Il re di Giordania, Abdullah II, ha lanciato un chiaro messaggio a Israele: se annetterete la Valle del Giordano, scoppierà un conflitto. Il monarca si riferiva ovviamente al piano israeliano avvallato dal Governo Netanyahu–Gantz appena instauratosi che prevede l’annessione di una parte della Valle del Giordano sulla base di quanto previsto dall’Accordo del secolo americano. I due leader hanno di recente trovato un accordo per procedere entro l’estate all’espansione territoriale israeliana, minando secondo diversi esperti il processo di pace con la controparte palestinese.
Nonostante il recente acuirsi delle tensioni tra Israele e Giordania, i rapporti tra i due Paesi non sono mai stati semplici, soprattutto da quando il regno è passato nelle mani di Abdullah II e Israele in quelle del premier Netanyahu.
L’accordo di pace del ’94
La Giordania è stato uno dei Paesi che nel 1948 si è opposto alla nascita dello Stato israeliano, facendosi fin dal principio paladino della causa palestinese e accogliendo nel proprio territorio un alto numero di rifugiati. Ad oggi, infatti, più della metà della popolazione giordana ha origine palestinese e circa 2 milioni di abitanti sono registrati come rifugiati della guerra del ’48 o loro discendenti. I rapporti tra Giordania e Israele hanno segnato una prima normalizzazione solo nel 1994, quando i due Paesi hanno firmato un accordo di pace tuttora in piedi. L’accordo ha anche comportato la restituzione da parte dello Stato israeliano di due aree di confine appartenenti alla Giordania e occupate fin dal 1948 dagli israeliani. La monarchia giordana aveva però concesso a Israele l’affitto dell’area per 25 anni, ma il contratto non è stato più rinnovato e dal 2019 i contadini israeliani hanno perso il diritto allo sfruttamento dell’area.
C’è da dire che l’allora premier Netanyahu non ha dato grosso peso alla questione, dimostrando come il re fosse più alla ricerca di un consenso interno per mettere almeno in parte a tacere il malcontento dei sudditi, cavalcato dall’opposizione e dai Fratelli Musulmani. La maggioranza della popolazione giordana infatti non ha mai sostenuto l’accordo di pace con Israele, ritenendolo sì un male necessario, ma pur sempre un male. Il trattato di pace e l’avvio delle relazioni bilaterali avrebbe dovuto portare dei vantaggi a entrambi i Paesi, ma non è stato così in tutti gli ambiti. A livello di sicurezza, Israele fa affidamento sul ruolo della Giordania nel contenere la popolazione palestinese presente nel Regno, mentre la Giordania riceve supporto nella lotta al terrorismo dall’intelligence israeliana. I due Paesi avrebbero dovuto anche implementare i rapporti commerciali, ma su questo fronte i risultati raggiunti sono stati piuttosto scarsi. Stessa situazione per il dossier acqua: Israele avrebbe dovuto costruire un sistema di canali per alleviare la siccità che caratterizza la Giordania, ma il progetto non ha mai visto la luce. Nonostante ciò, fino ad oggi l’accordo di pace tra i due Stati è rimasto in piedi ma l’espansione israeliana – come confermato dagli esperti della Difesa – rischia di metterne seriamente in pericolo la tenuta.
Gli scontri recenti
A minare i rapporti tra Israele e Giordania in tempi recenti è stato prima di tutto lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme e il riconoscimento di quest’ultima quale capitale dello Stato ebraico. La mossa non è piaciuta al re Abdullah, ma la monarchia giordana può fare ben poco contro gli Stati Uniti a causa della forte dipendenza del Regno dagli aiuti internazionali e principalmente statunitensi. La situazione è però peggiorata con la presentazione dell’Accordo del secolo redatto dagli Stati Uniti e che mette definitivamente fine alla creazione di due Stati, come invece richiesto da sempre dalla Giordania. Il Piano inoltre prevede che chiunque possa pregare nei luoghi sacri presenti a Gerusalemme, andando contro la decisione della Giordania che prevede che solo i musulmani possano pregare ad Haram al-Sharif (o Monte del Tempio). Il recente annuncio della preparazione per l’annessione di una parte della Valle del Giordano ha ovviamente messo ancora più in pericolo la tenuta dei rapporti tra Israele e Giordania. Senza contare che la decisone ha anche fornito all’opposizione interna giordana un ulteriore pretesto per attaccare la monarchia, che a inizio anno aveva già dovuto fare i conti con manifestazioni popolari contro la stipula dell’accordo per l’acquisto di gas da Israele.
Tuttavia una rottura dei rapporti avrebbe conseguenze negative per entrambi i Paesi, considerata l’importanza delle loro relazioni a livello prima di tutto di sicurezza regionale. Il Regno hashemita si trova in una situazione particolarmente delicata e se Israele dovesse procedere con l’annessione non solo metterebbe a repentaglio la pace con la Giordania, ma darebbe anche assist ai Fratelli Musulmani che guidano l’opposizione interna al re Abdullah II.