Le “trame” romane del Russiagate e l’inchiesta di John Durham

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L’indagine sulle origini del Russiagate condotta dal Procuratore John Durham è tutt’altro che finita nel dimenticatoio e nelle prossime settimane potrebbero esserci degli importanti sviluppi. Sì, il presidente Usa Donald Trump e molti repubblicani avrebbero voluto che le conclusioni della sua inchiesta emergessero prima delle elezioni del novembre scorso. Poi ci si è messo di mezzo il Covid-19, che ha rallentato tutto, prima che lo stesso Trump concedesse la grazia a George Papadopoulos, nome che fa tremare le mura di Palazzo Chigi e riaccendesse i riflettori su una vicenda tutt’altro che chiusa. Nei giorni scorsi, il dimissionario Attorney general William Barr ha spiegato al Wall Street Journal  che il “Dipartimento di Giustizia è stato usato come arma politica” dai nemici di Trump, ossia un “gruppo di persone ostinato, anche se piccolo”, che ha utilizzato la presunta collusione russa nel tentativo di “far cadere un’amministrazione”. Barr spiega di aver nominato Durham nella primavera del 2019 al fine di ristabilire “uno standard di giustizia”. “Ovviamente i russi hanno fatto cose cattive nelle elezioni”, dice. “Ma l’idea che ciò sia stato fatto con la collusione della campagna di Trump – non c’è mai stata alcuna prova. Era interamente inventato”. Il Paese, ha sottolineato Barr, “merita di sapere in che modo le principali agenzie governative sono arrivate a prendere di mira e spiare una campagna presidenziale”.

“Durham? Sta facendo passi significativi”

Barr ha poi rivelato che John Durham “sta facendo passi significativi” nella sua indagine. È bene ricordare che Durham è ora autorizzato a indagare su chiunque possa aver violato la legge in relazione alle attività di intelligence, controspionaggio o forze dell’ordine dirette alle campagne presidenziali del 2016, individui associati a tali campagne e individui associati all’amministrazione del presidente”. Durham, l’avvocato del Connecticut che indaga sul “complotto” contro la sua Campagna presidenziale, è stato peraltro nominato da Barr Procuratore speciale nelle scorse settimane. Questo cosa significa? Di fatto Barr “ha blindato” l’indagine di Durham: la legge, infatti, prevede che i Procuratori Speciali possano essere licenziati solo in alcuni casi specifici e molto rari come cattiva condotta, inadempienza dei doveri, conflitto di interessi o altre violazioni delle politiche del Dipartimento di Giustizia. John Durham potrà usare anche materiale declassificato

Secondo la legge, il consulente legale speciale deve produrre un “rapporto confidenziale” e gli viene ordinato di “presentare al Procuratore generale un rapporto finale e i rapporti intermedi che ritiene appropriati in una forma che consenta la diffusione pubblica”. Un passo importante? Assolutamente sì, come spiega ad InsideOver Chris Blackburn, analista ed esperto di intelligence: “La scoperta di risorse della Cia impiegate per essere ritratte come spie russe per giustificare una campagna di spionaggio illegale è stata sconvolgente per gli osservatori neutrali. Gli americani sono giustamente indignati dall’ingerenza dell’FBI nella campagna presidenziale del 2016. Il lavoro di Durham doveva essere protetto. C’è stata una campagna mediatica per minare il suo lavoro. Ora non può essere licenziato e il suo lavoro non può essere fermato” afferma.

Che ora qualcosa bolla in pentola lo dimostra inoltre il fatto che il 22 dicembre la Casa Bianca ha autorizzato il procuratore speciale Durham a utilizzare informazioni riservate “ove lo ritenga necessario”, nell’ambito della sua indagine. Come spiega l’Epoch Times, la mossa impedisce alle agenzie della comunità d’intelligence di esercitare un diritto di veto sulla possibilità che informazioni classificate possano essere presentate a un grand jury incaricato dallo special counsel (procuratore speciale). Prima della nomina di Durham, gli stessi poteri erano stati conferiti al procuratore generale Barr (ora dimesso) in un memorandum emesso per la prima volta dal presidente Trump nel maggio 2019: “Il procuratore generale è autorizzato a utilizzare informazioni riservate come ritenga necessario, in relazione alla sua revisione, anche in un grand jury o altro procedimento”, riporta la nota.

Simona Mangiante: “Profondamente grati a Trump”

Come spiegato poc’anzi, la grazia che Trump ha concesso a George Papadopoulos interessa da vicino le trame capitoline del Russiagate. Secondo la ricostruzione ufficiale, il docente maltese della Link Campus Joseph Mifsud, ad oggi scomparso, disse a Papadopoulos di aver appreso che il governo russo possedeva “materiale compromettente” (dirt) su Hillary Clinton “in forma di e-mail”. A quel punto l’ex consulente del presidente avrebbe ripetuto tali informazioni all’alto Commissario australiano a Londra, Alexander Downer, che a sua volta riferì tutto alle autorità americane. Da qui, il 31 luglio 2016, partirono le indagini dell’Fbi sui presunti collegamenti tra Trump e la Russia, accuse che in seguito si sono dimostrate inconsistenti. Che cosa c’entra l’Italia? È lo stesso Papadopoulos a ricostruire il suo arrivo a Roma alla Link Campus e il suo incontro con Mifsud nel suo libro Deep State Target. È il 12 marzo 2016. Come ricordava poi La Stampa lo scorso febbraio, proprio a Roma, il 3 ottobre 2016, si era svolto un incontro segreto e cruciale tra gli investigatori dell’Fbi e il loro informatore britannico Christopher Steele, autore del famoso rapporto sulle presunte relazioni pericolose fra Trump e il Cremlino. Steele, ricorda La Stampa, dopo la carriera nell’intelligence, aveva successivamente fondato una sua agenzia investigativa, la Orbis, e in tale veste aveva conosciuto Michael Gaeta, assistente legale presso l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma.

Come racconta ad InsideOver Simona Mangiante, avvocato e moglie di Papadopoulos, anche lei al centro del Russiagate, “il presidente Trump è stato molto chiaro riguardo l’ingiustizia subita da mio marito George, target del deep state e dei servizi di intelligence che hanno preso di mira la sua campagna elettorale. Per cui la grazia ricevuta, di cui siamo entrambi profondamente grati, non è stata completamente una sorpresa”. Secondo Simona Mangiante, la mossa di Trump “è un messaggio chiaro: la storia vissuta da mio marito e collateralmente anche da me – coinvolta come testimone e manipolata come ‘spia russa’ – non è ‘cospirazione’ e tantomeno un film di James Bond, è la realtà di una operazione di spionaggio senza precedenti per sovvertire il processo democratico – la grazia concessa e ricevuta significa che la partita non è ancora chiusa”. Infatti, la nomina di John Durham come Procuratore speciale, spiega Mangiante, “è di una importanza fondamentale – la corruzione continuerà ad essere esposta a perseguita. I ‘misteri’ del Russiagate non saranno gettati nel dimenticatoio”. E Joseph Mifsud? Dove si trova?:  “La risposta sarà chiarita insieme alla posizione dell’Italia in questa vicenda. Non demordiamo” spiega.

La domanda è sempre la stessa: dov’è Joseph Mifsud? Roh: “Pensiamo sia vivo”

È dal 31 ottobre 2017 che del professore Joseph Mifsud non si ha ufficialmente traccia. Come ha successivamente stabilito un’inchiesta della Verità, il misterioso docente maltese della Link è rimasto nascosto per qualche mese ad Esanatoglia, nelle Marche, ospite di Alessandro Zampini, compagno di Vanna Fadini (Gem), società che gestisce tutti i servizi e paga gli stipendi ai dipendenti della Link Campus. Come ha poi rivelato una fonte anonima a Panorama, il docente maltese era in Italia fino a marzo 2018, a Roma, in un bell’appartamento ai Parioli.

Mifsud, intanto, ad essere cercato anche nel nostro Paese e non solo per gli strascichi di quanto avvenuto nel corso della campagna presidenziale Usa del 2016. Come si sa, il professore maltese è indagato dalla procura di Agrigento per presunte “spese folli” attuate durante il suo periodo passato al timone del consorzio universitario della città siciliana. Una vicenda risalente a quasi un decennio fa, visto che Mifsud è stato presidente dell’ente universitario dal 2009 al 2013. In quegli anni, secondo le accuse mosse dagli inquirenti agrigentini partite dagli esposti di alcuni ex componenti del Cda dello stesso consorzio, il professore avrebbe usato denaro pubblico per proprie esigenze private oppure per finanziari viaggi solo ufficialmente istituzionali. Una vicenda su cui si sta cercando di fare luce, ma in cui sono sorte non poche difficoltà delle indagini proprio perché Mifsud al momento è introvabile. Anzi, nel dicembre 2019 una fonte vicina alla procura di Agrigento ha dichiarato ad InsideOver che, tra le stanze del tribunale siciliano, l’idea è che il professore maltese difficilmente in futuro potrà essere ascoltato: “All’80% Mifsud è morto – è stato il commento raccolto a dicembre dal palazzo di giustizia agrigentino – Non si hanno sue notizie da anni”. L’avvocato Stephan Roh, al contrario, spiega a InsideOver che probabilmente il docente è vivo: “Non sappiamo dove sia Mifsud. Noi pensiamo che sia vivo – non abbiamo informazioni diverse, nemmeno dalla sua famiglia”. Vivo o morto, il mistero rimane. E negli Stati Uniti il procuratore speciale Durham vuole andare fino in fondo. Questa volta davvero.