A più di due settimane dalle elezioni, i cittadini israeliani non sanno ancora chi sarà il loro prossimo primo ministro. Il leader di Likud nonché premier uscente, Benjamin Netanyahu, ha avuto il maggior numero di voti ma non è stato in grado di raggiungere i numeri necessari per arrivare ai 61 seggi necessari per poter governare. Il presidente Rivlin ha quindi affidato l’incarico di formare un nuovo esecutivo all’ex generale Benny Gantz. Il leader di Blu&Bianco, grazie anche all’appoggio della Lista araba unita, potrebbe quindi diventare il nuovo premier israeliano, mettendo fine all’egemonia politica del suo avversario. Ma Netanyahu non è ancora disposto a darsi per vinto, come dimostrano le sue ultime mosse, e l’opzione Governo d’emergenza resta ancora sul tavolo.
Le mosse di Netanyahu
Il premier uscente ha presentato alla Knesset, il Parlamento israeliano, due disegni di legge che hanno dato vita ancora una volta a un ampio dibattito all’interno della popolazione dello Stato ebraico. Il primo riguarda l’annessione della Valle del Giordano, della zona a nord del Mar Morto e del deserto di Hebron sulla scia di quanto previsto dal Piano di pace americano; il secondo invece prevede la reintroduzione della pena di morte per i prigionieri politici palestinesi. I due progetti di legge hanno ovviamente diviso l’opinione pubblica e sono stati rigettati dai membri arabi della Knesset, come Netanyahu aveva previsto. L’obiettivo del premier uscente è infatti quello di dividere i partiti che dovrebbero far parte del governo Gantz, facendo emergere le forti differenze tra i sostenitori dell’ex generale ed evitando così che i negoziati vadano a buon fine.
Le due proposte di legge del Likud infatti rispecchiano le politiche di Ysrael Beitenu – il partito dell’ex ministro della Difesa diventato negli ultimi mesi un alleato di Gantz – e se i suoi deputati dovessero votare a favore, la spaccatura sarebbe inevitabile. Lieberman è infatti noto per le sue posizioni anti-arabe, tanto che nel 2018 decise di lasciare il suo Ministero perché riteneva troppo arrendevole la posizione di Netanyahu nei confronti dei palestinesi. L’ex ministro tra l’altro ha spesso definito la comunità palestinese presente in Israele un “nemico” e fino a poco tempo fa si era opposto alla presenza della Lista araba unita all’interno del governo. Con il tempo, Lieberman ha cambiato posizione nei confronti della Joint List, ma la mossa di Netanyahu potrebbe mettere definitivamente fine alle possibilità di Gantz di formare un esecutivo senza il premier uscente.
Il governo d’emergenza
Nel tentativo di restare al potere, Netanyahu alcuni giorni fa ha proposto al leader di Blu&Bianco di creare un governo d’emergenza per far fronte all’emergenza coronavirus. L’idea è di dar vita a un esecutivo che resti in carica per circa sei mesi, trascorsi i quali i partiti dovrebbero tornare a discutere della formazione del nuovo governo. Gantz aveva inizialmente preso in considerazione la proposta del suo rivale anche a causa della pressione dell’opinione pubblica, preoccupata dalla diffusione del Covid-19 in Israele, ma ad oggi non sono stati fatti passi avanti in questa direzione. A dividere i due leader sembra sia stata la richiesta di Gantz di permettere anche alla Lista araba di far parte dell’esecutivo d’emergenza: una proposta che Bibi ha immediatamente rifiutato. Intanto però diverse voci in Israele parlano della possibile nascita di un governo di coalizione tra Netanyahu e Gantz, con i due leader ad alternarsi ogni due anni alla carica di primo ministro.