Se l’Indonesia diventa preda dell’islamismo, il mondo avrà un problema molto serio con cui doversi confrontare. Purtroppo per il mondo, questa prospettiva non è così remota e l’Indonesia, negli ultimi mesi, sta confermando il sospetto sull’ascesa dell’islamismo anche in questo Stato. Un problema non di poco conto, dal momento che, con i suoi 257 milioni di abitanti, l’Indonesia è il Paese a maggioranza musulmana più popoloso al mondo. Il 90% della popolazione del Paese abbraccia la cultura sunnita, in particolare la scuola giuridico-religiosa dello Sciafeismo, ma possiede connotati particolari legati all’antichità del popolo indonesiano. Un’antichità che ha permeato la cultura islamica giunta in Indonesia e ne ha modellato i tratti fino a renderla un unicum nel mondo. Ed in questo, l’isola di Giava, la più popolosa del Paese, è paradigmatica di quanto si sia sempre vissuto in un delicato ma nondimeno stabile equilibrio fra etnie e confessioni religiose.Equilibrio che negli ultimi mesi, tuttavia, sembra dover soccombere a un proliferare di radicalismo islamico che sta minando la stabilità della civiltà indonesiana. Negli ultimi tempi, infatti, il fondamentalismo islamico è sbarcato anche in Indonesia, e ha reso il Paese una terra fertile per molti gruppi terroristici o di ispirazione fondamentalista che vogliono che l’Indonesia si trasformi in un Paese culturalmente legato al wahabismo o a un islam molto più radicale, escludendo le altre confessioni o qualunque forma di islam “impuro”.Giacarta è stata in questo periodo un esempio importante di quanto il tema religioso sia particolarmente grave nell’Indonesia contemporanea. L’ex governatore è stato condannato per blasfemia da un tribunale islamico tollerato nell’isola, e la città è stata colpita da un attentato, probabilmente suicida, in cui sono morti due poliziotti, ferite altre persone e che ha scosso la città facendola piombare nel panico. Il fatto che questi attacchi siano avvenuti in un periodo compreso tra la festa cristiana dell’Ascensione e l’inizio del Ramadan, per molti analisti non è causale: dietro vi sarebbe l’obiettivo non poco velato di fomentare la rabbia tra cristiani e musulmani, riuscendo a sconvolgere un equilibrio millenario fra le due religioni.In molti si domandano come mai in questi anni il fenomeno radicale islamico stia esplodendo in un Paese come l’Indonesia. Certamente, in questo cambiamento ha influito un apporto dall’esterno non irrilevante, che ha nel tempo cambiato il volto dell’Islam nel Paese. Questo influsso è quello proveniente dall’Arabia Saudita. Dal 1980 a oggi, la monarchia saudita ha investito milioni di dollari in un progetto di conversione culturale del Paese. Sono state circa 150 le moschee di stampo wahabita aperte in Indonesia con i fondi sauditi, oltre a un’università a Jakarta e più di cento collegi a cui sono stati forniti libri ed anche insegnanti. Le scuole di lingua araba sono cresciute esponenzialmente. Tantissime le borse di studio per i ragazzi indonesiani per farli studiare in Arabia Saudita.A conferma di quanto importante sia l’apporto saudita nel mondo indonesiano, quest’anno per la prima volta dal 1970, un monarca dell’Arabia è andato in visita ufficiale a Giacarta. Una visita che ha fruttato circa un miliardo di dollari d’investimenti nell’ambito della ricerca, ma che nel tempo potrebbe significare una crescita nelle relazioni fra Riad e Giacarta. Si parla di addirittura tredici miliardi d’investimenti sauditi possibili nel sistema scolastico e universitario indonesiano da parte dello Stato saudita, ed è chiarissimo che questi soldi non vengano dati per beneficienza, ma che implichino scelte politiche da parte indonesiana sicuramente in linea con le volontà dell’Arabia Saudita, anche e soprattutto in ambito culturale, religioso e quindi, in ultima istanza, politico.La visita del re Salman in Indonesia va certamente analizzata in questo senso come una volontà di rafforzare la presenza araba nel Paese e come una conferma di quanto stia a cuore la crescita dell’islamismo da parte di Riad, anche in chiave politica. Avere un’Indonesia dove prolifera la setta wahabita significa, a lungo termine, avere in mano il controllo di una fazione pericolosa e poter quindi avere un peso molto rilevante nella stabilità non solo dello Stato ma dell’intera regione del Sud-est asiatico. Gli ultimi attentati dimostrano come il rischio non sia remoto, e le Filippine, poco più a nord, dimostrano come non sia possibile escludere un pericolo islamista affine allo Stato Islamico anche nel Sudest asiatico. Al contrario, il proliferare di scontri etnici legati anche alle religioni potrebbe, una volta risolto il problema in Siria, creare delle solide basi per ripetere esperienza di ribellione salafita anche in altre aree dell’Asia.





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