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Il secondo turno delle elezioni amministrative francesi ha consegnato alla cronaca un Paese cambiato sotto diversi punti di vista: nel contesto di un voto fortemente influenzato dagli elevati tassi di astensione, a loro modo un atto di accusa contro la scelta dell’Eliseo di far svolgere il primo turno in piena pandemia, la presidenza di Emmanuel Macron assiste all’emergere di nuove dinamiche.

La prima notizia da segnalare è che il macronismo non si radica come fenomeno civico, ovvero non trasmette a livello di potere locale la sua presa sulle istituzioni nazionali. Agnes Buzyn, candidata de La Republique En Marche! a Parigi si è, come previsto, schiantata contro il muro del sindaco uscente Anne Hidalgo, socialista, la quale con oltre il 50% dei voti ha preceduto lei e l’esponente gollista Rachida Dati. Dopo la raffica di uscite dal gruppo parlamentare, è una nuova emorragia per Macron, che deve assistere inoltre all’ascesa dell’onda verde.

E proprio l’ascesa degli ambientalisti è il secondo dato da constatare. Se nella capitale la Hidalgo ha tratto vantaggio dalla sua alleanza con il verde David Belliard altrove sono proprio gli ecologisti di Europe Écologie Les Verts (Eelv) a conquistare la scena. Gli ambientalisti, terzo partito di Francia alle Europee con oltre il 13%, fanno il pieno di sindaci ai ballottaggi. Marsiglia e Lione, seconda e terza città del Paese, vanno rispettivamente alla consigliera dipartimentale Michelè Rubirola e all’attivista verde Gregory Doucet; in terra lionese, in particolare, è caduto il fortino Gérard Collomb, ex ministro dell’Interno che dominava incontrastato da diciannove anni e che aveva negato ai macroniani il suo sostegno negli ultimi mesi. Ma non solo: vanno ai Verdi anche i voti Besançon, a Tours, a Poitiers, a Annecy, a Strasburgo. “Quel che ha vinto stasera è la volontà di un’ecologia concreta, in azione”, ha aggiunto il leader della formazione ambientalista, il deputato europeo Yannick Jadot, che si profila sempre di più come candidato papabile per le presidenziali 2022. Il progressismo ambientalista acquisisce forza nei grandi centri urbani e Eelv potrebbe cavalcare un’onda favorevole a Macron nel 2017 ma che negli ultimi anni ha, in tutta Europa, assunto connotazioni “green”.

Risulta clamoroso anche il successo dei Verdi a Bordeaux. La città girondina, nona in Francia per popolazione ma rivale storica della capitale, era amministrata ininterrottamente dalla destra dal 1947. Fino al 1995 il “sindaco eterno” Jacques Chaban-Delmas aveva dettato legge nella città atlantica, poi era stato l’ex primo ministro Alain Juppè a raccoglierne il testimone.  Il candidato verde, Pierre Hurmic, è dato vincente contro Nicolas Florian, sostenuto dal partito di Macron e dai gollisti di Les Republicains. E qua veniamo al terzo dato fondamentale: la franata della destra istituzionale potrebbe offrire a Macron l’estro per aprire in chiave liberale il suo programma e recuperare il terreno eroso a sinistra dai Verdi, di cui su chiave nazionale i socialisti in disfacimento potrebbero divenire la vitale stampella.

Macron, in questo caso, avrebbe però di fronte un dualismo con il primo ministro Eduard Philippe. La pandemia ha accentuato lo sdoppiamento tra il “monarca repubblicano” dell’Eliseo, altero e solenne nell’indicare le linee guida della nazione, e l’ex esponente del centrodestra divenuto nel 2017 capo di governo, attento alla pianificazione quotidiana del lavoro del governo. Macron aveva incentivato la ricandidatura di Philippe a Le Havre, città di cui era stato sindaco dal 2010 al 2017, sperando da un lato che in caso di successo optasse per lasciare l’Hotel de Matignon e dall’altro che un’eventuale sconfitta ne pregiudicasse il futuro politico. Philippe ha, però, giocato con astuzia: vinto in scioltezza il ballottaggio (60% contro il comunista Jean-Paul Lecoq) ha finito per accentrare su di sè maggiore visibilità e ora, indipendentemente dalla scelta che farà, sarà un’incognita della politica francese da qui all’apertura della corsa all’Eliseo nel 2022.

In conclusione, è doverosa sottolineare la vitalità dell’opposizione sovranista del Rassemblement National. Il partito di Marine Le Pen ha colto un risultato storico conquistando la città di Perpignan, nei Pirenei Orientali, in un derby interno alla destra. La città occitana, nota il Corriere della Sera,  sarà la prima città con più di 100 mila abitanti a essere governata da un esponente del Rassemblement national. Louis Aliot, ex compagno di Marine Le Pen, secondo le proiezioni ha ottenuto quasi il 53% dei voti al secondo turno delle elezioni municipali, davanti al sindaco uscente di destra Jean-Marc Pujol che era al potere in città dal 2009 ma si è fermato al 47%”. Aliot, presentatosi con una lista civica senza simboli di partiti, ha dimostrato il radicamento territoriale del Rassemblement. Per la prima volta il cordone sanitario dei partiti istituzionali (“fronte repubblicano”) non ha retto all’avanzata lepenista: e c’è da scommettere che l’arma retorica concessa in questa occasione alla Le Pen sarà adeguatamente usata.

Macron si trova di fronte a due scalate ostili egualmente minacciose per la sua permanenza al potere. Da un lato la rediviva competizione sovranista, dall’altro il vero potenziale game-changer, l’esplosione dei Verdi. Il 2022 è ancora lontano, ma le acque attorno all’Eliseo sono già agitate: errori gravi nella gestione della crisi economica potrebbero favorire la crescita degli oppositori attivi della presidenza Macron.

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