Le auto si susseguono una dopo l’altra, sembrano quasi formare un domino dalle misteriose geometrie. Qualcuno addirittura legge un libro per ingannare l’attesa, molti guardano il cellulare o parlano al telefono. Le file per far rifornimento possono raggiungere qualche chilometro. Arrivati alla pompa di benzina, soldati dell’esercito pattugliano, armati di Kalashnikov, che non scoppino risse o che qualcuno non tenti di saltare il turno.

Da quando nel paese non vi è più la doppia circolazione dollari e lire libanesi e da quando il Libano è andato in bancarotta e i soldi nelle banche sono stati congelati, i dollari scarseggiano e senza di essi è difficile comprare molti dei beni importanti. La moneta libanese è talmente inflazionata che non viene infatti accettata quasi più da nessuna delle multinazionali che importano beni nel paese, beni come medicine o appunto la benzina. La mancanza di benzina ha creato danni collaterali enormi. Non è infatti solamente il settore dei trasporti ad essere paralizzato per assenza di carburante. Il risultato più evidente di tale penuria è l’assenza di elettricità per molte ore al giorno. In Libano, infatti si brucia ancora petrolio per produrla.

Gli errori della politica

Non solo, da anni Eléctricité du Liban, non riesce a garantire più di poche ore al giorno di corrente elettrica e tutti si sono affidati ai generatori privati che riforniscono i quartieri di elettricità. Una vera lobby che sono in parte responsabili dei mancati investimenti nel settore. La politica infatti, legata a rapporti clientelari di ogni tipo, non ha, dal dopo guerra in poi, investito in nessuno dei settori tipici di uno Stato. Non vi sono ferrovie, traghetti e la rete nazionale non riesce a garantire che poche ore di elettricità. Così facendo i politici hanno permesso alle loro clientele di riempire, in modo estremamente costoso e deleterio, il gap dovuto all’assenza dello Stato. Il denaro speso dalla Repubblica dei Cedri per alimentare questo sistema del tutto inefficiente e corrotto è responsabile di una parte consistente del debito pubblico libanese e della conseguente bancarotta. Con questi soldi si sarebbe potuto tranquillamente costruire una rete elettrica nazionale efficiente e anche impianti elettrici da fonti rinnovabili.

Eléctricité du Liban è ormai talmente indebitata da non essere più considerata solvente dai fornitori di petrolio. I politici libanesi, in primis l’ex ministro degli Esteri e genero del Presidente della Repubblica Aoun, Gebran Bassil, sono considerati i veri responsabili di questo spreco immenso di soldi pubblici per finanziare un sistema elettrico ormai del tutto decotto. In particolare Bassil, quando era ministro dell’Energia, aveva presentato un piano per ridurre tutti gli sprechi e rimettere in carreggiata la rete elettrica entro il 2014 e renderla addirittura un settore che avrebbe generato profitti entro il 2015. Il totale fallimento del suo piano lo hanno reso uno dei politici più detestati del paese. L’unica parte del piano che è stata davvero implementata, è stato quella di far arrivare delle navi turche che producono elettricità, anch’esse da pagare in dollari. Questo spreco di dollari per bruciare benzina per produrre elettricità, in un paese ricco di sole e senza dollari a seguito della bancarotta di due anni fa, ha creato il mix esplosivo che ha portato alla situazione attuale.

Quando Hezbollah e l’ex Primo Ministro sunnita, Hassan Diab hanno creato il primo governo libanese non di unità nazionale e che non coinvolgeva più i partiti filo sauditi e occidentali, la comunità internazionale ha smesso di sovvenzionare l’economia libanese a forza di prestiti che rispondevano ad interessi geopolitici e non richiedevano di riformare il sistema corrotto. Quando il vento è cambiato e l’interesse non era di certo finanziare un governo controllato principalmente da Hezbollah, l’economia libanese è crollata come un castello costruito senza alcuna fondamenta. Di colpo ci si è accorti che il paese viveva da anni al disopra le sue reali possibilità solamente perché pompato di prestiti per motivi geopolitici. Prestiti che erano necessari perché il sistema era completamente inefficiente e in mano a gruppi politici corrotti, di fatto vecchi gruppi armati della guerra civile libanese. Fino a quando i dollari continuavano ad affluire, nessun gruppo di potere ha voluto cambiare alcunché. Quando tutto è crollato, e la verità è stata evidente agli occhi di tutti, il sistema bancario ha congelato i fondi dei privati cittadini per evitare che anche la ricchezza privata lasciasse il paese.

Le incognite in vista del voto

La gente a quel punto si è ritrovata con i propri soldi congelati, con il frigo senza elettricità e senza benzina. Questa rabbia ha creato le manifestazioni di massa degli ultimi anni, manifestazioni a cui Hezbollah ha messo fine mandando per strada gente che ha minacciato i manifestanti. Se questo metodo brutale ha posto fine alle manifestazioni, il governo di Hassan Diab non è però sopravvissuto alla drammatica esplosione del nitrato di ammonio stoccato nel porto di Beirut, probabilmente da Hezbollah. Non ci sarà mai una verità giudiziaria, perché gli attuali partiti politici libanesi non hanno alcun interesse a scoprire la verità. Il governo però è caduto di fronte alla rabbia popolare seguita alla distruzione o danneggiamento di interi quartieri cristiani del centro storico di Beirut e sotto la pressione internazionale. Dopo uno stallo politico lungo un anno, è nato un nuovo governo di unità nazionale che vede coinvolti, oltre che il fronte di Hezbollah e del Presidente cristiano Aoun, di nuovo anche i partiti filo occidentali e sauditi.

Ma si tratta per ora di pura ingegneria geopolitica, perché tutti questi partiti sono considerati dai libanesi corrotti e causa del disastro. In assenza però di elezioni politiche, la comunità internazionale ha scommesso di nuovo su di loro, in attesa di vedere cosa accadrà alle prossime parlamentari. Elezioni in cui si presenteranno moltissimi nuovi partiti nati dai movimenti rivoluzionari. Movimenti, che almeno nelle grandi città, potrebbero riscuotere un certo successo. Sempre che alcune forze politiche non giochino la carta della paura degli scontri settari o religiosi. Molto più difficile, ma non impossibile, che i nuovi partiti riescano invece nelle campagne, dove i partiti tradizionali hanno creato fittissime reti clientelari. Bisogna poi vedere se gli attivisti sapranno trasformarsi in leader.

Il futuro tra incognita energetica e giochi di potere

In attesa di vedere cosa accadrà, molti libanesi benestanti, stanno investendo i loro dollari per montare pannelli solari. Il costo medio dell’operazione è sui 5000 dollari. Una cifra molto alta per la maggioranza della gente, ma che non ha impedito un autentico boom dei pannelli solari, forse anche grazie ai soldi provenienti dalla diaspora libanese nel mondo. L’energia solare infatti è la soluzione a molti problemi, perché non dipende da altro, se non dal sole.

Anche la geopolitica ha ricominciato a giocare le sue carte e nel breve tempo potrebbe alleviare un po’ la situazione. Hezbollah, pur avendo perso il suo governo e essendo stata costretta a entrare in un governo di unità nazionale, ha fatto arrivare due navi di benzina, sfidando le sanzioni internazionali su Iran e Siria, nei porti siriani e da lì via terra ha portato la benzina in Libano. Una terza nave sta partendo. L’arrivo dei camion di carburante, accolti con petali di rose, dai sostenitori del partito, ha aperto nuova una partita geopolitica nuova. Il governo americano, per non esacerbare gli animi e forse per non rovinare una futura trattativa con il governo iraniano sul nucleare, non ha fermato le navi. Ma allo stesso tempo ha lanciato un piano alternativo, che però coinvolge comunque la Siria, l’importazione di gas dall’Egitto e di elettricità dalla Giordania, attraverso una rete che attraversi Giordania e Siria. Ecco che la Siria, sotto sanzioni statunitensi, torna di fatto centrale, anche per gli stessi americani, che non possono permettersi di perdere il Libano.

Probabilmente, il nuovo governo, in cambio di alcune riforme strutturali, ma soprattutto giocando la carta degli interessi geopolitici, riuscirà a ottenere nuovamente dollari e a rallentare la mostruosa inflazione della moneta locale libanese, il cui valore non solo è crollato, ma cambia più volte al giorno sul mercato nero. Mercato utilizzato dall’intero paese per cambiare valuta straniera, visto i tassi molto più convenienti di quelli delle banche.

Bisognerà vedere se si troverà una quadratura del cerchio tra gli interessi americani, sauditi e israeliani da una parte e quelli iraniani, siriani e russi dall’altra. Certo se la geopolitica riaprisse i rubinetti finanziari, senza chiedere alla classe politica libanese di diventare efficienti e non corrotta, la crisi sarebbe solo rimandata e nel lungo termine ci troveremmo davanti a una vittoria di Pirro. Bisognerà vedere quello che accadrà alle prossime parlamentari e quali interessi la comunità internazionale vedrà come prioritari.