Gerhard Schröder, titolare della cancelleria tedesca dal 1998 al 2005, verrà ricordato dalla posterità come l’ultimo alfiere della Ostpolitik. Architetto del Nord Stream, seguace della tesi sulla cosiddetta “Gerussia“, insofferente verso l’egemonia americana e tra i più grandi critici della politica estera di Angela Merkel, Schröder è realmente considerabile l’ultimo eurasiatista con residenza a Berlino.

Pur avendo dismesso i panni del politico da oltre quindici anni, l’ex cancelliere continua ad essere attivo nel dietro le quinte del palcoscenico internazionale e a difendere con ardore quella che fu, e che è, la sua weltanschauung. Intervistato recentemente da un quotidiano tedesco, il Rheinische Post, Schröder ha parlato dello stato attuale delle relazioni russo-tedesche, del Nord Stream 2 e di Aleksei Navalny, e spiegato perché è nell’interesse della Germania (e dell’Europa) trattare la Russia amichevolmente e sforzarsi di comprenderne aspirazioni e rivendicazioni.

Partner, non avversari

L’intervista all’ex cancelliere tedesco è stata pubblicata dal Rheinische Post il 30 gennaio e merita di essere riproposta al pubblico italofono nelle sue parti essenziali. Schröder è categorico e la sua posizione intransigente: la Russia “non dovrebbe essere trattata come un avversario, ma come un potenziale collaboratore”, e la Germania dovrebbe lasciare che essa sviluppi e maturi genuinamente, e senza costrizioni e/o pressioni esterne, “la propria identità e la propria forza economica”.

Una Russia forte trasmette paura a prima vista, anche in ragione dei suoi trascorsi storici con le potenze europee e delle sue dimensioni geografiche, ma Schröder è un ferreo sostenitore della necessità storica di trasformare in realtà l’incubo mackinderiano di un asse simbiotico tra Berlino e Mosca, un legame basato sulla perfetta complementarietà tra il complesso tecnologico-industriale tedesco e le ricchezze sterminate del sottosuolo russo e che avrebbe il potenziale di ri-baricentrare le relazioni internazionali a favore dell’Europa.

I tedeschi, secondo l’ex cancelliere, avrebbero consapevolezza dell’errore politico e storico della Merkel di amalgamare l’agenda estera europea per Mosca con quella statunitense: “Gli attacchi alla Russia non riflettono l’opinione della maggioranza”.

Completare il Nord Stream 2

Il completamento del Nord Stream 2 si inserisce nel contesto della costruzione della Gerussia, di un’unione tra Germania e Russia. Il potenziamento del gasdotto, sostiene Schröder, è da ultimare ad ogni costo, al di là delle pressioni provenienti dagli Stati Uniti e da una parte stessa dell’Unione Europea, perché “garantirà l’approvvigionamento energetico delle prossime generazioni” e faciliterà la transizione verde.

La Germania “taglierebbe il ramo su cui è seduta” arrendendosi alla campagna lobbistica messa in moto dall’amministrazione Trump ed ancora in corso, e, inoltre, prosegue l’ex cancelliere, commetterebbe un pessimo affare qualora accettasse di sostituire il gas russo con il liquefatto statunitense. Quest’ultimo, a detta di Schröder, sarebbe “dannoso per l’ambiente, più costoso” e di bassa qualità.

Non interferire

L’intervista verteva su temi di stretta attualità, perciò all’ex cancelliere è stata posta anche una domanda su Aleksei Navalny. Schröder, però, ha mostrato totale indifferenza nei confronti dell’argomento e del personaggio, dicendosi più interessato “alle questioni fondamentali che alle discussioni del giorno”. Aggirando l’ostacolo, o meglio affrontandolo a proprio modo, l’ex cancelliere ha rammentato al pubblico una delle norme basilari delle relazioni internazionali: il principio di non ingerenza negli affari interni altrui.

La lezione di Schröder riassunta in quella breve ma eloquente risposta, è di importanza fondamentale: è precisamente a causa di quella che il politologo Samuel Huntington definiva l'”arroganza occidentale”, ossia la propensione innata del blocco euroamericano ad intromettersi nelle sfere d’influenza altrui, che le relazioni tra Occidente e Russia sono ai minimi storici e il caso Navalny è una delle tante dimostrazioni di ciò.

Se la Germania e l’Europa accettassero la naturalità e l’inevitabilità delle differenze, un riavvio concreto e dall’impatto durevole con la Russia sarebbe possibile. L’alternativa al riconoscimento (e alla valorizzazione) delle mutue differenze – è un’evidenza lapalissiana – è un rapporto incardinato su un antagonismo antieconomico, su un contenimento eterno e intrinsecamente pericoloso per la pace mondiale e, ultimo ma non meno importante, sul perpetuamento della condizione di dipendenza del sistema-Europa dagli Stati Uniti.

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