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La Cina, duramente colpita dalla pandemia di Covid-19. sarà probabilmente la prima grande potenza mondiale a rialzare la testa dopo lo tsunami causato dall’emergenza sanitaria. Pechino è stata colpita per prima ed i danni economici causati dalla diffusione del morbo sono stati consistenti: il Paese, però, ha saputo reagire e dopo mesi molto duri sembra pronto a ripartire.

Questa condizione permette alla Repubblica Popolare Cinese di avere un vantaggio strategico sui principali competitor internazionali e di poter pensare di realizzare alcuni importanti obiettivi di politica estera. Tra questi, senza dubbio, c’è la risoluzione della complessa vicenda di Taiwan. Pechino considera da sempre Taipei una provincia ribelle, non ne riconosce la personalità internazionale e ha spinto per il ritorno dei secessionisti tra le braccia della madrepatria. Gli Stati Uniti, che storicamente hanno agito come contrappeso ed hanno tutelato lo status di Taiwan, potrebbero invece essere troppo impegnati a gestire l’epidemia di Covid-19 per intervenire in difesa dell’isola secessionista.

Rapporti tesi

La grave emergenza sanitaria in corso non ha contribuito a rasserenare le relazioni bilaterali. Le autorità di Taipei hanno accusato Pechino di aver impedito la partecipazione dei rappresentanti dell’isola alle riunioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, di aver trasmesso all’organizzazione false informazioni sul numero di infetti a Taiwan e di aver impedito che Taipei potesse avere accesso alle informazioni più aggiornate sul virus. Pechino ha respinto le accuse al mittente ma, al tempo stesso, ha aumentato la pressione militare su Taiwan: per ben due volte nel mese di febbraio ed una volta nel mese di marzo, infatti, i jet militari di Taipei sono stati costretti ad alzarsi in volo per respingere dei velivoli militari cinesi che si trovavano a ridosso dell’isola.

Il rischio di uno scontro frontale tra le parti non è immediato, anche perché Taipei non avrebbe alcun interesse nell’imbarcarsi in una guerra persa in partenza. La disparità delle forze in campo è manifesta e senza qualche tipo di aiuto esterno, che in questo momento potrebbe non arrivare, Taiwan sarebbe destinata a soccombere in breve tempo.

Le prospettive

In caso di conflitto la sopravvivenza di Taipei è legata alla capacità di Washington di intervenire nello Stretto di Taiwan e di bloccare o dissuadere Pechino dall’attaccare l’isola. Il Covid-19 potrebbe però impedirlo: gli Stati Uniti sono tra i più colpiti dalla pandemia e potrebbero non volere o non riuscire a mobilitarsi. L’effetto paradossale del coronavirus, dunque, potrebbe essere quello di rinforzare la posizione di Pechino in ambito mondiale e regionale: la Cina si potrebbe ritrovare, per qualche mese, priva di avversari e pertanto in grado di compiere anche mosse azzardate.

La Russia, che al momento sembra meno colpita dal virus, non avrebbe comunque alcun interesse nel difendere Taiwan mentre l’Unione europea  vive una fase di crisi esistenziale ed ha dimostrato in più occasioni quanto sia poco capace di imporsi in ambito internazionale. La sottomissione politica di Taipei potrebbe poi essere solo il primo di una serie di obiettivi strategici cinesi: le gravi difficoltà a cui sembra destinata l’India, che non sembra in grado di contenere il morbo, potrebbero spingere Pechino a guardare verso sud ed a penetrare direttamente nella sfera d’influenza indiana in Asia meridionale ed a rafforzare la sua proiezione strategica nel Mar Cinese meridionale.

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