Il turbante nero, uno sfondo blu alle spalle ed uno sguardo dritto e fisso verso la telecamera: si è presentato così negli studi di Al Manar, la tv molto vicina agli Hezbollah, il leader del movimento politico e para militare sciita libanese Hassan Nasrallah; il suo commento e la sua posizione erano attesi già da giorni in tutto il Libano ed è per questo che le frasi del numero uno di Hezbollah sono state seguite da nord a sud del paese, un vero e proprio discorso alla nazione fatto ad una settimana di distanza dalle dimissioni di Saad Hariri, primo ministro appartenente ad una delle principali formazioni sunnite ma a capo di un governo di unità nazionale il quale, come è risaputo, ha annunciato l’addio al suo ruolo nell’esecutivo sabato scorso direttamente da Riyadh.

La linea di Nasrallah: “Hariri è ancora il nostro primo ministro”

Seppur all’interno del governo di Hariri, i rapporti tra gli Hezbollah e lo stesso esponente sunnita non sono mai stati idilliaci; tutt’altro, spesso proprio le frizioni e le distanze tra il rampollo della ricca famiglia Hariri e gli sciiti del ‘Partito di Dio’ hanno comportato momenti di grave tensione politica e di instabilità, come quando ad esempio per due anni la carica di Presidente della Repubblica è rimasta vacante. Ma è anche vero che soltanto con il riavvicinamento tra le due parti, si è giunti allo sblocco della crisi: quando nel 2016 Hariri ha deciso di tornare in patria da Riyadh, ha accettato l’accordo per l’elezione del maronita (ed alleato degli Hezbollah) Michel Aouncome presidente; allo stesso modo, grazie proprio allo sblocco del nodo presidenziale, si è potuto formare quindi un governo da affidare alla componente sunnita guidata da Hariri con all’interno gli Hezbollah e tutte le altre fazioni che compongono questo piccolo ma variegato paese del Mediterraneo.

Un accordo fragile per un sistema altrettanto fragile: è per questo che, nel suo discorso, Hassan Nasrallah non ha dato una tanto attesa ‘spallata’ ad Hariri, bensì lo ha ancora anzi definito come primo ministro in carica. “Le sue dimissioni non sono reali – ha tuonato il leader degli Hezbollah – Per noi lui è ancora il capo del nostro governo e credo che tutte le forze politiche debbano chiedere con forza il suo ritorno nel paese”; nessun attacco quindi specifico ad Hariri, Nasrallah non lo cita espressamente nel discorso ma fa intendere come, secondo il proprio pensiero, il capo dell’esecutivo libanese potrebbe anche essere cascato in una ‘trappola’ ordita a Riyadh. Ad alimentare questi sospetti, anche il mistero sulla sorte dello stesso Hariri, il quale viene dato da alcune fonti come ‘imprigionato’ nella capitale saudita mentre, da altre parti, viene ritenuto libero ma impossibilitato a lasciare il regno dei Saud.

Le accuse rivolte contro i sauditi

Hassan Nasrallah poi, tira fuori nel suo discorso i rapporti con l’Arabia Saudita; in particolare, indica proprio nei vertici sauditi i responsabili del nuovo clima teso che si sta instaurando nel paese, così come sembrano esplicite le accuse al ruolo di Riyadh nell’apertura di una pericolosa crisi politica in Libano. “Dobbiamo difendere la nostra autonomia ed evitare le ingerenze straniere nei nostri affari – ha argomentato in diretta tv Nasrallah – Ciò che sta facendo l’Arabia Saudita è frutto della sua volontà di aprire un nuovo fronte contro l’Iran destabilizzando il paese. La monarchia dei Saud vuole sfogarsi in Libano perché non può affrontare chi già le ha inferto gravi sconfitte altrove nella regione”. Il leader di Hezbollah, durante il suo discorso, è quindi tornato più volte sulla necessità di evitare ulteriori tensioni e continuare invece l’esperienza del governo di unità nazionale presieduto da Saad Hariri.

I sauditi, nel pensiero di Nasrallah, sembrano dunque il nemico numero uno il quale viene considerato più pericoloso anche della stessa Israele; questa parte del discorso del capo degli sciiti libanesi non è passata inosservata nel paese ebraico, tanto da essere riportata in un articolo di Hareetz: “L’Arabia Saudita – ha tuonato Nasrallah – nell’aprire un nuovo fronte di guerra vuole che Israele compia il lavoro sporco in Libano, sapendo che loro non sono in grado di fronteggiare nuove battaglie”; la prospettiva, in tal senso, appare dunque rovesciata, stando almeno nella ricostruzione che ha voluto fornire in diretta tv l’esponente principale del Partito di Dio libanese. In particolare, Tel Aviv risulterebbe in questo caso non come principale attore che ha forte interesse nel destabilizzare il paese dei cedri, bensì come mero esecutore materiale di volontà espresse da Riyadh. L’ultima parte del discorso, è stata poi dedicata ad una vera difesa dalle accuse mosse dai Saud nei giorni scorsi sul ruolo di Teheran nelle vicende politiche libanesi: “Quando dichiarato dai sauditi negli ultimi tempi – riporta Haaretz riprendendo le ultime frasi del discorso di Nasrallah – è falso: è vero che l’Iran ha una certa influenza nel nostro paese, ma per via dei rapporti pluridecennali tra Beirut e Teheran; al contrario dei sauditi però, gli iraniani non si intrometterebbero nei nostri affari interni”.

“Siamo pronti alla guerra”

Il citare Saad Hariri come l’attuale primo ministro in carica, sembra avere una duplice valenza per Hassan Nasrallah: da un lato infatti, si vuol presentare il movimento Hezbollah come garante dell’unità nazionale tanto da invocare l’alleanza con le altre forze politiche affinché il premier sunnita possa tornare presto nel paese dei cedri; dall’altro, il leader degli sciiti libanesi sembra voler far ricadere eventuali episodi di tensione nella mera responsabilità dei sauditi, rei secondo Nasrallah di aver orchestrato ad arte la destabilizzazione del quadro politico di Beirut per facilitare un intervento armato israeliano. In effetti, proprio lo spettro ed il precedente del conflitto sorto tra Tel Aviv ed Hezbollah nell’estate 2006 è stato più volte citato e preso in considerazione: “Anche undici anni fa – ha dichiarato Nasrallah – è stata l’Arabia Saudita a volere la guerra; se vogliono di nuovo lo scontro armato, noi siamo pronti”.

Al fianco quindi di toni concilianti con la fazione sunnita del paese, nel discorso del leader di Hezbollah emerge anche l’avvertimento circa il fatto che il suo movimento sarebbe ben consapevole di quanto sta avvenendo in queste ore e, di conseguenza, sarebbe anche pronto ad ogni eventuale escalation;  il rumore dei tamburi di guerra quindi, appare essere sempre più forte in Libano come nell’intero medio oriente: nelle scorse ore, anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha fatto esplicito riferimento alla necessità di “lavorare affinché si eviti un nuovo devastante conflitto nella regione”, segno dunque che tra provocazioni ed avvertimenti la tensione nel paese dei Cedri sta tornando nuovamente ai livelli degli anni più bui vissuti da questa piccola nazione affacciata sul Mediterraneo.

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