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(Il Cairo) L’Egitto ha poche ragioni per festeggiare quest’anno nella giornata internazionale di tolleranza zero contro la mutilazione genitale femminile.

Un gran numero di bambine del popoloso Stato arabo continuano ad andare sotto i ferri, anche se il Cairo ha fatto grandi sforzi per eliminare questa pratica, specialmente nelle aree rurali, dove la mutilazione genitale viene praticata sulle bambine in quasi tutte le case.

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“Siamo assolutamente decisi a mettere fine a questo fenomeno, poiché è la cosa più brutale e dannosa che possiamo fare alle nostre figlie,” ha detto Azza al-Ashmawi, segretario generale del Consiglio nazionale per l’infanzia e la maternità, un’agenzia statale che difende i diritti di madri e bambini. “Nonostante i progressi compiuti in molti campi nel nostro Paese, la mutilazione genitale femminile continua a essere diffusa e rappresenta una sfida che tutti noi dobbiamo affrontare”.

Le statistiche ufficiali lo mostrano chiaramente. Un sondaggio del 2016 del National Population Council, responsabile dello sviluppo delle politiche demografiche, ha rilevato che uno sconcertante 92% delle donne tra i 15 e i 45 anni è stato mutilato.

Il sondaggio mostra inoltre che il 61% delle ragazze fra i 15 e i 17 anni ha subito l’esperienza della mutilazione genitale. I dati degli anni successivi non sono molto diversi, anche se le autorità sostengono che le continue campagne di sensibilizzazione stanno provocando un cambiamento di mentalità nei confronti di tale pratica.

La mutilazione genitale femminile è più diffusa nelle zone rurali, dove è strettamente legata al concetto di castità. Gli abitanti delle campagne egiziane tendono a credere che una donna mutilata sia più casta di un’altra che non ha subito lo stesso intervento.

Ma queste sono credenze che si stanno dimostrando fatali. Alcune delle ragazze del Paese muoiono a causa dell’intervento. Nel 2013, una ragazzina di 13 anni è morta nella città si Mansura, sul delta del Nilo, dopo che i suoi genitori l’hanno costretta a subire la mutilazione dei suoi genitali. Tre anni dopo un’altra ragazza è morta nella città di Suez, vicino all’omonimo canale, a causa della stessa procedura. Questi sono solo i casi riportati dai media.

Nel 2008, L’Egitto ha emesso una legge per vietare la mutilazione genitale femminile. Questa legge stabilisce una pena detentiva che va dai tre mesi ai due anni, o una sanzione alternativa dalle mille (circa 56 dollari) alle 5mila sterline egiziane (circa 284 dollari).

Nel 2016, il presidente in carica  Abdel Fattah al Sisi ha inasprito le sanzioni per il coinvolgimento nella mutilazione genitale femminile. La modifica introdotta alla legge ha reso questa pratica punibile con un periodo di reclusione dai cinque ai sette anni.

L’Egitto fa parte di una serie di Paesi in cui la mutilazione femminile è ancora dilagante, nonostante gli appelli delle organizzazioni internazionali per porre fine al fenomeno.

Quest’anno il ministero della Salute ha organizzato una serie di attività per dissuadere i genitori dal costringere le proprie figlie a questa terribile esperienza

La campagna ha messo in luce i profondi effetti psicologici della mutilazione genitale sulle ragazzine. Gli specialisti del ministero volevano mostrare che la sofferenza psicologica associata all’operazione dura tutta la vita per queste ragazze, e permane molto più a lungo del dolore fisico provocato dalla mutilazione dei genitali. 

“Dobbiamo mettere fine a questo crimine contro le donne”, ha detto il ministro della salute Hala Zayed il 6 febbraio, durante la speciale cerimonia organizzata dal suo ministero in occasione del giorno di tolleranza zero contro la mutilazione genitale femminile.

Anche le istituzioni religiose sono state coinvolte. L’università di Al-Azhar, uno dei principali centri d’insegnamento religioso dell’islam sunnita, e i più alti funzionari religiosi dell’Egitto stanno parlando alle televisioni e organizzando speciali eventi per dissuadere il pubblico dal portare avanti questa pratica. Il messaggio che questi funzionari vogliono far arrivare è che la mutilazione dei genitali femminili non ha niente a che fare né con la moralità, né con la religione, qualunque religione.

Amr Hassan, relatore speciale del National Population Council, ha detto che la mutilazione genitale è un’esperienza che le donne non dimenticano mai, e che le accompagna per il resto delle loro esistenze. “Le persone devono capire che questa procedura non comporta alcun tipo di beneficio medico”, ha detto Hassan. “Al contrario, causa indicibili danni psicologici alle ragazze e le può condurre alla morte.”