L’Ue ha pianificato una strategia volta alla creazione di un immenso mercato unico. La decisione dell’amministrazione Trump di rinunciare al TPP (TransPacific Partnership) ha fatto scattare i commissari Ue. L’opportunità, come la chiamano, è enorme. Il vuoto lasciato dal gigante americano nel Sud-Est asiatico va colmato. Così l’Unione europea schiaccia sull’acceleratore dei Free Trade Agreements (FTA). Una definizione che vuol comprendere tutti gli accordi di libero scambio che l’Ue vuole attuare.Un mercato unico verso estIl primo, quello che sembra essere ormai sulla via della conclusione, unirebbe l’Ue al Giappone, al Vietnam e al Singapore. Proprio alcuni degli Stati che “speravano” nell’impegno americano nel TPP. Ma che sono rimasti a mani vuote dopo l’insediamento di Donald Trump. “Oggi c’è un’opportunità politica per chiunque di noi crede nel libero mercato e nel buon commercio, abbiamo l’intenzione di ratificare accordi di scambio”. Queste le parole del Commissario al Commercio Ue Cecilia Malmstorm, riportate dalla Reuters. La prospettiva è quella di chiudere gli accordi con Singapore e Vietnam “entro il prossimo anno”. L’intenzione dunque è di inserirsi in questo vuoto di potere lasciato dagli Stati Uniti.I pericoli di un’apertura al VietnamLa decisione di Washington di fare un passo indietro rispetto agli FTA è stata però presa con cognizione di causa. L’entusiasmo liberista del Commissario Ue non prende infatti in considerazione alcuni aspetti fondamentali. L’Unione europea, già in un periodo di forte debolezza sul mercato del lavoro e della produttività, aprendo il suo mercato si apre anche a notevoli rischi. Dei tre Paesi coinvolti, Giappone, Singapore e Vietnam, è proprio quest’ultimo a far suscitare perplessità. Usciva infatti nel 2014 una classifica che illustrava i Paesi con il costo del lavoro più basso al mondo. Il Vietnam ne occupava la quinta posizione. Il Paese poteva infatti “vantare” una media di 0,39 dollari l’ora per ogni lavoratore. Un dato che andrebbe letto addirittura la ribasso. Secondo l’ILO, Organizzazione Internazionale del Lavoro, “il settore informale in Vietnam costituisce la maggior parte della forza lavoro…un settore che eroga stipendi più bassi e irregolari”.I dati ufficiali non tengono, ovviamente, conto di questo settore. Perché un costo del lavoro così basso potrebbe essere un pericolo per l’Ue? Per rispondere ci viene in aiuto ilSole24Ore. “Paesi che commerciano intensamente tra di loro tendono ad avere modi di impiego sempre più simili del lavoro e del capitale. Finiscono per avere cioè strutture produttive paragonabili, metodi organizzativi analoghi, tecnologie e preferenze sociali che finiscono per assomigliarsi, nel bene e nel male”.L’invasione del riso vietnamitaCi sarebbe dunque il rischio concreto che il costo del lavoro europeo si “adatti” alle nuove regole del mercato. Un disastro per il sistema di tutele sociali costruito nel Vecchio Continente. I rischi non finiscono qui. Sul documento ufficiale “Guide to the EU-Vietnam Free Trade” si legge a pagina 13 che l’Unione europea è pronta ad aprire il proprio mercato alle esportazioni di riso vietnamite. Si parla della riduzione del 50% delle tariffe su 80.000 tonnellate di riso nei prossimi cinque anni.Un duro colpo per i produttori di riso europei. Sopratutto per chi? Per l’Italia che produce il 50% del riso in Europa. Un primato destinato a terminare con l’ “invasione” del riso vietnamita prodotto a meno della metà del costo. Il Commissario Ue Malmstorm però non bada a questo e pensa in grande.La Commissione Ue punta al TTIPSecondo la Reuters il piano finale prevede l’allargamento del mercato a tutti i Paesi dell’ASEAN. Nel mirino ci sono dunque anche Myanmar, Tailandia, Cambogia e Filippine. Ma non solo. “Non bisogna presupporre che il trattato tra Ue e Usa (TTIP) sia fallito. Abbiamo lavorato su questo per tre anni e potrebbe essere facilmente riesumato”, questo il messaggio della Malmstorm.Difficile però pensare che Donald Trump possa ritornare sui suoi passi in materia di trattati di libero scambio. La nuova amministrazione americana ha come primo punto dell’agenda la tutela dell’economia nazionale. Strano è invece come un Commissario Ue ignori in maniera così palese la volontà dei cittadini europei. Gli stessi si sono già infatti mobilitati con una petizione contro la ratifica del TTIP che ad oggi conta 3,284,289 persone. Non poche per un’iniziativa intrapresa totalmente dal basso. Un’ulteriore prova di come le decisioni in Commissione vadano nel senso opposto di ciò che i cittadini Ue si augurano.
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