Un ordine per promulgare una serie di “schemi di processo” su “operazioni militari diverse dalla guerra” oltre i confini della Cina. Lo ha messo nero su bianco il presidente cinese Xi Jinping, come riportato dall’agenzia di stampa Xinhua, specificando che tali “schemi” (o linee guida) puntano a proteggere la vita e la proprietà delle persone, salvaguardare la sovranità nazionale, la sicurezza e la salvaguardia alla pace mondiale, nonché alla stabilità regionale.
La notizia è passata in sordina sulla stampa internazionale, eppure meriterebbe quanto meno un’analisi, se non altro, per la sua tempistica. La firma dell’ordine di Xi è arrivata infatti nel bel mezzo delle tensioni internazionali figlie della guerra in Ucraina e a distanza ravvicinata dalle recenti affermazioni del ministero degli Esteri cinese, secondo cui lo Stretto di Taiwan fa parte delle acque territoriali del Paese.
Secondo quanto riportato dal Global Times, i suddetti “schemi” fornirebbero una base legale affinché l’Esercito popolare di liberazione cinese (PLA) possa effettuare missioni militari all’estero, in materia di soccorso in caso di calamità e mantenimento della pace.
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Le “operazioni” di Xi
Le modifiche legali avallate da Xi Jinping, si legge ancora sul Global Times, consentirebbero alle truppe cinesi di “impedire che gli effetti di ricaduta delle instabilità regionali colpiscano la Cina , garantire rotte di trasporto vitali per materiali strategici come il petrolio e salvaguardare gli investimenti, i progetti e il personale cinesi all’estero”.
Sul sito australiano Abc alcuni analisti hanno addirittura sottolineato che la mossa di Xi imiti, in qualche modo, l’etichettatura adottata da Vladimir Putin per lanciare la guerra contro l’Ucraina (“operazione militare speciale“). Il paragone sembra quanto meno azzardato, visto che le operazioni militari sbloccate dal leader cinese non rientrerebbero nell’alveo della guerra. Eppure, ha fatto notare il Guardian, allo stesso tempo Pechino ha sostanzialmente posto le basi per un’espansione del ruolo del proprio esercito oltre la Muraglia.
Riflettori su Taiwan
I riflettori sono tutti puntati su Taiwan. C’è chi teme che Pechino, sfruttando questa novità, possa indirettamente avallare operazioni militari, non belliche, ma potenzialmente in grado di conquistare definitivamente Taipei, o creare comunque difficoltà agli Stati Uniti nell’intera regione dell’Indo-Pacifico. È difficile parafrasare la spiegazione ufficiale fornita dai media cinesi, perché impedire che le “instabilità regionali colpiscano la Cina” può includere una vasta gamma di casi. Senza contare il concetto di salvaguardia di investimenti e rotte commerciali. Sappiamo che le nuove linee guida definiranno il ruolo dell’esercito, anche nelle attività già intraprese, come soccorsi e missioni di aiuto.
Nel frattempo risuonano le parole del portavoce del ministero degli Affari esteri, Wang Wenbin, che nei giorni scorsi aveva affermato che la Cina ha “sovranità, diritti sovrani e giurisdizione sullo Stretto di Taiwan”. Wang aveva quindi puntato il dito contro gli altri Paesi, accusandoli di “trovare un pretesto per manipolare le questioni legate a Taiwan e minacciando la sovranità e la sicurezza della Cina”.
Gli Stati Uniti, intanto, si sono opposti per l’ennesima a qualsiasi azione unilaterale tesa a cambiare lo status quo a Taiwan, e hanno denunciato la politica della Cina, sempre più aggressiva a livello sia domestico che internazionale, con attività sempre più pericolose e destabilizzanti. Parole rilasciate dal segretario di Stato Usa, Antony Blinken. “Il nostro impegno a sostenere la difesa di Taiwan non è mai venuto meno, e continueremo a lavorare per garantire che possa fare fronte a qualsiasi aggressione”, ha aggiunto, mandando un chiaro avvertimento a Xi.