Il primo turno delle elezioni presidenziali uruguaiane si è concluso con un nulla di fatto e la contesa elettorale verrà così decisa nel ballottaggio, che avrà luogo il 24 novembre. Daniel Martinez, candidato del Fronte Ampio, una variegata coalizione politica che va dai cristiano-democratici alla sinistra radicale, ha ottenuto il 38,6 per cento dei consensi mentre Luis Lacalle Pou, del Partito Nazionale (di tendenze centriste) si è fermato al 28,2 per cento dei suffragi. Più distanziati Ernesto Talvi, membro del Partito Colorado (centro-destra) e l’ex generale Guido Manini Rios, di Cabildo Apierto (destra radicale) che hanno conseguito rispettivamente il 12,1 ed il 10,7 per cento dei voti. Il Fronte Ampio, che governa il Paese dal 2005, ha anche perso la maggioranza al Senato ed alla Camera dei Deputati dove ha ottenuto 13 senatori su 30 e 41 deputati su 99. Questi dati, riferiti al 98 per cento dei suffragi scrutinati, rischiano di rivelarsi problematici per il futuro politico della coalizione progressista, che potrebbe trovarsi in difficoltà. Un referendum in materia di sicurezza, svoltosi nello stesso giorno delle consultazioni, non ha invece incontrato la maggioranza dei consensi popolari. L’iniziativa avrebbe introdotto l’ergastolo per alcuni reati gravi, il divieto di liberazione anticipata per i crimini più seri ed avrebbe portato alla formazione della Guardia Nazionale.

La destra è unita

Il Partido Colorado e Cabildo Abierto appoggeranno, al ballottaggio, Luis Lacalle Pou andando così a creare un vero e proprio fronte conservatore che si rivelerà un avversario ostico per Martinez, ex sindaco della capitale Montevideo. Il Fronte Ampio ha garantito all’Uruguay un lungo periodo di stabilità interna ed ha introdotto riforme progressiste in ambito sociale, come la legalizzazione della cannabis ma i crescenti problemi di sicurezza e criminalità hanno causato dei problemi all’esecutivo e fomentato la crescita delle opposizioni di destra. L’aumento degli omicidi nel Paese, 414 nel 2018 con un incremento del 45 per cento rispetto all‘anno precedente, ha di certo pesato sulla performance elettorale del Fronte Ampio ma anche l‘economia stagnante, con un’inflazione al 7.5 per cento ed un tasso di disoccupazione al 9 per cento non ha di certo aiutato. Nulla a che vedere, ovviamente, con la gravissima crisi che sta colpendo la vicina Buenos Aires e che ha portato alla detronizzazione del presidente liberale Mauricio Macri ed alla vittoria dei peronisti di Alberto Fernandez ma, in ogni caso, le prestazioni economiche si rivelano da sempre un argomento chiave delle campagne elettorali.

Le prospettive

Il vento politico uruguaiano sembra soffiare nella direzione di un cambiamento al vertice e Daniel Martinez dovrà essere particolarmente convincente per riuscire a sfuggire alla morsa del centro-destra che, unito dietro Lacalle Pou, sembra destinato a vincere il ballottaggio delle presidenziali. I partiti conservatori possono anche contare sulla maggioranza dei seggi in entrambi i rami del Parlamento e questo faciliterà, qualora riescano a vincere la presidenza, il passaggio delle leggi volute dalla nuova amministrazione. La crisi della sinistra latinoamericana è sempre più forte e la formula magica trovata dal Fronte Ampio, una sintesi di posizioni progressiste moderate e radicali, sembra non funzionare più, dopo anni di successi. Brasilia e Washington potrebbero così aver trovato un nuovo alleato politico sulla scena regionale e rafforzare così la propria presa sull’America Latina salvo le sempre possibili sorprese che potrebbero scaturire dal secondo turno elettorale.

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