L’economia del Kashmir ha subito danni per oltre un miliardo di dollari da quando il governo di Nuova Delhi ha revocato, nel mese di agosto, lo statuto di autonomia della regione. Questo è quanto è stato riferito dalla Camera di Commercio e dell’Industria del Kashmir (KCCI), che ha inoltre aggiunto di non essere in grado di determinare, a causa del blackout delle comunicazioni imposto dall’India, la vera entità delle perdite subite dal sistema produttivo, di certo più alte di quanto stimato ed incaricherà dunque un’agenzia esterna per raggiungere questo scopo. La crisi economica della regione è stata determinata non solamente dalle restrizioni alle comunicazioni interne da parte di Nuova Delhi ma anche a causa dei limiti imposti ai viaggi nel Kashmir ed al massiccio afflusso di soldati indiani nell’area che, oltre a causare gravi danni al settore turistico, hanno contribuito ad innalzare la tensione con la popolazione civile e con i gruppi di ribelli separatisti attivi in loco.
Gli ultimi sviluppi
Il Kashmir è conteso e diviso tra India e Pakistan dal 1947 e Nuova Delhi ha dovuto affrontare, nel corso degli ultimi decenni, la ribellione dei gruppi di separatisti nella porzione di territorio sotto il proprio controllo. Le autorità indiane hanno accusato Islamabad di supportare direttamente gli insorti ma le autorità pakistane hanno sempre negato parlando, piuttosto, di un appoggio morale. L’esacerbarsi delle tensioni nella regione, a partire dalla data della soppressione dell’autonomia del Kashmir decisa da Nuova Delhi il 4 agosto del 2019, ha portato a 5161 arresti preventivi, stando a quanto riferito dal governo indiano. Tra queste persone ci sono politici locali, imam, separatisti e lanciatori di pietre contro le forze di sicurezza di Nuova Delhi ed alla fine di novembre 609 arrestati si trovavano ancora in carcere. I piccoli segnali di normalizzazione, come la riapertura della Gran Moschea di Srinangar, chiusa per quattro mesi e mezzo e considerata una roccaforte del sentimento anti-indiano, non riescono comunque a mutare un quadro generale che non è dei migliori. Altri luoghi di culto e moschee locali hanno comunque dovuto sopportare periodi di chiusura durante gli ultimi mesi e queste dinamiche rischiano di infiammare ancor di più i fedeli del Kashmir.
Le prospettive
La difficile situazione del Kashmir ha anche provocato un pericoloso aumento delle tensioni tra India e Pakistan: il 16 dicembre, ad esempio, le forze indiane hanno riferito una violazione del cessate il fuoco da parte di Islamabad in seguito all’esplosione di colpi di arma da fuoco e di colpi di artiglieria nel territorio sotto il proprio controllo. Questi episodi, in realtà, sono tutt’altro che rari ma hanno conosciuto, nel corso del 2019, una vera e propria accelerazione.
Una vera e propria soluzione per il Kashmir, che possa anche normalizzare i rapporti tra India e Pakistan, sembra dunque ancora molto lontana e le prospettive che possa essere indetta una consultazione referendaria in loco per determinare il futuro della regione, come consigliato dalle Nazioni Unite nel 1948, appare pura fantapolitica. La guerra fredda (che ha comunque prodotto diversi, brevi conflitti tra le due nazioni) tra Nuova Delhi ed Islamabad pare così destinata a proseguire.