L’Ecuador ha scelto la continuità: nel decisivo ballottaggio delle elezioni presidenziali, infatti, il candidato della formazione governativa Alianza PAISLenin Moreno ha prevalso di stretta misura sull’esponente dell’opposizione conservatrice Creando Oportunidades Guillermo Lasso, succedendo così al suo compagno di partito Rafael Correa, di cui era stato in precedenza vicepresidente dal 2007 al 2013.Se già il primo turno aveva visto lo svolgimento di una grande manifestazione di partecipazione da parte dei cittadini ecuadoregni, oltre l’80% dei quali si era recato alle urne, nel secondo turno il trend è stato ampiamente confermato: oltre 100.000 elettori in più si sono recati alle urne per decidere il futuro Presidente della Repubblica, portando il numero totale di votanti sopra i 10,5 milioni e l’affluenza all’82,98%. Moreno ha prevalso con il 51,15% delle preferenze, sopravanzando di poco Lasso che si è fermato al 48,85%. L’Ecuador, dunque, vedrà una successione al governo tra due esponenti del “socialismo del XXI secolo” e conoscerà la successione di Moreno a Correa, leader della Revolucion Ciudadana che è dunque riuscito a tirare la volata al suo delfino nonostante le numerose ombre gettate sul futuro dell’esperienza governativa di Alianza PAISdalle conseguenze della recente recessione economica, che secondo alcuni commentatori come Andres Schipani del Financial Times avrebbero potuto consegnare il successo finale a Lasso. Moreno, 64 anni, si troverà dunque a guidare l’Ecuador in una delicatissima fase di transizione e avrà il compito di rilanciare l’azione del governo di Quito, dando continuità a un processo che ha visto il Paese conoscere, nell’ultimo decennio, una diminuzione dei tassi di povertà dal 36,5% al 22,5%, una crescita media annua dei redditi pro capite dell’1,5%, un calo dell’Indice di Gini sulla disuguaglianza salariale da 0,55 a 0,47 e, caso raro e significativo per uno Stato latinoamericano, un relativo, per quanto sicuramente non definitivo, arretramento della corruzione sistemica. Oltre a questo la sua elezione alla presidenza dell’Ecuador porta con sé diversi motivi di rilevanza legati alla personalità del vincitore del ballottaggio e al contesto delicato che si trova oggi a vivere l’America Latina.L’ascesa di Moreno, infatti, ha suscitato molto scalpore a causa dell’apparente contrasto che poteva apparire, a prima vista, tra la grande forza trasportatrice del nuovo Presidente ecuadoregno e la sua, apparente, debolezza fisica. Moreno, infatti, è tetraplegico e costretto a vivere su una sedia a rotelle dal gennaio 1989, quando rimase vittima di una sparatoria al termine di un tentativo di rapina, ma ha sempre saputo far fronte con coraggio alla sua malattia, spendendosi in prima persona per garantire che nel sistema sociale e sanitario del suo Paese venissero introdotti adeguati istituti previdenziali per i disabili. Il Presidente-eletto è stato nominato per il Premio Nobel per la Pace nel 2012 a causa della sua attività, proseguita anche dopo l’addio alla vicepresidenza nel 2013 come inviato speciale delle Nazioni Unite. “La solidarietà”, diceva Moreno nel 2012 ” intesa non come elemosina ma come riconoscimento degli altri come uguali, è un pilastro fondamentale per avviare l’inclusione sociale”: inclusione che ora sembra più che mai rappresentata dalla vittoria alle elezioni di Moreno, come scritto dal corporate media latinoamericano TeleSur.Oltre al forte impatto emotivo della vittoria di Moreno, è importante sottolineare la valenza internazionale del voto in Ecuador, che ha rappresentato la prima occasione di riscatto per i movimenti populisti progressisti latinoamericani dopo i rovesci elettorali in Venezuela e Argentina e la defenestrazione a tinte fosche di Dilma Rousseff in Brasile. In precedenza si era scritto su Gli Occhi della Guerra della rilevanza che l’esito delle elezioni nel Paese avrebbe avuto per il resto del continente: la concomitanza tra l’ascesa di Moreno e la parallela manifestazione di una nuova, preoccupante crisi in Venezuela e di forti tensioni in Paraguay rende bene l’idea della delicatezza del periodo presente per tutta l’America Latina.Al Venezuela, e al suo Presidente Nicolas Maduro in particolare, Lenin Moreno dovrà guardare con attenzione, prendendo esempio per i suoi primi mesi di governo dalla travagliata storia recente della Repubblica Bolivariana: nonostante la narrazione della crisi venezuelana sia tendenzialmente a senso unico e siano state ignorate alcune, timide mosse dell’esecutivo che hanno mostrato l’esistenza di una volontà politica interna al governo, le responsabilità personali del successore di Hugo Chavez nell’aggravamento della crisi del suo Paese nel corso dell’ultimo triennio sono palesi e innegabili. Moreno, succedendo a Correa, dovrà evitare di ripetere il “peccato originale” di Maduro, eletto nel 2013 sulla scia del cordoglio per la morte di Chavez con una maggioranza ancora più risicata della sua: la manifestazione continua di una volontà politica “divisiva” mirante solo al mantenimento del proprio consenso personale, a scapito dei tentativi di unificazione di intenti con la metà del Paese animata da ideali o istanze diverse. L’incapacità di Maduro di presentarsi come un vero e proprio leader nazionale fa sentire ancora i suoi effetti nell’attuale crisi venezuelana, e in Brasile Dilma Rousseff, sul lungo termine, ha pagato a caro prezzo le difficoltà incontrate nella conciliazione delle varie anime del Paese. Moreno, terzo “delfino” a salire al potere in America Latina, si trova nelle stesse condizioni di partenza: vincitore di stretta misura in un contesto politico fortemente polarizzato e necessitato all’imposizione di un cambiamento notevole nell’azione governativa. “Uomo nuovo” dell’America Latina, egli potrebbe nei prossimi tempi rappresentare l’ago della bilancia degli equilibri politici del continente: un suo successo potrebbe dimostrare la capacità delle forze politiche del “socialismo del XXI secolo” di “farsi sistema” e garantire continuità al governo; un appiattimento eccessivo sulla figura di Correa, invece, potrebbe rappresentare pregiudizievole per il futuro proseguimento della Revolucion Ciudadana.
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