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Le relazioni internazionali nella periferia orientale del Vecchio Continente stanno venendo scosse dalle attività di un partenariato di recente costituzione che mostra grandi potenzialità ed è guidato da elevate ambizioni, quello fra Turchia e Ucraina. La relazione, che ha raggiunto un livello di interconnessione quasi-simbiotica, nasce con il benestare di Unione Europea e Stati Uniti e per uno scopo strategico preciso: la riduzione (ulteriore) dell’influenza della Russia tra Balcani, Est Europa e Mar Nero.

La sintonia e la comunanza di visioni ed interessi tra Volodymyr Zelensky e Recep Tayyip Erdogan ha contribuito in maniera significativa a completare il riempimento di un quadro la cui pittura è iniziata con Euromaidan, e, oggi, a distanza di sette anni da quegli eventi, il futuro di Kiev parla più che mai una lingua, il turco. Il legame tra i due Paesi, infatti, è stretto, solido e multisettoriale, esteso dalla religione alla politica estera, e sta generando i frutti più prelibati – e letali – in un campo specifico: l’industria bellica.

I giannizzeri dei cieli conquistano Kiev

La Marina militare dell’Ucraina riceverà in dotazione una squadra di droni militari Bayraktar Tactical Block 2 (TB2) nel corso del 2021. La notizia è stata confermata dall’agenzia di stampa Ukrinform nella giornata del 27 gennaio ed è l’evidenza – l’ennesima – della robustezza e dell’ottima salute del partenariato turco-ucraino.

I Bayraktar TB2, i giannizzeri dei cieli, hanno dimostrato letalità ed efficienza in vari teatri, anche se il vero spartiacque è stato il conflitto nel Nagorno Karabakh, e sono una delle eccellenze dell’industria della difesa turca, un prodotto firmato Baykar. Nel caso in questione, i droni serviranno a potenziare le capacità di attacco della Marina ucraina sia al suolo che nelle acque.

L’annuncio potrebbe essere collegato, ma non è detto, ad un affare risalente allo scorso novembre e riguardante l’ordinazione di cinque Bayraktar TB2 da parte delle forze armate ucraine. Il mese precedente, ovvero ottobre, i ministeri della difesa dei due Paesi avevano siglato un memorandum d’intesa per impiombare la collaborazione nella produzione bellica, mirando, tra le altre cose, alla fabbricazione congiunta di droni e aerei.

La fascinazione dell’Ucraina per i giannizzeri dei cieli non è nuova. Nel 2019, dopo una sessione di simulazione atta a testare le capacità dell’arma, il governo ucraino aveva deciso di acquistarne dodici e, inoltre, l’Ukrspetsexport veniva spronata a migliorare i legami con la Baykar allo scopo di inaugurare una produzione congiunta sul territorio nazionale.

Droni, ma non solo

La penetrazione dei giannizzeri dei cieli nelle forze armate ucraine si inquadra nel più ampio contesto del partenariato multilivello tra Ucraina e Turchia. La cooperazione negli affari militari, nell’industria della difesa e nell’aerospazio riveste un ruolo pivotale all’interno del partenariato, e i numeri lo confermano: ad oggi, gennaio 2021, i due Paesi stanno sviluppando oltre trenta progetti nei campi di cui sopra.

Nel lungo elenco vi sono attività e propositi che risaltano in maniera particolare: la produzione congiunta di Antonov An-178, la realizzazione nel cantiere navale di Okean di corvette di classe Ada con tecnologia turca, la cooperazione nell’esplorazione dello spazio extraterrestre e uno storico accordo economico, siglato lo scorso dicembre, per favorire l’interscambio e la circolazione di prodotti militari.

Le ragioni del partenariato

Ciò che la Turchia sta tentando di fare nell’ex cortile di casa del Cremlino per antonomasia è chiaro: approfondire la frattura con la Russia creatasi con Euromaidan ed accelerare la transizione dell’Ucraina nell’orbita euroamericana, ritagliandosi un ruolo di primo piano nel corso di tale processo in virtù della posizione geostrategica rivestita e del dinamismo manifestato.

Le mire turche sul Paese non sono da leggere in chiave esclusivamente antirussa, perché fanno parte di un più ampio contesto di elaborazione strategica mescolante neo-ottomanesimo, panturchismo e turanismo, che ha portato Ankara ad esporsi pesantemente in tutte quelle aree che un tempo furono sotto influenza diretta o indiretta della Sublime Porta, dai Balcani al Caucaso fino all’Asia centrale.

Se l’agenda neo-imperiale di Ankara dovesse avere successo, non soltanto l’Unione Europea si trasformerebbe in un giocatore minore nel suo stesso continente, ma anche la Russia vedrebbe significativamente ridimensionato il proprio raggio d’azione.

Le ragioni dell’Ucraina sono altrettanto pragmatiche: la Turchia può essere la chiave di volta per accelerare il processo di emancipazione dalla Russia, propedeutico all’inglobamento nell’orbita occidentale. La ricerca di collaborazioni utili al suscritto scopo ha condotto la dirigenza ucraina ad inaugurare una stagione di attivismo propulsivo presso le cancellerie delle principali potenze regionali, come ad esempio la Polonia, e potrebbe permettere alla nazione di sveltire l’ingresso nell’Ue e nell’Alleanza Atlantica.

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