Dopo la paralisi internazionale e la grande crisi economica e sociale interna, l’Iran torna a bussare nel suo “cortile di casa”, il Medio Oriente. Dopo l’accordo con l’Arabia Saudita su benedizione cinese, accordo che prevede la riapertura reciproca delle ambasciate ripristinando normali relazioni diplomatiche, Teheran si è nuovamente attivata nello scacchiere regionale.

Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir Abdolahian, è volato in Libano, dove è presente il grande proxy-alleato di Hezbollah. Il capo della diplomazia iraniana ha incontrato il Segretario generale di Hezbollah, Hassan Narsallah, a Maroun al-Ras, non lontano dal confine israeliano, lanciando anche avvertimenti nei confronti dello Stato ebraico sulle “accurate valutazioni della situazione da Nasrallah e la conferma che i gruppi di resistenza libanese e palestinese sono nelle migliori condizioni in cui siano mai stati” in attesa del “crollo dell’entità sionista”. Abdolahian è stato anche a Beirut, capitale di un Libano paralizzato a livello istituzionale e sprofondato in un abisso finanziario, dove ha incoraggiato “tutte le parti a eleggere rapidamente un presidente”.

Praticamente nelle stesse ore in cui il ministro degli Esteri certificava l’importanza del Libano per Teheran, il quotidiano siriano Al Watan ha annunciato la visita del presidente iraniano Ebrahim Raisi a Damasco, prima visita ufficiale di un leader politico iraniano in Siria dopo 12 anni dall’inizio della guerra. “Durante la visita di due giorni si terranno colloqui ufficiali con il presidente Bashar al-Assad, che includeranno il rafforzamento della collaborazione strategica tra i due Paesi, soprattutto in campo economico”, ha scritto il quotidiano così come riportato da Agi. Una visita che assume particolare importanza per diverse ragioni. L’Iran conferma il suo grande interesse verso la Siria e verso Assad, sostenuto sin dall’inizio del conflitto. Inoltre, vengono ribaditi gli stretti legami strategici tra Damasco e Teheran in una fase in cui l’Iran e la Siria provano a riallacciare i rapporti con il mondo arabo (il primo con i sauditi, il secondo sempre tramite Riad ma con tutto il blocco regionale). A questo proposito, nelle prossime ore è previsto un vertice in Giordania tra i ministri degli Esteri di Siria, Giordania, Arabia Saudita, Iraq ed Egitto proprio per riallacciare i legami tra Damasco, il mondo arabo e in particolare anche con il Consiglio della Cooperazione del Golfo. Pochi giorni fa a fare visita nella capitale siriana era stato il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, certificando quindi la triangolazione con Riad a sua volta sempre più vicina alle logiche cinesi.

Più a est, sempre sull’asse della cosiddetta Mezzaluna sciita, si assiste a un’altra importante mossa diplomatica: il presidente iracheno Abdul Latif Rashid è volato Teheran per un incontro con Raisi e con l’Ayatollah Ali Khamenei. Nel corso del vertice, si sono confermati gli accordi bilaterali tra Baghdad e Teheran e l’importanza delle relazioni tra i due Paesi dove forte è l’influenza iraniana soprattutto in alcuni segmenti politici e militari sciiti. Una sinergia già testimoniata dalla visita, a ottobre del 2022, del premier iracheno, Mohamed Shiaa al Sudani. In occasione dell’incontro tra Raisi e Rashid, il presidente iraniano ha attaccato gli Stati Uniti ritenendola una presenza che “sta disturbando la sicurezza della regione”, ricordando gli “interessi comuni” che legano i due Paesi mediorientali un tempo in guerra. Un segnale non secondario data non soltanto la presenza militare americana in Iraq, ma anche la situazione di isolamento in cui vive l’Iran, che al momento appare invece desideroso di ricostruire una propria sfera d’azione tra il Golfo Persico e il Mediterraneo orientale profondamente minata negli ultimi anni.

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