Adesso è ufficiale il cambio della guardia in seno all’ambasciata italiana di Tripoli. Nella mattinata di questo venerdì infatti, inizia ufficialmente la missione di Giuseppe Buccino Grimaldi presso la nostra rappresentanza diplomatica in Libia. Nominato lo scorso 12 dicembre, Buccino succede a Giuseppe Perrone che, a sua volta, inizia la propria missione a Teheran. 

L’insediamento di Giuseppe Buccino 

Dal commiato all’insediamento. Giovedì mattina sul profilo Twitter di Giuseppe Perrone, l’oramai ex ambasciatore italiano in Libia saluta ufficialmente il paese: “Oggi è il mio ultimo giorno da ambasciatore a Tripoli – scrive Perrone – È stata un’esperienza intensa. Auguro a tutti i libici successo nella loro ricerca di pace e prosperità e ringrazio anche il mio paese di avermi dato l’opportunità di servire in un posto speciale  in un momento cruciale”. Venerdì mattina invece, sempre su Twitter, l’account ufficiale della Farnesina saluta l’arrivo del nuovo ambasciatore con delle frasi dello stesso Buccino: “Ritorno in questa terra sofferente e meravigliosa con grande emozione, fiducioso nella graduale affermazione della pace, della giustizia e della prosperità”. 

Inizia dunque la missione, la quale avviene in una fase a dir poco delicata per la Libia. In primis, è da sottolineare come Buccino, proprio come il predecessore, inizia l’incarico avendo sul groppone la responsabilità di essere l’unico ambasciatore occidentale operativo a Tripoli. In secondo luogo, nella capitale libica solo da pochi giorni regge un cessate il fuoco dichiarato in seguito a nuovi scontri occorsi soprattutto nei quartieri meridionali della città. Infine, Buccino si insedia mentre insistono non poche problematiche interne al governo di Al Sarraj, quello riconosciuto dall’Onu (e dall’Italia): tra lettere di accusa da parte di tre dei nove vice di Al Sarraj allo stesso premier, proclami di boicottaggi da parte di milizie vicine all’esecutivo e tensioni lungo l’asse Tripoli – Misurata, Buccino deve confrontarsi all’interno di un quadro ancora più frastagliato. Per lui è comunque un ritorno: l’ambasciatore è nella capitale libica quale nostro rappresentante nel 2011, a poche settimane dall’uccisione di Gheddafi, e torna a Roma nel 2015. Vive dunque, in quel frangente, il periodo più nero della storia recente del paese nordafricano. 

L’importanza dell’insediamento del nuovo ambasciatore

Per l’Italia è importante tornare ad avere un nuovo rappresentante operativo in sede. La situazione appare infatti in una fase di stallo dall’agosto del 2018, quando a seguito di un’intervista rilasciata ad una tv locale, l’allora ambasciatore Perrone viene ritenuto persona non gradita dal generale Haftar. L’Italia, che in quel frangente sta riallacciando i rapporti con il generale e con le autorità che hanno sede in Cirenaica, per “motivi di sicurezza” richiama Perrone. Da quel momento la nostra ambasciata è sì aperta, ma non ha il capo missione in sede. E questo ancora durante un’altra fase cruciale, quale quella del vertice di Palermo. Uno stallo la cui risoluzione non è certo facilitata da un braccio di ferro, o presunto tale, tutto interno al governo. Ad un certo punto il ritorno di Perrone, nel frattempo non più considerato ostile da Haftar, sembra cosa fatta: a Roma, ma anche a Tripoli e Bengasi aspettano solo l’ufficialità della ripresa del suo incarico da parte dell’ambasciatore. A dicembre, a sorpresa, il consiglio dei ministri opta per un altro ritorno, quello appunto di Buccino. 

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Adesso che il nuovo/vecchio ambasciatore è insediato, l’Italia può comunque finalmente tornare a programmare in maniera più organica e sistematica le proprie attività diplomatiche in Libia. Con una conferenza nazionale libica alle porte e con la road map dell’Onu il cui percorso ancora è tutto da scrivere, Roma torna a poter vantare un proprio rappresentante a Tripoli. La presenza di un ambasciatore in carica nella capitale libica, è condizione necessaria per l’Italia per avere una decisiva ed importante voce in capitolo sul dossier riguardante il paese nordafricano. Si risolve, quanto meno, un’anomalia derivante dal fatto di essere un paese che aspira ad avere un ruolo guida ma che, di fatto, fino a poche ore fa ha un’ambasciata priva del suo ambasciatore.