Tra aprile e maggio, la Francia, come noto, deciderà il suo futuro con un’elezione per il presidente che sarà certamente un unicum nella storia costituzionale francese. E certamente, allo stato attuale, l’unico elemento a dominare la scena politica transalpina è l’incertezza. Un’incertezza dettata dalla particolarità dei candidati, dalla novità di un probabile ballottaggio fra il Front National e il nuovo partito En Marche!, e dettata in via primaria dal crollo, stando ai sondaggi, dei partiti tradizionali. Non a caso, l’attenzione dei media si è ormai concentrata naturalmente sui due candidati principali, Le Pen e Macron, di fatto relegando il fronte gaullista e il partito socialista a una posizione subalterna come mai era successo nella storia francese.Ad aumentare l’incertezza sul futuro francese è un’altra tornata elettorale, troppo spesso dimenticata, che invece avrà un peso specifico fondamentale sulla tenuta del sistema politico nazionale: le elezioni legislative. L’11 giugno e il 18 giugno, infatti, la Francia sarà chiamata a rinnovare l’Assemblea Nazionale. E mai come quest’anno, questo voto potrebbe essere così decisivo sul futuro del presidente che uscirà vittorioso dalle elezioni di aprile-maggio.Nelle legislative precedenti, i voti scaturiti dal doppio turno hanno sempre portato ad un’Assemblea Nazionale sostanzialmente affine al Presidente eletto. Vi sono stati casi di Primi Ministri di un partito diverso da quello del Presidente, ma i casi sono stati rari e comunque si facevano rientrare in un dialogo fra gaullisti e socialisti cui la Francia è da sempre abituata. In sostanza, al netto della particolarità di avere un presidente di un partito e un premier di un altro, il fatto che la scelta fosse sempre fra due soli partiti, portava inevitabilmente il dibattito su un livello già conosciuto e su campi già battuti. Si rimaneva comunque nella storia del cosiddetto arco costituzionale.Questa coabitazione fra centrodestra e centrosinistra è stata da sempre possibile grazie al sistema elettorale delle legislative francesi. Il sistema maggioritario a doppio turno ha infatti per sua natura la conseguenza di avvantaggiare i partiti con il maggiore radicamento sul territorio. Ed i partiti con maggiore radicamento sul territorio sono chiaramente UMP e Partito Socialista. E questi due partiti, pur non uscendo vittoriosi dalle presidenziali, potranno sempre contare su una rete di conoscenze, clientele, voti di scambio, che li condurranno certamente a portare molti deputati all’Assemblea. Pertanto, anche in caso di vittoria lepenista o di Macron, comunque i voti dei deputati di centrodestra e centrosinistra risulteranno decisivi per ogni progetto di legge di natura presidenziale.Quest’idea di parlamento “balcanizzato” si sta sempre più facendo largo nel dibattito interno ai partiti e ancora oggi non si riesce ad avere ben chiaro quale possa essere il futuro del sistema politico di Francia. Attualmente, l’unico partito ad aver siglato un patto elettorale per le legislative è l’UMP di Fillon, che unito ai modesti liberali, può contare su un accordo chiuso per quasi tutti i collegi di Francia. Più difficile la situazione per il Partito Socialista, che tenta in ogni modo di attrarre a sé la sinistra radicale di Mélenchon, ma che ha potuto soltanto ottenere una magrissima consolazione grazie all’accordo siglato con i Verdi. Il Front National e En Marche!, dal canto loro, non possono contare su alleanze territoriali tali da permettere di ottenere la vittoria in buona parte dei collegi.Una prima conseguenza di questa situazione è che ad oggi, l’unico tra i candidati presidenti che possa ottenere anche una solida maggioranza parlamentare è François Fillon. Tuttavia, essendo il suo nome ormai considerato subalterno sia a Marine Le Pen che a Macron, l’ipotesi sembra da scartare. Una seconda conseguenza, ben più importante, è invece quanto inciderà l’Assemblea sui programmi del Presidente eletto. Per fare un esempio più concreto, in caso di vittoria della Le Pen, l’uscita della Francia dall’Europa sarà quasi impossibile, dovendo passare per una riforma costituzionale che vedrebbe le barricate di tutto i deputati guallisti, socialisti e centristi.Proprio per evitare questo scenario, Emmanuel Macron ha già parlato di alleanze future per poter governare. A tal proposito, la scelta di En Marche! di decidere i candidati alle legislative soltanto dopo le presidenziali, depone nel senso di una possibile convergenza con altri partiti. Questo perché Macron ha compreso che alle legislative il clientelismo e le reti locali contano molto più del nome del candidato presidente o del voto di pancia. La presenza di candidati storici in determinati collegi garantisce quasi certamente la vittoria, e quindi esclude, conseguentemente, la novità portata dai lepenisti e dai macronisti. Il rischio, in buona sostanza, è che il primo Presidente “di rottura” per la Francia, risulti essere quello con meno potere della storia repubblicana, e sarà costretto ad abbandonare molti dei sogni con cui sarà eletto all’Eliseo.
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