“Do ut des”, io do qualcosa a te affinché tu dia qualcosa a me. Si potrebbe sintetizzare così l’accordo segnalato dal Wall Street Journal sulle trattative tra Israele e Paesi arabi. Il mondo arabo ha deciso di intraprendere dei passi in avanti per la normalizzazione dei rapporti con Israele, ma, in cambio, pretende garanzie sul comportamento del governo israeliano nei confronti della causa palestinese. La rivelazione del Wsj arriva a pochi giorni dal viaggio di Donald Trump in Medio Oriente, e non sembra essere casuale. Da sempre il presidente degli Stati Uniti ha il pallino di voler risolvere la questione israelo-palestinese e vuole riuscire in tutti i modi a mettere fine a un conflitto che è ormai endemico nella regione. La sua vicinanza con Netanyahu e l’incontro con Abu Mazen a Washington sono elementi che portano a credere che l’impegno del presidente sia effettivo. Bisognerà vedere, adesso, quanto sarà efficace.Le monarchie del Golfo, in questo processo di normalizzazione della regione, possono avere un ruolo fondamentale. Per questo motivo sembrano intenzionate a dimostrare, loro per prime, di esser in grado di concedere qualcosa al governo israeliano. Secondo fonti d’informazione del quotidiano americano, i settori in cui avverrebbero questi rapporti sarebbero quelli dell’aviazione civile, delle telecomunicazioni e degli scambi commerciali. Per quanto riguarda l’aviazione, i cieli del Golfo Persico sarebbero finalmente aperti agli aerei civili israeliani, cui l’area era interdetta. Vi sarebbe poi l’eliminazione di una serie di sanzioni commerciali che vietano lo scambio di alcune merci tra le monarchie e Tel Aviv così come un complesso sistema d’integrazione telematica e di società di telecomunicazione, che investirebbero in entrambi i Paesi creando collegamenti sempre migliori.L’avvicinamento tra i Paesi arabi e Israele è sponsorizzato dal presidente Trump, che vede in quest’unione d’intenti quanto di più utile per fermare il suo acerrimo nemico, suo, di Israele e dei sunniti: l’Iran. Ma non è certo soltanto a lui che si deve questo rinvigorito interesse per i buoni rapporti diplomatici fra Tel Aviv e il Golfo Persico. Al contrario, le relazioni diplomatiche stanno migliorando, e di molto, già da diversi anni. Già durante la riunione della Lega Araba in Giordania di quest’anno, i Paesi della Lega, all’unanimità, avevano affermato come vi fosse l’intenzione di riconoscere lo Stato di Israele in cambio di un riconoscimento da parte israeliana di uno Stato palestinese, così come richiesto da buona parte della comunità internazionale. Inoltre, alcuni scenari di guerra offrono gli spunti per comprendere come possano esserci già da tempo rapporti eccellenti fra arabi e israeliani in tema di sicurezza e di controllo di armi nei territori siriano e yemenita.Le questioni energetiche e delle infrastrutture dimostrano come vi siano sempre più rapporti amichevoli fra Israele e Paesi arabi. Ad aprile, il ministro dell’energia israeliano, Yuval Steinitz, ha dichiarato che in Medio Oriente fosse in atto una vera “rivoluzione” in termini di rapporti di vicinato fra Israele, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Arabia Saudita. Lo stesso ministro, a margine di queste dichiarazioni, aveva visitato Abu Dhabi per inaugurare una missione diplomatica israeliana, che serviva come base per mettere in atto gli accordi sulle tecnologie in materia di produzione dell’energia elettrica e delle fonti rinnovabili.Yisrael Katz, ministro dei trasporti israeliano, sempre ad aprile, aveva invece annunciato l’iniziativa del corridoio ferroviario “Rails for Regional Peace”, un progetto che dovrebbe collegare Israele, Giordania, Arabia Saudita e Golfo Persico. Un progetto di fondamentale importanza anche secondo l’amministrazione americana. I consiglieri di Trump hanno più volte detto al presidente americano di sostenere con forza questo progetto, come segnale di profondo avvicinamento e di sinergia fra queste due aree del mondo. Anche a livello commerciale, vi sarebbero delle enormi potenzialità di guadagno da questa infrastruttura, se si pensa soltanto che invece di circumnavigare la penisola arabica, le merci passerebbero dal Golfo Persico al Mediterraneo via terra.In tutto questo, i messaggi politici sono tantissimi, e tutti quanto gli attori in gioco hanno da guadagnare da questo avvicinamento. Innanzitutto gli Stati Uniti che, come detto, porterebbero a casa una vittoria diplomatica fino a poco tempo fa insperata, e cioè l’accordo sulla Palestina e la fine delle ostilità tra arabi e Stato ebraico. Per le monarchie del Golfi, si tratterebbe di un’apertura a livello mondiale e di capacità di attrazione d’investimenti bancari e finanziari molto importanti, ma soprattutto s’imporrebbero quali attori chiave di tutto l’area mediorientale. Per Israele, un accordo in tal senso significherebbe da un lato trovare alleati fondamentali nella questione palestinese, ma soprattutto, dall’altro lato, significherebbe creare un patto con gli acerrimi nemici del loro più grande avversario, in altre parole Teheran e i suoi alleati.
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