La fuga di notizie su un presunto finanziamento del Venezuela chavista al Movimento 5 Stelle è destinato ad assumere i connotati di un vero e proprio intrigo internazionale in cui il partito di Beppe Grillo si ritrova a dover gestire un affare ben più grande di lui. Una guerra oscura, complessa e molto articolata che mostra come lo “scoop” (ovviamente non confermato dai diretti interessati) del quotidiano spagnolo Abc sia parte di un gioco che tocca l’Italia, affonda le sue radici in America e ha nella Spagna l’hub di collegamento tra Washington, Europa e Venezuela. Un mondo di arresti, fughe di notizie, soldi, spie e pressioni politiche. Ed è chiaro che il collegamento tra Caracas e Roma (via grillini) sia solo una punta – estremamente importante, se confermata – di un iceberg che affonda le sue basi in quella lunghissima e logorante guerra che si sta svolgendo tra Stati Uniti e Venezuela. Che coinvolge l’Italia e la Spagna ma che riguarda anche un altro avversario strategico di Washington: la Repubblica islamica dell’Iran.
Molti si domanderanno se sia possibile che il Movimento di Grillo, Dibba e Di Maio possa essere inserito in uno schema così complesso. Ma i fili del gioco che si svolge tra le due sponde dell’Atlantico sono molti e quello che affiora è solo una parte del problema. Sono le tempistiche e gli uomini coinvolti a essere in realtà fondamentali per comprendere che cosa si nasconda. E la realtà è assolutamente meno “localizzata” di quanto possa dire l’immagine di quella valigetta di soldi che, secondo Abc, sarebbe passata dal Venezuela al partito italiano attraverso Milano e il consolato sudamericano.
Innanzitutto l’assedio nei confronti di Nicolas Maduro è iniziato da molti anni. Donald Trump si è da sempre posto come obiettivo quello di raggiungere una soluzione definitiva alla crisi venezuelana e, al netto delle idee su uno scontro militare, l’impressione è che la strada battuta da Washington sia quella della massima pressione sul sistema di potere che circonda il Palazzo di Miraflores. Negli ultimi tempi questa strategia sembra aver raggiunto un suo nuovo apice, puntando su tre direttrici: lotta alle ramificazioni di Caracas nel mondo (in primis in Europa e America Latina); guerra alle alleanze più “pericolose” del sistema legato a Maduro, in particolare a Hezbollah e l’Iran; attività politica di pressione per il riconoscimento di Juan Guaidò e isolamento di Caracas dai governi e parlamenti dei Paesi partner. E la pressione è aumentata nel periodo di massima crisi del sistema venezuelano, con gli Stati Uniti che, attraverso i propri ministeri e agenzia di intelligence, hanno avviato un vero e proprio duello con il Paese sudamericano fino a raggiungere anche la politica italiana. Una resa dei conti? Sicuramente un’accelerazione nata dal fatto che per Trump è essenziale colpire Maduro prima delle elezioni di novembre confermando la volontà di mostrarsi come presidente in grado di piegare i nemici sistemici dell’America. Colpendo però anche quelli che secondo l’intelligence americana e i gruppi di potere interni allo Stato profondo possono essere quinte colonne anti-Washington all’interno dei Paesi alleati.
Per capire come questo affaire possa rientrare nella partita mondiale di assedio a Caracas basta leggere i nomi dei personaggio coinvolti. C’è ovviamente Maduro, allora ministro degli Esteri e ora leader del Paese latino. Ma ci sono soprattutto due personaggi fondamentali nella partita venezuelana e finiti da tempo nel mirino dell’intelligence statunitense: Tarek el Aissami, ministro dell’Interno all’epoca del presunto versamento di soldi al Movimento 5 Stelle, e Hugo Carvajal, capo dell’intelligence venezuelana in quello stesso periodo. Sono loro gli uomini chiave di questa inchiesta e capaci di far comprendere la natura delle notizie che arrivano non tanto da, quanto attraverso la Spagna. Perché appare sempre più chiaro che il fulcro dell’indagine parta da un piano ben più in alto di quello di Madrid.
El Aissami è considerato dagli Stati Uniti il ponte tra Iran e Venezuela e il regista delle infiltrazioni iraniane e dei suoi rami (in particolare Hezbollah) in tutta l’America Latina. Accusato dalla Giustizia americana di traffico di droga, Washington ha offerto 10 milioni di dollari per la sua consegna. Secondo l’inchiesta del quotidiano spagnolo, sarebbe stato lui il vertice del fondo segreto con cui il Venezuela finanziava movimenti anti-americani nel globo (tra cui appunto il Movimento 5 Stelle). E in questi giorni, El Aissami è entrato ulteriormente nel mirino americano dopo che da ministro del Petrolio ha fatto arrivare nel porto di El Palito cinque petroliere iraniane. Navi che secondo alcune accuse nemmeno trasportavano realmente petrolio, ma oro. In ogni caso una mossa fatta apposta da Caracas e Teheran per mostrare al mondo di poter reagire all’assedio americano puntando addirittura al viaggio di una piccola flotta della Repubblica islamica fino a “poche” miglia dalle navi della Marina americana nel Mar dei Caraibi. Considerati il trait d’union tra Iran e Venezuela, quasi una sorta di generale Soleimani dell’America Latina, molti vedono nelle accuse sul finanziamento ai partiti in Europa uno dei filoni d’inchiesta per portare a una sua cattura. Ed è chiaro che colpire lui attraverso i Cinque Stelle (partito mai troppo amato dall’amministrazione americana anche per i legami con i chavisti) è uno strumento importante.
Carvajal, invece, è un elemento diverso rispetto ad El Aissami. Non ha ruoli di potere attualmente nel sistema di Maduro, nessuno sa dove si trovi, era stato già arrestato (su ordine americano) in Spagna dopo una fuga rocambolesca che lo aveva portato anche nella Repubblica Dominicana. Accusato di essere uno dei più importanti collegamenti tra il sistema chavista e le Farc colombiane, viene anche lui accusato dagli Stati Uniti di essere stato uno dei responsabili del traffico di droga in Venezuela. Gli Stati Uniti continuano a dargli formalmente la caccia, come dimostrato dal fatto che, al pari di El Aissami, su di lui incombe una taglia da dieci milioni di dollari. Ma in assenza di prove sulla sua attuale localizzazione, c’è chi ritiene possa già essere in America e possa aver iniziato a dare qualche informazione. Lo dimostrerebbe anche il curioso sostegno a Guaidò proprio nel momento di massima crisi del suo ex collega di governo Maduro.
L’impressione è che da Washington qualcuno voglia iniziare una resa dei conti con Maduro e con chi lo ha anche lontanamente aiutato o non ha mostrato una vera condanna nei suoi confronti. L’obiettivo resta El Aissami, attualmente punta di diamante del sistema considerato nemico degli Stati Uniti. Ma c’è tutta una rete che si vuole iniziare a colpire. Non a caso in questi giorni è arrivata anche la fondamentale notizia dell’arresto a Capo Verde (da parte dell’Interpol) di Alex Nain Saab, imprenditore venezuelano che è accusato, sempre dagli Stati Uniti, di riciclaggio di denaro e corruzione. E ritenuto da Washington un altro pilastro della rete di interessi internazionali che fa capo a Miraflores. Per il Dipartimento del Tesoro Usa, Saab, con più di un legame in Italia e in particolare a Roma, “è uno sfruttatore che ha orchestrato una vasta rete di corruzione” che ha creato un sistema di corruzione sull’importazione e della distribuzione di cibo in Venezuela. E anche in questo caso, il blocco di nomi unito a quello di Saab vede coinvolte entità in diversi Paesi, che vanno dalla Turchia agli Emirati fino a Panama, Colombia e Messico. Il ministro degli Esteri del Venezuela, Jorge Arreaza, ha denunciato la “detenzione arbitraria” di Saab accusando gli Stati Uniti di arrestare cittadini venezuelani allo scopo di colpire il Paese nell’approvvigionamento di cibo. Ma da parte di Washington per ora tutto tace se non per due fatti importanti: Mike Pompeo che boccia pubblicamente le prossime elezioni in Venezuela e un’altra inchiesta, sempre dal fronte spagnolo, che vede coinvolto l’ex ambasciatore in Venezuela, Raul Morodo, legato al Partito socialista attualmente al governo. Qualcuno dagli Stati Uniti sembra intenzionato a procedere con un curioso redde rationem che rischia di coinvolgere il mondo. In primis chi ha da tempo conti in sospeso con Washington.