L’assedio a Donald Trump è terminato. Nella tarda serata di ieri, la procedura di impeachment, che era in precedenza stata approvata dalla Camera, è stata ricusata dal Senato degli Stati Uniti. Era pronosticabile: per giudicare colpevole The Donald era necessario che i due terzi dei senatori lo ritenessero tale.
La maggioranza della Camera alta è colorata di rosso repubblicano. Il Gop, insomma, avrebbe dovuto tradire una sua diretta espressione politica, fornendo un assist agli storici avversari. Alle soglie di un’elezione presidenziale, nonostante il distacco tra i vertici partitici ed il magnate, non conviene. Gli asinelli non avevano i numeri sufficienti per impensierire davvero il presidente Trump. Ci hanno provato lo stesso. Un po’ perché non possono fare altro. Un po’ perché questa storia di provare a scavalcare il voto popolare mediante cavilli giuridici sta diventando una costante nel campo progressista.
Il numero due, in questa storia, è un protagonista. Due erano le accuse mosse nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca: una relativa ad un presunto abuso di potere, l’altra relativa ad un’altrettanta presunta ostruzione nei confronti dell’attività del Congresso. Armi spuntate, che non hanno funzionato. Due sono anche i Biden: uno è Joe, che ha preso una scoppola niente male alle primarie in Iowa, dove è arrivato quarto, l’altro è Biden jr, su cui Trump avrebbe chiesto agli ucraini d’indagare.
L’impeachment non ha fondamento. I rapporti tra Biden Jr. e certe oligarchie ucraine chissà. Due, ancora, sono i nomi su cui gli elettori democratici hanno riposto per ora le loro speranze: Bernie Sanders, candidato di rottura e proveniente dalla sinistra massimalista che perderebbe molto terreno utile al centro, favorendo Trump, e Pete Buttigieg, cui è richiesto una sorta di miracolo obamiano. Due, infine, le frecce rimaste nella faretra democratica: concentrarsi sulle primarie o studiare altre mosse simili a quella della messa in stato d’accusa. L’ultima boutade, intanto, è già finita nel dimenticatoio delle cose inutili. Con buona pace della Speaker della Camera e dei suoi siparietti.
Nancy Pelosi e gli altri, se vorranno, torneranno alla carica. Ma il responso di questi giorni dovrebbe servire da indicazione.Da qualche anno a questa parte, però, c’è una fetta, che è composta da alcuni ambienti politici e da certa stampa mainstream, che non comprende o fa finta di non comprendere un dato palese: i millenials, i radical chic di Tom Wolfe, Harvard, i pro choice, i post sessantottini, gli scandalizzati da Trump e quelli che David Brooks ha chiamato “bobo”, che sta per bourgeois bohémien, non rappresentano gli Stati Uniti. A ben vedere, i termini appena esposti sono tutti sinonimi di “fighetti” o quasi. Il ragionamento vale per gli Stati Uniti, ma anche per la Brexit del Regno Unito e per altre statistiche riguardanti fenomeni elettorali che stanno attecchendo nelle nazioni occidentali. La riluttanza è una costante: i “fighetti” fanno fatica ad accettare certi responsi elettorali. Lo snobismo continua ad accompagnare le analisi dei benpensanti. Le anime belle non riescono proprio a spiegarsi cosa si sia messo in testa il “popolo”.
L’elezione di Donald Trump, ancor più della Brexit, rappresenta una pietra miliare di quella che per i “limousine liberal” – in questo articolo di Rivista Studio è possibile rintracciare un elenco molto esteso di modi buoni per dire “radical chic” – , rimane una “sospensione della incredulità”. Un film, che va in onda, ma a cui in fin dei conti si crede soltanto fino ai titoli di coda. Quelli che prima o poi arriveranno, no? Forse. Perché il quadro che abbiamo davanti, condito dal disastro democratico in Iowa, prelude ad un’altra sconfitta. E non c’è molto altro da dire. Trump può gongolare. I Dem non solo non sono in grado di portare a termine una procedura d’impeachment, ma non sono neppure riusciti a comunicare nei tempi previsti i risultati di una tornata interna.
La chiamavano “superiorità manifesta”. A mano a mano sta diventando sì “manifesta”, ma alla stregua di una superiore “incapacità”.