La dimensione virtuale è destinata ad assumere un’importanza sempre maggiore negli affari bellici e nelle guerre del domani, anche se già oggi sono una realtà diffusa e insidiosa gli hackeraggi e le trasmissioni di virus e malware ai danni di grandi corporazioni, agenzie governative e sistemi di rete delle infrastrutture strategiche.

Il perfezionamento delle armi virtuali nel prossimo futuro sarà in grado di mettere in ginocchio intere nazioni, deconnettendole dal world wide web o “spegnendo” da remoto centrali elettriche, lasciando al buio intere città in black out, ed è per questo che le principali potenze del globo stanno investendo pesantemente nello sviluppo dei dipartimenti cibernetici e nella formazione di professionisti della guerra cibernetica.

La Russia, con la legge del cosiddetto internet sovrano, ha dimostrato d’essere guidata da una visione pionieristica basata sulla prevenzione che, nei giorni scorsi, si è dimostrata realizzabile.

Gli esperimenti

A fine dicembre sono state effettuate diverse prove di disconnessione di RuNet, la rete nazionale, dall’internet globale. Secondo il governo, l’esito degli esperimenti è stato positivo e ha visto la partecipazione congiunta di agenzie governative, fornitori di servizi dell’internet locale, servizi segreti, e compagnie nazionali che lavorano nel virtuale e nelle telecomunicazioni.

Non sono stati rivelati i dettagli della simulazione, che è consistita nel verificare la sopravvivenza ed il funzionamento di RuNet privato dell’accesso al sistema globale dei nomi di dominio e non ha disturbato l’accesso alla rete degli internauti russi. L’obiettivo è stato raggiunto: nell’eventuale scenario di disconnessioni eterodirette provocate da attacchi cibernetici di grandi dimensioni, i professionisti del web e gli operatori delle telecomunicazioni russi sarebbero capaci di reagire con prontezza e garantire il funzionamento della rete nazionale.

Inizialmente i test avrebbero dovuto essere sostenuti ad aprile scorso, ma il governo aveva deciso di rimandare la data a fine anno per dare il tempo necessario a tutti gli attori coinvolti nel progetto di prepararsi e sofisticare le tecniche e le tattiche elaborate nel corso del tempo. Il temporeggiamento è stato fondamentale: ha evitato un potenziale insuccesso causato dai tempi prematuri, che avrebbe potuto gettare sia il Cremlino che gli operatori nello sconforto.

La legge dell’internet sovrano

Era da anni che a Mosca si pensava a come raggiungere la cosiddetta “autosufficienza informatica” qualora potenze ostili, forti del controllare l’accesso di gran parte del mondo ad internet, avessero deciso di “staccare la spina” al paese. L’entrata di Occidente e Russia in una nuova guerra fredda ha infine convinto i decisori politici del Cremlino a dare forma all’internet sovrano, prima come legge, poi realtà.

La legge, entrata ufficialmente in vigore lo scorso mese, è stata criticata dall’opposizione per le presunte velleità liberticide ed attribuisce all’ente governativo che gestisce RuNet, Roskomnadzor, il potere di disconnettere il paese dall’internet globale per ragioni di sicurezza nazionale. In un tale scenario, tutto il traffico internet interno verrebbe ridirezionato attraverso choke-point gestiti dal Ministero delle Comunicazioni.

Proprio quest’ultimo punto è contestato dai detrattori dell’internet sovrano, perché faciliterebbe il controllo e la lettura del flusso dei dati, ossia la sorveglianza di massa, secondo uno stile ricalcante lo “scudo d’oro” cinese, anche perché la legge contempla che gli operatori delle telecomunicazioni e i provveditori di servizi internet inizino ad utilizzare hardware appositamente realizzati da Roskomnadzor.

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