dei vari inquilini di Palazzo Chigi con conseguenze sia dal punto di vista della sicurezza, sia sotto il profilo meramente energetico.
La parita del gas
Ma se la Libia è il punto fondamentale su cui è necessario che si incardini qualsiasi politica estera italiana rivolta al Mediterraneo, altri e numerosi dossier rendono evidente come “dimenticarsi” o sottovalutare questo bacino marittimo risulti un clamoroso errore strategico. Dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico, in particolare sul fronte del gas, non può sfuggire che il maggior fornire di oro blu per Roma sia uno dei più importanti attori nordafricani e mediterranei, l’Algeria. Mentre nel Levante, sono proprio i giacimenti a largo di Egitto, Israele e Cipro a poter rappresentare delle chiavi rivoluzionarie per le dinamiche regionali, così come i tracciati dei gasdotti per far sì che quel gas arrivi in Europa (e in particolare anche in Italia). La sicurezza dei giacimenti e delle rotte energetiche sarà quindi un punto centrale di qualsiasi esecutivo. Questione che – come sembra- non può che essere ancora più importante alla luce della diversificazione energetica a seguito dello sganciamento dalla dipendenza dalla Russia.
Il ruolo del fronte Sud
Il Mediterraneo non è però “soltanto” gas. Se infatti il bacino marittimo inteso come specchio è essenziale che sia mantenuto in sicurezza, sono i rapporti con le forze che lo compongono, i Paesi rivieraschi ma anche i blocchi di alleanze, a risultare essenziale per il presente e il futuro del Paese. La partita, in questo caso, risulta complessa per diverse ragioni. Partendo dal “macro”, cioè dalle alleanze, la guerra in Ucraina ha certamente spostato il baricentro dell’attenzione della Nato verso est e verso nord. La frontiera con la Russia è il focus del blocco occidentale, e lo stesso allargamento a Finlandia e Svezia comporta un equilibrio che si trasferisce verso l’Artico e comunque con gli occhi rivolti a Mosca.
Il fronte sud, che è quello mediterraneo, risulta secondario. E in questo scacchiere sono altri Paesi, a iniziare dalla Turchia, ad avere strappato in questi mesi posizioni di forza negli equilibri atlantici. La Nato, e in particolare gli Stati Uniti, non hanno dimenticato il Mare Nostrum, come dimostrato del resto anche la presenza della Us Navy in diversi punti con basi e flotte: ma il punto di vista è molto diverso rispetto a quello di uno Stato che è esclusivamente mediterraneo e di frontiera rispetto all’Alleanza. Per Washington è si tratta di un enorme corridoio che collega l’Atlantico all’Oceano Indiano e alla Russia: il punto di vista dunque è quello di una superpotenza che deve tenere l’area al sicuro e libera da altri rivali. Ben diverso da chi in quel mare trae larga parte della sua sopravvivenza. Quindi la politica mediterraneo del prossimo esecutivo dovrà inevitabilmente basarsi sulla necessitò di riequilibrare il baricentro Nato verso il Sud, così come quello dell’Unione europea, che da questo mare si è molto spesso allontanato dal punto di vista politico concentrandosi su altre aree del blocco.
Il risiko con gli altri Paesi
Passando ai rapporti bilaterali, la situazione risulta altrettanto complessa. C’è innanzitutto un trattato del Quirinale che regola e rafforza la partnership con la Francia, con la quale è necessario comunque decidere una politica che non sia di sfida sotterranea e continua come avvenuto per esempio in Libia. Malta è necessario blindare i rapporti in funzione della sicurezza delle rotte e del controllo dei flussi migratori. Con l’Algeria le relazioni sono eccellenti per via delle forniture di gas e i progetti che uniscono i due Paesi, ma va risolto il nodo della Zona economica esclusiva pretesa da Algeri e che è ben diversa da quella prospettata da Roma.
Escluso il nodo libico, di cui abbiamo parlato, resta il punto interrogativo della Tunisia, in particolare per il flusso dei migranti, ma soprattutto rimane la questione aperta dei rapporti con l’Egitto, minati dalla tragica morte di Giulio Regeni. I rapporti tra Roma e Il Cairo rappresentano in questo momento un elemento forse fin troppo sottovalutato nelle logiche mediterranee dell’Italia, ma che può diventare centrale nei nuovi equilibri regionale per gli interessi strategici italiani, dal gas alla difesa. Senza dimenticare l’importanza di Suez. Risalendo il bacino orientale, non va dimenticato che proprio ripartendo dalla diplomazia del gas va messo un punto definitivo sulle idee italiane per il progetto EastMed, progetto di gasdotto di cui risulta difficile capire le idee di Roma ma da cui passano anche i rapporti con Cipro e con la Turchia. Ed escludendo la partita siriana, che è un tema su cui l’Italia appare particolarmente distante – e colpevolmente disinteressata – più a nord c’è il nodo di Ankara, con cui Roma ha avuto recenti scontri ma con cui è legata da fondamentali rapporti commerciali, energetici e in generale di sicurezza. Anche in questo caso i rapporti con la Turchia potrebbero risultare importanti non solo per la questione energetica (tra sicurezza giacimenti ciprioti e dei gasdotti che passano per il territorio anatolico), ma anche per la centralità del Paese nel delicato tema del Mar Nero e per il fronte libico (quindi anche quello dei migranti).
Più vicino ali confini italiani, c’è poi tutta la politica mediterranea che riguarda le aree adriatiche e ioniche, quindi tutta la fascia dei Balcani dalla Grecia fino a Trieste. Diversi i temi sul tavolo: dalla spartizione delle zone economiche esclusive allo sfruttamento delle risorse energetiche fino ai nodi infrastrutturali e ai rapporti diplomatici da blindare sia con Atene (specie sul fronte dell’industria navale e dell’energia) sia con tutte le capitali dei Balcani occidentali prima che altre forze, come spiegato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Macedonia del Nord, cerchino di imporre la propria sfera di influenza. La regione è ancora oggi al centro di dinamiche geopolitiche estremamente complesse, in cui Unione europea, Stati Uniti, Turchia, Cina e Russia giocano per avere una rete di interessi sempre più ramificata e in cui rischiano sempre di esplodere tensioni ami sopite dopo la caduta della ex Jugoslavia. E l’Italia non può certo dimenticare un’area che è si trova direttamente ai propri confini orientali.