Non si placa la crisi politica che sta colpendo la Polonia e che vede contrapposti da un lato l‘esecutivo sovranista di Legge e Giustizia, rieletto dai cittadini polacchi nell’ottobre del 2019 e dall’altro diversi esponenti dell’apparato giudiziario, l’opposizione politica e le istituzioni europee. La causa scatenante di questa contrapposizione è legata alle riforme dell’apparato giudiziario promosse da Varsavia che, secondo i detrattori, minerebbero l’indipendenza e l’autonomia di un sistema cardine per la salute della democrazia polacca. Secondo l’esecutivo di Legge e Giustizia, invece, queste riforme sono necessarie per potenziare la lotta alla corruzione e rendere l’apparato giudiziario più efficiente.

Riforme contestate

Tra le misure più contestate c’è quella, adottata nel 2018, che consente alla Camera Bassa (Sejm) del Parlamento (controllata dal partito di governo) di nominare i membri di un consiglio che elegge poi i giudici. Questa misura è stata condannata da una risoluzione della Corte Suprema che definisce non sufficientemente indipendenti e non qualificabili come giudici i nominati da questo consiglio. Ha suscitato scalpore anche un’altra misura, approvata dalla Camera Bassa, che prevede sanzioni disciplinari per quei giudici che mettano in discussione le riforme in materia decise dal governo e che è stata severamente criticata dal Presidente della Corte Suprema Malgorzata Gersdorf. La proposta di legge era stata bocciata dal Senato polacco ma il veto della Camera Alta è stato superato da un nuovo vuoto del Sejm ed ora si attende solamente la firma del Capo di Stato Andrzej Duda, anch’egli membro di Legge e Giustizia, affinché questa legge possa entrare in vigore.

Una crisi con l’Europa

Le riforme dell’esecutivo di Varsavia hanno anche suscitato le  critiche della Corte di Giustizia dell’Unione europea e più in generale il Paese è sottoposto, insieme all’Ungheria, alla procedura sanzionatoria prevista dall’articolo 7 del Trattato dell’Unione Europea e che potrebbe portare alla sospensione del diritto di voto della Polonia in seno alle istituzioni comunitarie. La situazione, dunque, è più seria di quanto potrebbe sembrare e la contrapposizione tra la nazione dell’Europa orientale e Bruxelles è molto forte e potrebbe generare conseguenze impreviste. Se da un lato, infatti, la Polonia è un membro decisamente importante della famiglia comunitaria e sembra improbabile che azioni radicali possano essere decise nei suoi confronti è anche vero che, qualora non ci siano novità, Bruxelles dovrà adottare sanzioni a suo carico.

A livello domestico, invece, la contrapposizione tra maggioranza, giudici ed opposizione sembra destinata a non trovare una sua risoluzione: le elezioni parlamentari di ottobre del 2019 hanno riconfermato in carica l’esecutivo sovranista e l’unica speranza, per l’opposizione, sono le consultazioni presidenziali previste per il 2020. Il Capo di Stato uscente, Andrzej Duda, è dato per favorito, al primo turno, dai sondaggi ma al ballottaggio potrebbe succedere di tutto. Małgorzata Maria Kidawa-Błońska, candidata per il partito di centro-destra Piattaforma Civica, dovrebbe riuscire ad affrontare Duda al secondo turno ed il vantaggio dell’esponente di Legge e Giustizia sull’avversaria sarebbe veramente minimo. Nella migliore delle ipotesi per l’opposizione, cioè una vittoria di Piattaforma Civica alle presidenziali, si andrebbe comunque a generare una coabitazione di certo non facile tra il nuovo Presidente della Repubblica e l’esecutivo sovranista di Varsavia ed anche in questo non mancherebbero, con tutta probabilità, le tensioni interne.