Come ha riportato InsideOver il 9 ottobre scorso, l’indagine condotta dal team investigativo guidato dal procuratore John Duhram e dall’Attorney general William Barr sull’operato delle agenzie federali alle origini del Russiagate si estende e ora copre un arco temporale che interessa, per quanto riguarda anche l’Italia, anche il governo Gentiloni. Come riporta Fox News, Durham sta sondando una linea temporale più ampia di quanto precedentemente noto, secondo diversi funzionari dell’amministrazione Trump: il periodo preso in esame va dal 2016 – prima delle elezioni presidenziali di novembre – fino alla primavera del 2017, quando Robert Mueller viene nominato procuratore speciale per il Russiagate.
Su indicazione dell’Attorney general Barr, l’avvocato avrebbe inoltre ampliato la sua indagine con nuovi agenti e risorse, spiegano gli stessi funzionari a Fox News. Il procuratore Durham, detto “bulldog”, sta raccogliendo informazioni da numerose fonti, tra cui un certo numero di Paesi stranieri, tra cui l’Italia. Nel mirino, come più volte abbiamo rimarcato, c’è il docente maltese Joseph Mifsud e la sua rete di relazioni, anche con l’intelligence.
Si estende l’indagine di Durham e Barr
Nei mesi scorsi, il procuratore generale Barr ha nominato un Durham proprio per esaminare le origini dell’indagine sul Russiagate e determinare se la raccolta di informazioni sulla campagna di Trump fosse “lecita e appropriata”. Una “cospirazione” che potrebbe coinvolgere, almeno secondo gli uomini più vicini a Trump, le agenzie Usa e l’intelligence di Italia, Regno Unito e Australia. L’obiettivo dell’indagine di Washington, dunque, è quello di stabilire se il nostro governo o i nostri servizi – nel periodo dei governi Renzi e Gentiloni – abbiano collaborato con i democratici per cospirare contro la campagna di Donald Trump insieme ad Australia e Regno Unito.
La notizia che conferma l’estensione delle indagini del Procuratore Durham potrebbe avere ripercussioni anche per il nostro Paese dopo il doppio vertice romano del 15 agosto e del 27 settembre fra Barr, Durham e i vertici della nostra intelligence. Come nota Daniele Capezzone su La Verità, infatti, andare al 2017 significa includere anche il governo Gentiloni e non solo l’ultimo semestre del governo Renzi (del quale Paolo Gentiloni era peraltro ministro degli Esteri). A questo punto si comprende meglio il nervosismo di entrambi (Renzi e Gentiloni) quando, un paio di giorni fa, Giuseppe Conte, autorizzando l’incontro tra il capo del Dis Gennaro Vecchione e William Barr, spiegava di averlo fatto per cercare “nell’interesse dell’Italia di chiarire quali fossero le informazioni degli Stati Uniti sull’operato dei nostri Servizi all’epoca dei governi precedenti”. Un messaggio, nota sempre Capezzone, politicamente minaccioso per gli alleati di governo di Conte, che non hanno affatto gradito le esternazioni del presidente del Consiglio.
Conte e il nervosismo dei palazzi romani
Secondo quanto riportato da Repubblica, c’è il grande timore a Palazzo Chigi che la stampa americana possa avere tra le mani e pubblicare il report degli incontri romani del ministro della Giustizia Barr. Una “carta”, sottolinea il quotidiano, che non si trova sotto il controllo delle autorità italiane e nella quale potrebbero essere sintetizzati i contenuti degli incontri romani dello scorso agosto. Gli americani, nel frattempo, pressano il governo italiano.
Il ministro della giustizia degli Stati Uniti Barr e il procuratore Durham, infatti, potrebbero tornare presto in Italia. Lo rivela una fonte anonima dell’intelligence Usa all’agenzia di stampa Reuters, che conferma come al centro degli incontri fra Barr e i vertici dell’intelligence italiana del 15 agosto e del 27 settembre, ci fosse il docente maltese Joseph Mifsud e la sua rete – vastissima – di relazioni. In attesa che lo stesso Conte riferisca al Copasir ora guidato dal leghista Volpi.