DA STOCCARDA – Dopo lo scandalo Volkswagen, dopo la crisi della Deutsche Bank ancora in corso, un altro simbolo del capitalismo tedesco subisce un durissimo colpo. Ma questa volta non è solo una questione di soldi, non è solo un brand ad avere perso di prestigio. Questa volta ci sono dei morti. La locomotiva tedesca continua a crescere, ma sempre più a strappi, senza armonia. E questa crescita ha un prezzo. Macina diseguaglianze sempre più profonde, povertà diffusa e una competizione sfrenata che, in questi ultimi anni, hanno favorito l’ascesa di partiti anti-sistema. La Germania sta cambiando volto, e molto rapidamente. Si illudono quelli che credono che sia una fase transitoria.Due morti, sei feriti gravi e due dispersi. Questo il tragico bilancio dell’esplosione avvenuta ieri mattina al quartier generale della più grande industria chimica al mondo, la BASF, a Ludwigshafen, cittadina a circa ottanta chilometri da Francoforte. La polizia ieri ha invitato gli abitanti del luogo a restare in casa, chiudere porte e finestre, chiedendo a viaggiatori e automobilisti di tenersi lontani dalla zona. Fonti ufficiali riferiscono di alcuni casi di problemi respiratori. La polizia ha diffuso sui social media due numeri telefonici da chiamare in caso di emergenza.Le fiamme levatesi dallo stabilimento intorno alle 11:30, dopo una lunga lotta proseguita fino alle 10 di sera, sono ora completamente estinte. Lo ha riferito questa mattina un portavoce della polizia di Ludwigshafen. Oltre 160 vigili del fuoco erano accorsi sul luogo per fronteggiare l’emergenza. Una colonna di fumo nero alta un centinaio di metri si era levata sul luogo dell’esplosione, facendo temere un disastro ambientale di vaste proporzioni. Quattordici impianti erano stati spenti per ragioni di sicurezza.Fra i feriti dell’esplosione a Ludwigshafen, sei sarebbero ricoverati in ospedali in gravi condizioni, mentre diversi altri sarebbero feriti in modo leggero. La causa dell’esplosione pare essere legata a dei lavori a una pipeline. Quanto alle sostanze chimiche che hanno preso fuoco, si tratta di etilene, utilizzato per produrre solventi e isolanti, e propilene, usato per le vernici delle auto.L’incidente è avvenuto nel porto fluviale di Ludwigshafen, usato per lo scarico di gas liquido e liquidi infiammabili. Una seconda esplosione, indipendente dalla prima, era avvenuta alle 8:30 a Lampertheim, un altro stabilimento della BASF, lasciando quattro persone ferite. Si parla in questo caso dell’esposione di un filtro. Anche qui l’impianto è stato fermato. Non ci sarebbe, secondo quanto riferito dalla BASF, una relazione fra i due incidenti. L’ipotesi del terrorismo sembra essere esclusa dalla polizia.La BASF è il più grande colosso chimico al mondo e impiega un totale di 122mila lavoratori in diversi Paesi. A Ludwigshafen, teatro dell’esplosione di ieri, gli impianti dell’industria coprono un’area di circa 10 chilometri quadrati dando lavoro a 39mila dipendenti. In seguito all’esplosione, sono state oltre 20mila le persone coinvolte dalle misure di sicurezza fra Ludwigshafen e la vicina città di Mannheim. Secondo quanto riportato ieri, rilevazioni compiute sul posto portano tuttavia ad escludere il rischio di fumi tossici presenti nell’aria.Non è la prima volta che Ludwigshafen, cittadina di 160mila abitanti sulle rive del Reno, viene investita da un incidente mortale. Solo due anni fa ci fu un’altra esplosione, in prossimità degli impianti della BASF. La compagnia Gascade stava facendo uno scavo vicino a una pipeline quando avvenne un’esplosione di gas. Bilancio di quell’incidente: un morto e venti feriti, con diverse abitazioni nei dintorni completamente bruciate dalle fiamme. Risalendo indietro nel tempo, nel 1921 ci fu l’ennesima esplosione di un impianto della BASF, questa volta a Oppau, un sobborgo di Ludwigshafen. Il risultato fu una strage: 561 morti e 2.000 feriti.





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