Huawei, Zte, Hikvision. E ancora: China Telecvoms, China Mobile e Avic. I più importanti colossi tecnologici della Cina sono finiti nella lista nera degli Stati Uniti, sempre più preoccupati che il Dragone possa usare una delle sue aziende per attentare alla sicurezza nazionale americana. Dietro alla crociata di Washington, in realtà, c’è molto altro.
Intanto la Casa Bianca – e questo è il merito di Donald Trump – ha capito che i cinesi sono rivali, tanto politici quanto commerciali. L’America ha pensato per anni di aver raggiunto un livello ormai inarrivabile per chiunque altro. È toccato alla Cina risvegliare lo Zio Sam dal suo mondo parallelo, sbattendogli in faccia una realtà ben diversa. In certi campi della scienza e della tecnologia, come ad esempio il 5G, il primato non è più nelle mani degli americani ma in quelle dei cinesi.
Come ha fatto Pechino a diventare una superpotenza in così poco tempo? Questa è un’altra storia. Per il momento ci limitiamo a fare luce su alcuni jolly del gigante asiatico, su tutti Huawei, e su come, attraverso pratiche non sempre trasparenti (spesso borderline), siano riusciti a prendersi il primato.
Un pericolo per la “sicurezza nazionale”
Per capire l’attuale pericolo percepito dagli Stati Uniti, basti pensare che la Commissione federale Usa per le comunicazioni ha designato le compagnie cinesi Huawei e Zte come vere e proprie “minacce per la sicurezza nazionale”. “Come risultato – ha affermato il presidente della Commissione statunitense, Ajit Pal, tramite il proprio profilo Twitter – le compagnie di telecomunicazioni non potranno impiegare il denaro dal nostro Fondo per i servizi universali da 8,3 miliardi di dollari per la strumentazione e i servizi prodotti o forniti da queste società”.
Ma non è finita qui, perché, pochi giorni fa, il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha stabilito che 20 delle più grandi società cinesi, tra cui la solita e immancabile Huawei, sono di proprietà o supportate dall’esercito cinese. Secondo quanto riportato da Fox News, l’elenco comprende anche la società di videosorveglianza Hikvision, China Telecoms, China Mobile e Avic. Questa dichiarazione potrebbe gettare le basi per nuove sanzioni finanziarie statunitensi contro le aziende. Tra l’altro, tutto questo, è arrivato dopo che gli Stati Uniti hanno fatto pressioni su altri paesi, incluso il Regno Unito, per vietare Huawei per motivi di sicurezza nazionale.
Secondo la legge degli Stati Uniti, il dipartimento della Difesa è tenuto a monitorare le società “possedute o controllate” dall’Esercito popolare di liberazione della Cina che sono attive negli Stati Uniti. L’obiettivo esplicito di Washington è quello di fermare l’ascesa di Huawei e dei campioni cinesi; quello implicito, invece, riguarda la corsa al 5G. Il colosso di Shenzen ha bruciato la concorrenza americana in una manciata di anni e questo, per gli Usa, è uno smacco difficile da digerire.
Sia chiaro: impedire a Huawei di sviluppare il 5G significherebbe anche sferrare un duro colpo alle ambizioni militari e strategiche di Pechino. Anche perché, oggi, le reti 5G hanno tre chiari leader: Nokia, Ericsson, Huawei. A differenza di quanto successo negli Stati Uniti, il gruppo cinese è presente in Europa da tempo. Ma, a differenza dei due principali concorrenti, è soggetto a possibili restrizioni governative legate ai dubbi sulla sicurezza, proprio come accaduto nel Regno Unito.
Cavallo di Troia e spionaggio
La storia di Huawei Tech Investment Co. Ltd ha insospettito non poco il governo americano. Il colosso delle telecomunicazioni di Shenzen è accusato di essere una sorta di Cavallo di Troia del governo cinese e, quindi, di dipendere dalle logiche del Partito Comunista cinese. Chiaramente l’azienda ha sempre respinto ogni accusa, dichiarando di non aver alcun legame con i vertici del potere di Pechino. Eppure, l’installazione delle reti di nuova generazione 5G portata avanti da Huawei, ha fatto scattare i campanelli di allarme nei corridoi del Pentagono.
Il pericolo non è più soltanto commerciale ma soprattutto militare. Scavando nel passato di Huawei, scopriamo come l’azienda abbia seguito, nell’indifferenza generale, sette regole auree che l’hanno resa una superpotenza. L’impresa è stata fondata nel settembre 1987 da Ren Zhengfei, un ex ufficiale dell’Esercito popolare di liberazione. Stando a un’inchiesta pubblicata dal Wall Street Journal, per anni, nel mondo del business, la compagnia ha utilizzato società ombra o nomi falsi per mescolare le carte in tavola e oscurare ogni collegamento tra le sue filiali operanti oltre la Muraglia e il quartier generale di Shenzen.
La segretezza e l’impermeabilità sono diventati due pilastri a sostegno dell’operatività della società. Già, perché un discreto numero di sedi Huawei dislocate nel mondo, sono difese quasi come se fossero bunker militari. Ma è solo quando parliamo di mercato che entra in gioco lo spionaggio cinese. Per conquistare fette di mercato sempre più consistenti, Huawei ha messo sul tavolo prodotti tecnologici a prezzi ridotti rispetto alla concorrenza, anche il 20-30% in meno. Molti di questi prodotti, in un primo momento, erano plagiati da altri già esistenti; emblematico il caso del router Cisco, talmente identico a quello sfornato da Huawei da avere i medesimi virus informatici.
Non solo: nei primi anni di espansione, il colosso di Shenzen ha inviato diverse spie all’interno delle compagnie rivali. Un parente del fondatore Ren, ha raccontato ancora il Wall Street Journal, lavorava a Motorola e lì sarebbe riuscito a rubare un discreto numero di segreti industriali, poi utilizzati poi per sviluppare i prodotti Huawei. Dulcis in fundo, coloro i quali sono riusciti a rubare i contenuti top secret ai concorrenti sarebbero stati ricompensati a dovere dalla stessa azienda cinese. Infine, un’altra regola seguita dalla creatura di Ren Zhengfei per prosperare, è stata quella di reclutare gli ex dipendenti dei rivali.
Il risultato, oggi, è sotto gli occhi di tutti. Huawei è un gigante che può contare su un fatturato di oltre 100 miliardi di dollari. Ed è anche per questo motivo che gli Stati Uniti non hanno più alcuna intenzione di offrire assist alla Cina e ai suoi gioielli di famiglia. Il ban di Trump, seguito da altri atti burocratici, ha ridimensionato le ambizioni di Huawei. Ma il colosso di Shenzen è pronto per disputare il secondo tempo. La guerra tecnologica è appena iniziata.