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La sfida per la Casa Bianca è entrata nel vivo coi due candidati che si affrontano senza esclusione di colpi. Se la questione del sistema sanitario o la politica immigratoria degli Stati Uniti non toccano direttamente la vita di noi europei, ed in particolare di noi italiani, pur “scaldando gli animi” tra le tifoserie della sinistra e della destra, risulta invece interessante e istruttivo guardare a cosa pensano il presidente Donald Trump ed il suo sfidante Joe Biden in merito alla Difesa degli Stati Uniti, non fosse altro perché è l’alleato più forte della Nato, di cui l’Italia fa parte, e quindi è il Paese che ne orienta la politica più o meno direttamente.

In un recente articolo pubblicato su Defense News viene fatta una disamina delle analogie e differenze di vedute tra i due concorrenti della corsa alla Casa Bianca che ormai è alle sue battute finali.

Europa e Nato

Il presidente Trump ha dimostrato un atteggiamento che sembra, a prima vista, ondivago: tra le prime posizioni di politica estera del presidente c’era la promessa di “convincere gli alleati a pagare la loro giusta quota” per la Difesa riferendosi in particolare alla necessità che i membri della Nato destinassero a quel settore almeno il 2% del loro Pil in difesa entro il 2024. Un obiettivo che è stato raggiunto solo da una manciata di Stati, e per la maggior parte facenti parte dell’Europa Orientale non a caso. Il presidente Trump, proprio a riguardo di questo tema, ha sostenuto anche la linea dura verso la Germania, arrivando a “punirla” rendendo esecutivo l’ordine di ritiro parziale delle truppe Usa sul territorio: una mossa volta più a punire Berlino per aver intrapreso la decisione di spendere una buona fetta del suo budget per la Difesa in armamenti europei (vedere caccia Scaf) piuttosto che “fare la spesa” negli Usa come hanno fatto altri. La Casa Bianca, inoltre, ha anche spinto per rigide regole commerciali con le nazioni europee, arrivando ad elevare dazi su acciaio e alluminio, il che ha portato a tensioni con le cancellerie d’Europa.

Joe Biden ed i suoi consiglieri hanno sapientemente cavalcato l’onda del dissenso europeo con la promessa di impegnarsi a riabilitare le vecchie alleanze. Biden ha poi accusato direttamente Trump per aver reso tese le relazioni tra Stati Uniti ed Europa dicendo che il prossimo presidente deve “salvare la nostra reputazione, ricostruire la fiducia nella nostra leadership e mobilitare il nostro Paese e i nostri alleati per affrontare rapidamente nuove sfide”, promettendo che avrebbe “intrapreso misure immediate per rinnovare la democrazia e le alleanze degli Stati Uniti”. Per quanto riguarda il caso tedesco, Biden prevede di riconsiderare lo spostamento delle truppe dalla Germania se dovesse arrivare alla Casa Bianca, ma questo andrebbe a scontentare un altro forte alleato degli Usa in Europa: la Polonia. Varsavia, infatti, ha aperto le braccia alle truppe statunitensi con l’impegno a costruire nuove basi sul suo territorio: una mossa che sa di russofobia quella polacca, sebbene non biasimabile visti i trascorsi, anche recenti, che vedono Mosca sempre più aggressiva sul piano internazionale quando si tratta della sua vecchia sfera di influenza “sovietica”.

I trattati internazionali sul controllo e limitazione degli armamenti

L’amministrazione Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano del 2015 (il Jcpoa), dal trattato sulle forze nucleari a raggio medio e intermedio del 1987 (Inf) e sta pensando di uscire anche dal trattato Open Skies del 1992. Anche per quanto riguarda il trattato Start (o New Start), che è di prossima scadenza, la Casa Bianca sta ponendo delle condizioni vincolanti per il suo rinnovo (l’ingresso della Cina), che molto probabilmente ne certificheranno la fine, sebbene, recenti indiscrezioni che sono trapelate dai colloqui di Helsinki coi rappresentanti russi, sembra che ci sia la volontà di “congelare” la consistenza dei rispettivi arsenali atomici in previsione di un possibile prolungamento dell’accordo. Una scelta del genere potrebbe far guadagnare tempo a Washington per cercare di coinvolgere Pechino, che però smentisce categoricamente ogni possibilità di entrare in un futuro, nuovo, Start.

Per l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Biden l’uscita dal Jcpoa è stata un errore e pertanto se verrà eletto prevede di riportare Washington nell’accordo che è anche chiamato “5+1”. Inoltre Biden ha promesso di rinnovare il nuovo Start e probabilmente accetterebbe anche l’offerta della Russia di prolungarlo di cinque anni senza precondizioni.

Politica sugli armamenti nucleari

Si prevede che l’attuale presidente, se rieletto, rimarrà sulla sua strada verso la modernizzazione della “triade” nucleare (sottomarini, bombardieri, missili intercontinentali), e da quello che sappiamo è una questione che ha il sostegno bipartisan al Congresso nonostante la crescente pressione sul bilancio. Trump, in forza della nuova Nuclear Posture Review, ha dato il via per lo schieramento della testata a basso potenziale W76-2 utilizzabile dagli Ssbn per contrastare un’arma russa simile, e ci sono piani di sviluppo per un missile da crociera a carica atomica lanciato da sottomarino, o Slcm, senza considerare che l’uscita dal trattato Inf ha ridato vita ai sistemi balistici e da crociera basati a terra (Glcm) a medio raggio.

Biden ha lasciato intendere che ridimensionerebbe lo sviluppo delle armi atomiche voluto da Trump. Il candidato democratico è contrario al W76-2 e all’Slcm. È indubbio che Biden subirebbe pressioni dalla sinistra per abbandonare i piani volti alla costruzione di una nuova forza di missili balistici intercontinentali (Icbm) in sostituzione della flotta Minuteman III schierata nel 1970. Ha detto inoltre che rivedrà la dottrina di impiego sulle armi nucleari.

Le “guerre infinite”

Per quanto riguarda i conflitti nei quali gli Stati Uniti sono impegnati, entrambi i candidati si sono scagliati contro le “guerre infinite” ed entrambi hanno promesso di riportare a casa le truppe dall’Afghanistan: questa amministrazione, dopo aver avviato colloqui di pace con i talebani, intende ritirare tutte le truppe entro la primavera dell’anno prossimo. Anche per quanto riguarda l’Iraq, Trump prevede di ridurre a 3mila soldati la presenza americana entro novembre.

Biden parimenti ha promesso di riportare a casa le truppe dall’Iraq e dall’Afghanistan, probabilmente lasciando solamente un piccolo contingente di forze speciali in funzione antiterrorismo. La sua idea, che si inserisce nella volontà di “usare la forza come ultima risorsa” è quella di usare piccoli contingenti invece di schieramenti di truppe di grandi dimensioni e senza limiti. Biden, che ha votato per la guerra in Iraq quando era senatore, durante la sua attuale campagna ha dichiarato di aver svolto un ruolo chiave nel ritiro da parte dell’amministrazione Obama di 150mila uomini dall’Iraq.

Cina e Russia

La strategia di difesa nazionale di Trump ha inquadrato Mosca e Pechino (insieme a Teheran e Pyongyang) come le principali minacce per la sicurezza e gli interessi degli Stati Uniti. L’attenzione economica e militare dell’amministrazione si è concentrata, però, quasi esclusivamente sulla Cina, se escludiamo le sanzioni all’Iran e alla Russia: la retorica anticinese di Trump è aumentata in seguito all’epidemia di Covid19, definito dal presidente il “virus cinese”. Per quanto riguarda il confronto militare gli Stati Uniti stanno riassumendo con forza il pivot to Asia che era stato sostanzialmente abbandonato dall’amministrazione precedente (con le conseguenze ben note a cui stiamo assistendo) e pertanto sta dirottando la maggior parte degli investimenti verso l’area Indo-pacifica con una parallela riforma delle dottrine e delle strategie delle sue Forze Armate, in particolare l’U.S. Navy ed il Corpo dei Marines.

Di approccio diverso, ma pur sempre teso al confronto (e scontro) è la politica di Biden, che, quando era al senato, ha spinto per migliori rapporti con la Cina attraverso maggiori legami commerciali. Ora invece vede la Cina come “la più grande sfida strategica per gli Stati Uniti e i nostri alleati in Asia e in Europa” allineandosi quindi sulle posizioni di Trump. Biden è arrivato a definire il presidente cinese Xi Jinping un “delinquente” e ha promesso “rapide sanzioni economiche” contro la Cina se cerca di influenzare le aziende o i cittadini americani sebbene pensi che “il modo più efficace per affrontare questa sfida (la Cina n.d.r.) è costruire un fronte unito di alleati e partner degli Stati Uniti per affrontare i comportamenti illegali e le violazioni dei diritti umani della Cina, anche se cerchiamo di cooperare con Pechino su questioni in cui convergono i nostri interessi, come il cambiamento climatico, la non proliferazione. e sicurezza sanitaria globale”. Se Biden dovesse insediarsi alla Casa Bianca i rapporti con la Russia potrebbero vedere un peggioramento in quanto l’ex vice presidente ha più volte attaccato Trump definendolo “sottomesso” a Putin e ha più volte dimostrato la sua personale ostilità verso il presidente russo.