Tra veloci conferme e repentine smentite, la notizia comunque c’è: la Russia potrebbe avere una base militare in Egitto entro poco tempo; dal Cairo non confermano ed anzi Ala Youssef, portavoce del governo di al – Sisi, si affretta a smentire ma non del tutto questa indiscrezione trapelata nei giorni scorsi.LEGGI ANCHE: Una base russa in Egitto nel 2019?Il portavoce del presidente infatti, tiene a ribadire come “l’Egitto prosegue nella sua politica di non avere basi straniere all’interno del territorio”; in poche parole, il Paese africano non sarebbe intenzionato a cedere od affittare a Mosca l’aeroporto militare di Sidi Barrani ma solo per portare avanti la sua politica consuetudinaria e non per chiudere la porta a priori alla Russia e questa è comunque una notizia molto importante.Nessuno infatti, né dal Cremlino e né dal Cairo, smentisce la collaborazione sorta negli ultimi anni tra i due governi e tra i due Paesi; dall’Egitto nessuno vuole far credere che al Sisi non ha contatti con Putin, anzi i fatti dicono il contrario e questo prima della “primavera araba” del 2011 poteva essere catalogato tra le ipotesi fantapolitiche o le vere e proprie utopie. Se l’Egitto di Nasser ha potuto portare avanti una politica panaraba grazie anche all’aiuto sovietico, dal 1979 in poi le cose sono cambiate: l’avvento di Sadat al potere, gli accordi di Camp David ed il riconoscimento di Israele, hanno fatto del paese nordafricano un fedele alleato degli USA e l’esercito è stato rimpinguato costantemente di armi e soldi da Washington. Con Mubarak, al potere per trent’anni dal 1981 al 2011, il rapporto con gli Stati Uniti è sempre stato molto solido, il posizionamento dell’Egitto nell’orbita americana non è mai stato messo in discussione ma tutto è cambiato nei primi mesi del 2011, quando sulla scia di quanto accaduto in Algeria e Tunisia, anche le piazze egiziane hanno iniziato a riempirsi di manifestanti.Gli USA scaricano Mubarak, il quale fugge via dalla capitale e le successive elezioni incoronano i Fratelli Musulmani ed al potere va Mohamed Morsi; ma le piazze tornano a riempirsi nel luglio 2013, con almeno 33 milioni di egiziani che il 4 luglio marciano in varie parti del paese, richiamando così l’intervento dell’esercito guidato dal generale Al – Sisi che spodesta quindi Morsi. È qui che Il Cairo inizia a virare in politica estera; l’ex generale dell’esercito lascia la divisa e viene eletto presidente, da questo momento l’Egitto non è più un porto franco per gli americani nel Mediterraneo e nel medio oriente.LEGGI ANCHE: L’islam in Egitto: quale futuro?Al Sisi e Putin si incontrano spesso, Mosca inizia anche a vendere armi ad un esercito che invece per trenta lunghi anni ha ricevuto solo materiale made in USA e questo a livello mediatico viene pagato dall’Egitto con continue accuse di ‘dispotismo’ delle autorità egiziane ed in tal senso anche il caso Regeni rientra in questo contesto; molte sparizioni al Cairo non sempre sono ricollegabili ad attività di organi che rispondono al governo, lo Stato al suo interno è diviso in tanti ‘rivoli’ di potere per via dei due repentini cambiamenti di regime vissuti nel giro di pochi anni e spesso sono vendette personali o voglie di rivalse a causare misteri fitti in cui nemmeno le autorità locali riescono a venirne a capo. La notizia di una base egiziana prossima ad essere affittata all’aviazione russa, testimonia una virata quasi completata verso Mosca da parte dell’esecutivo egiziano; anche se ufficialmente smentita, come detto sopra, questa circostanza però testimonia una fattiva collaborazione sempre più stretta tra Egitto e Russia. Ulteriore testimonianza, è l’accordo concluso lo scorso tre ottobre tra Cremlino ed autorità egiziane sulla costruzione di una centrale nucleare nella regione di El Dabaa, a sua volta frutto di un contratto risalente al 19 novembre 2015, in cui Mosca si impegna a fornire tecnologie e materiali per la costruzione dell’impianto, oltre ad un prestito di circa 25 miliardi di dollari.LEGGI ANCHE: La Siria è diventata una superpotenzaQuesta collaborazione a livello energetico, svela un’unità di intenti tra Russia ed Egitto ben più ampia e corposa; nei giorni scorsi, il quotidiano russo Izvestia ha reso noto come alcune unità speciali russe della forze KSSO sono volate al Cairo per addestrare i militari egiziani contro le forze terroristiche che insidiano la sicurezza nel paese. In Egitto sono attive diverse cellule salafite, specialmente nel Sinai dove da anni si succedono attentati contro obiettivi civili e militari e dove l’ISIS da circa due anni ha stabilito una propria base operativa sfruttando il territorio desertico ed impervio della penisola che costituisce la parte asiatica del paese; l’obiettivo è rendere operative le forze di sicurezza egiziane e prepararle contro minacce dei terroristi ma anche dei Fratelli Musulmani, interessati a destabilizzare il paese dopo la cacciata di Morsi. Un altro dossier molto importante del medio oriente, potrebbe essere altro punto di convergenza tra Russia ed Egitto; il riferimento è alla Libia: Al Sisi sostiene Haftar, il quale alcuni mesi fa è volato a Mosca per incontrare alcuni vertici della difesa del Cremlino. Proprio Haftar è stato nominato inoltre maresciallo della Libia dall’esecutivo di Tobruck, ossia il governo libico che si oppone a quello di Al Serraj, voluto invece dall’ONU ed appoggiato da USA ed Italia; dopo l’inizio dei raid americani su Sirte, molte tribù hanno etichettato questa mossa come ‘imperialista’ ed hanno iniziato a vedere in Haftar un interlocutore importante all’interno del mosaico frazionato e profondamente spaccato della Libia. In poche parole, la collaborazione tra Egitto e Russia, potrebbe portare a breve a nuovi scenari libici ed all’apertura di un nuovo braccio di ferro tra Mosca e Washington in medio oriente, con i due rispettivi governi che, come su altri fronti, appoggiano schieramenti diametralmente opposti. E proprio la Libia per la Russia, potrebbe diventare molto più strategica in futuro visto che essa è la porta dell’Africa sub Sahariana, lì dove Mosca ha tutto l’interesse a spodestare la Francia dal suo tradizionale bacino di influenza, specie dopo le ultime accuse che Parigi ha rivolto al governo russo; in particolare, dal Cremlino fanno sapere che la federazione russa è pronta ad armare il Mali, paese che da anni lotta contro i terroristi nella parte nord confinante con la Libia: a Bamako, capitale del paese africano, sono stati gli stessi cittadini a scendere in piazza ed a chiedere l’intervento russo viste le difficoltà del governo a fronteggiare la situazione nell’Azawad (la regione settentrionale dove i gruppi salafiti operano dall’inizio degli anni 2000) e vista soprattutto la sfiducia verso l’ex madrepatria francese.Tornando ad Al Sisi, è difficile che l’Egitto interrompa comunque del tutto i legami con gli USA e con i propri vicini; l’Arabia Saudita ad esempio, a cui Al Sisi ha donato alcune isole contese nel mar Rosso, è irritata per il dietrofront egiziano nello Yemen, così come diversi paesi sunniti del medio oriente non vedrebbero di buon occhio un Egitto posizionato assieme ai paesi dell’asse sciita che va da Teheran a Damasco, passando per Baghdad. Più probabile quindi che, al fianco di un avvicinamento sempre più marcato alla Russia, Il Cairo non perda di vista anche i rapporti con le altre nazioni della regione; pur tuttavia, la novità in campo mediterraneo è comunque già molto importante: Mosca, che presso la sponda europea del ‘mare nostrum’ sta perdendo anche il Montenegro, sul versante africano invece si assicura la collaborazione egiziana e se in seguito per davvero le viene concessa la base di Sidi Barrani, allora gli scenari mediorientali potrebbero subire importanti e repentini mutamenti.
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