L’Iran può costruire la bomba atomica ma non ha, al momento, l’intenzione di farlo. Questo il messaggio lanciato da Mohammed Eslami, vertice dell’Organizzazione per l’energia atomica iraniana. Una dichiarazione che può essere letta sotto una duplice lente: da una parte come avvertimento nei confronti degli avversari regionali e internazionali, a partire da Israele, dall’altro lato come modo per dimostrare di voler scendere a patti con le potenze coinvolte nell’accordo sul programma nucleare.
Sotto il primo punto di vista, è chiaro che Teheran abbia tutto l’interesse, specialmente in questa fase, a mostrarsi in grado di produrre un proprio arsenale nucleare. Lo Stato ebraico ha più volte confermato la possibilità di colpire il territorio iraniano in caso di concreta minaccia di realizzazione di quest’arma. E l’ultima visita di Joe Biden in Medio Oriente ha testimoniato la vicinanza degli Stati Uniti all’agenda israeliana pur ribadendo la volontà da parte dell’amministrazione democratica di trovare la via di un accordo. Ribadire il fatto di avere le capacità tecniche di possedere la bomba è comunque un segnale di potenziale minaccia.
Tuttavia, e qui c’è la seconda chiave di lettura, l’apertura sul fatto di non volere andare a fondo con il programma nucleare ha un significato particolarmente importante alla luce di alcuni eventi subito successivi. Il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanani, ha detto, come riporta Irna, che l’Iran ha “studiato attentamente” la bozza proposta da Josep Borrell per riprendere il negoziato. Ha parlato di speranza, che “è possibile che nel prossimo futuro saremo in grado di giungere a una conclusione sulla scaletta temporale dei negoziati”. E ha aggiunto che “probabilmente assisteremo a un nuovo giro di trattative” il cui esito però “dipende totalmente dalla determinazione della parte americana ad evitare discussioni divaganti”. Per l’Iran, almeno secondo le aspettative di Kanani, c’è ottimismo: “Non consideriamo i colloqui come una tattica ma come una seria strategia che porterà benefici a tutti i partecipanti”. Un approccio ribadito anche dal più importante negoziatore iraniano sul nucleare, Ali Bagheri Kani, che, come riportato da Al Monitor, ha scritto su Twitter di avere condiviso proposte “per aprire la strada a una rapida conclusione dei negoziati di Vienna che miravano a risolvere la complicata situazione causata dal ritiro unilaterale e illegale degli Stati Uniti”.
Insomma, di fronte alla minaccia rappresentata dalla possibilità di costruire un ordigno nucleare, l’obiettivo dell’Iran, in questo momento, è comunque dimostrare di essere pronto a giungere a un compromesso. La strada non è facile. I colloqui di Vienna sono in un pantano, eppure qualcosa si è mosso. E forse non casualmente proprio dopo la visita di Biden in Israele e Arabia Saudita e la visita di Vladimir Putin, qualche giorno dopo, a Teheran. La Russia, al pari di altre potenze, è coinvolta direttamente nei colloqui sul programma nucleare della Repubblica islamica. E se per un certo periodo il dialogo si è interrotto è anche stato dovuto all’ostilità crescente tra Washington e Mosca palesata durante il conflitto in Ucraina.
È stato proprio Biden, attraverso una nota pubblicata in queste ore dalla Casa Bianca, a dare delle indicazioni sul rinnovato impegno americano nel trovare un’intesa sul programma nucleare iraniano. “Attraverso la diplomazia – in coordinamento con i nostri alleati e partner regionali – abbiamo sviluppato una proposta per garantire un ritorno reciproco alla piena attuazione del piano d’azione globale congiunto per garantire che l’Iran non acquisisca un’arma nucleare“, ha detto Biden. Ma è chiaro che tutto questo comporta una premessa: per gli Stati Uniti, l’impegno è che l’Iran non arrivi a possedere l’atomica. Cosa che le parole di Eslami non esclude certo a priori. E per questo il segnale lanciato da Teheran è che in questo momento non si tratti più di discutere delle tecnologie per non avere la bomba, ma semplicemente di non metterle in atto.