Mancano pochi giorni alle elezioni legislative in Austria e lo scenario che ormai appare più probabile è quello di una riedizione dell’alleanza tra i conservatori dell’Övp e gli ultranazionalisti dell’Fpö.
Secondo gli ultimi sondaggi, infatti, a meno di una settimana dal voto il Partito Popolare (Övp), guidato dal giovane capo della diplomazia di Vienna, Sebastian Kurz è saldamente in testa nelle intenzioni di voto con il 33% delle preferenze. E a tallonare il partito di Kurz non ci sono i socialdemocratici dell’attuale cancelliere Christian Kern, ma l’ultradestra dell’Fpö, guidata da Heinz-Christian Strache, che, al momento, sembrerebbe raccogliere il 27% dei consensi tra gli austriaci. Il Partito Socialdemocratico (Spö), invece, arranca nei sondaggi e resta fermo al 22% dopo essere stato travolto, nei giorni scorsi, dallo scandalo sulla diffusione di fake news durante la campagna elettorale. A tenere banco in questi ultimi giorni di dibattito, infatti, sono state le rivelazioni sull’ex consulente elettorale del cancelliere uscente Kern, l’israeliano Tal Silberstein, implicato nella gestione di due pagine Facebook create ad hoc per diffondere false notizie mirate a screditare Kurz. Un remake della grosse koalition tra Spö e Övp, quindi, è piuttosto improbabile. Anzi, impossibile, visto che il voto anticipato è stato chiesto dal giovane ministro degli Esteri austriaco proprio a causa delle importanti divergenze, soprattutto sul tema dell’immigrazione, all’interno dell’alleanza tra socialdemocratici e conservatori.
Ma chi è Sebastian Kurz, l’enfant prodige di Vienna che ha provocato la crisi di governo dello scorso maggio e che ora punta alla cancelleria? Trentuno anni, viennese, un passato da militante nelle file del Partito Popolare, c’è chi lo paragona al presidente francese, Emmanuel Macron, sia per la giovane età, sia per la scelta di abbandonare il “nero”, colore tradizionale dei popolari, per passare all’azzurro e presentarsi al prossimo appuntamento elettorale con una nuova lista – “Noi con Kurz” – incentrata sul suo personaggio. La sua scommessa, quando nel maggio scorso ha preso le redini dell’Övp, dopo le dimissioni dell’ex segretario Reinhold Mitterlehner, è stata quella di rivoluzionare l’immagine della formazione politica cristiano-sociale, spostando a destra l’azione del partito per arginare la crescita dei nazionalisti dell’Fpö, che nel 2016, con Norbert Hofer, erano arrivati ad un passo dalla presidenza della Repubblica. Designato ministro degli Esteri del governo di grosse koalition nel 2014, a soli 27 anni, nel 2015 è Kurz a fare pressioni per la chiusura della rotta balcanica ed è sempre lui ad aver condotto, nel luglio scorso, il braccio di ferro tra Vienna e Roma, minacciando di schierare i militari al Brennero per impedire l’ingresso in Austria dei migranti sbarcati nei porti italiani. Il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, lo definì un “naziskin” quando quest’estate, in piena campagna elettorale, fece la voce grossa durante un incontro a Vienna con l’omologo Angelino Alfano, invitando l’Italia ad “interrompere il traghettamento di migranti illegali dalle isole italiane, come Lampedusa, verso la terraferma”.
Ma ad accomunare il leader dei popolari e quello della destra radicale non è soltanto la linea dura su immigrazione e controllo delle frontiere. C’è un’altra battaglia comune, quella contro “l’islamizzazione” dell’Austria. Se, infatti, Heinz-Christian Strache chiede di ostacolare l’accesso dei migranti al welfare per favorire le famiglie austriache, è stato Sebastian Kurz a volere fortemente l’approvazione, poche settimane fa, del Burqa Verbot, la legge che vieta di indossare il velo integrale islamico in pubblico. I due partiti, messi assieme, valgono il 60% dei voti. Anche se l’Fpö potrebbe cedere qualche punto percentuale al Flö, uno dei partiti minori, guidato da Rainer Widmann, che chiede il blocco dell’immigrazione e l’uscita dell’Austria dall’Ue, presentandosi alle elezioni del 15 ottobre con un programma molto simile a quello del Partito della Libertà. Lunedì prossimo, quindi, il risultato delle urne potrebbe portare ad un esecutivo analogo a quello del 2000, quando l’Fpö, guidato all’epoca da Jörg Haider, andò al governo con i conservatori dell’Övp. Il patto tra i cristiani democratici e i nazionalisti sembra ora destinato a riproporsi. Ma se all’epoca di Haider l’Europa levò compatta gli scudi contro la decisione di Vienna, imponendo sanzioni all’Austria, c’è da scommettere che un’eventuale nuova alleanza tra popolari ed estrema destra non susciterà lo stesso coro unanime di sdegno e condanna. Sono molti, infatti, i governi mitteleuropei che oggi su Unione Europea, immigrazione ed Islam sono paradossalmente più vicini al programma radicale della formazione nazionalista austriaca che ai piani della Commissione Europea.